Il cristianesimo (bello e felice) di Ratzinger

Natale 2005
Julián Carrón

«Ciascun confusamente un bene apprende/ nel qual si queti l’animo, e disira:/ per che di giunger lui ciascun contende». La genialità di Dante ha saputo esprimere meglio di nessuno altro l’attesa che costituisce il cuore di ognuno di noi. Tutti segretamente attendiamo, a volte quasi con vergogna di confessarlo a noi stessi, questo bene in cui il nostro animo trovi quiete. È come se dovessimo farlo furtivamente, di nascosto da noi stessi e dagli altri, per difenderci. Tanto è impopolare, “politicamente scorretto”, confessare a se stessi il proprio bisogno umano. Perché? Perché «tutto cospira a tacere di noi, un po’ come si tace/ un onta, forse, un po’ come si tace una speranza/ ineffabile» (Rilke). Il tentativo di qualsiasi potere è espropriare l’uomo della propria esperienza, quella più nostra, quella che coincide con le nostre viscere. È così potente la sua pretesa che non si accontenta di meno di tutto: vuole l’anima. Peccato che trovi in noi, tante volte, un alleato occulto. Tanto è vero che, anche a noi, a volte sembra un sogno la realtà del nostro essere. Per guardare in faccia il proprio cuore, occorre un “io” come quello del poeta spagnolo Antonio Machado: «Il mio cuore, dorme?/ No. Il mio cuore non dorme./ È sveglio, sveglio./ Non dorme né sogna, guarda,/ gli occhi chiari aperti,/ segni lontani e ascolta/ alla riva del grande silenzio».

Altroché sogno! Il mio cuore è sveglio, sveglio, se dico “io” con tutta la lealtà di cui sono capace, con tutta la mia capacità di sincerità, con quella tenerezza con cui ero abbracciato da piccolo da mia mamma. È soltanto questa tenerezza verso noi stessi che ci consente di abbracciare tutta quanta la nostra umanità. E allora ci si rende conto che il cuore «non dorme né sogna,/ guarda gli occhi chiari aperti,/ segni lontani e ascolta/ alla riva del grande silenzio». Questo è l’acme della ragione: arrivare al grande silenzio, cioè al Mistero. Davanti ad esso possiamo soltanto guardare con gli occhi spalancati e attendere un segno dall’altra riva.

Il Natale è il segno che tutti, più o meno confusamente, aspettavamo dal grande silenzio del Mistero. È il compimento imprevisto di questo desiderio. «Il Verbo si è fatto carne». Il Mistero è diventato uno di noi. È arrivato alla nostra riva. È stata, ed è, una sorpresa. Come fu per Maria, Giuseppe, i pastori e i Magi.

Col Natale è entrata per sempre nella storia una Presenza portatrice di una novità che nessun potere può far fuori. «Uno ci è accaduto», diceva Mounier. È così corrispondente all’attesa del cuore che non potrà mai essere sconfitta. Il suo fascino è così accattivante che soltanto chi si accanisce nel non riconoscerla può rimanere indenne alla sua attrattiva.

Davanti a questo fatto risultano patetici tutti i tentativi di confinare il Natale tra i fenomeni misterici o virtuali dell’immaginazione religiosa dell’uomo, che non c’entrano niente col reale della vita di tutti i giorni. È il tentativo di spedirlo nel mondo dei sogni.

Perché non è un sogno, come non lo fu duemila anni fa? Perché la sua Presenza è all’opera in mezzo a noi. «La fede cristiana è la modalità sovversiva e sorprendente di vivere le solite cose», diceva don Giussani. Noi verifichiamo che Cristo è reale, presente, perché cambia proprio le cose più resistenti a qualsiasi cambiamento: le cose solite. È l’intensità del vivere, è la vibrazione ineffabile e totale davanti alle cose e alle persone, è la densità dell’istante, in tempi in cui tutto è piatto, che ci convince che ha ragione Péguy quando scrive: «Lui è qui./ Lui è qui come il primo giorno./ Lui è qui in mezzo a noi come il giorno della sua morte/ Eternamente ogni giorno./ È qui fra noi per tutti i giorni della sua eternità».

Il cristianesimo è facile, a portata di mano di chiunque. Basta cedere alla sua attrattiva vincente. Come i pastori, che rimarranno per sempre nella storia come cifra che il cristianesimo è facile. Basta la semplicità di riconoscerlo.

Lui è qui. Lo documenta in modo solare il Papa Benedetto XVI, che continua a sfidare tutti testimoniando la bellezza dell’essere cristiani e la gioia di viverlo, che non c’è bisogno del male per essere felici, che la noia si vince soltanto se lasciamo entrare Lui nella nostra vita. Che responsabilità abbiamo - noi cristiani - di sostenere la sua sfida, testimoniando nella vita la verità delle sue parole!

Grazie.