Ciò che abbiamo di più caro (Pellegrinaggio della Fraternità a Loreto)

Julián Carrón

Siamo qui a Loreto oggi per che cosa? Cosa ci ha portato qui uno ad uno? Guarda
la tua vita: cosa ha portato te? Perché sei venuto? È un amore. È un
attaccamento di cui non possiamo più fare a meno.



Un amore a che cosa? Dove ci ha portato questa storia a cui apparteniamo e che
dura da 50 anni? Cosa ci ha affascinato e continua ad affascinarci, ci affascina
ora? Quello che ci ha trascinato fino all'adesione ha un nome: Cristo. Occorrerebbe
cancellare tutta una vita, tutta la nostra storia se oggi non dicessimo il suo
nome.

Sì, oggi possiamo gridare davanti a tutti pieni di gratitudine: “Ciò che
abbiamo di più caro nella nostra vita è Cristo stesso perché in
Lui dimora corporalmente la pienezza della Divinità”.

La cosa più cara che abbiamo è proprio Gesù. Tutto il nostro
male, la nostra meschinità, la nostra debolezza mortale non ci può impedire
di dire che tutto il nostro amore, la nostra simpatia umana è per te,
Cristo. Non c’è altro di più interessante. Nessuna cosa ci
ha colpito così tanto come Lui. Gesù, non solo come oggetto di
pensiero, ma come esperienza reale. Tanto più reale quanto più cambiamento
ha introdotto in te.



Ma nel dire il suo nome non possiamo evitare di pensare a colui che ce l'ha fatto
conoscere così, don Giussani. Sì, è stato ed è tramite
lui, la sua persona, il suo "sì" a Cristo che noi abbiamo potuto
conoscere chi è Gesù. Questa è la gratitudine che oggi tutti
sentiamo per lui, che ci ha introdotti alla realtà di Cristo, che ci ha
consentito di fare una esperienza della vita che nessuno di noi si sarebbe mai
sognato.

Grazie don Giussani per la tua vita, per la tua testimonianza, per l'amore al
nostro destino! Senti oggi il clamore della gratitudine dei tuoi figli!



Sei stato tu a farci riconoscere il cristianesimo come avvenimento, per quella
urgenza che hai sempre avuto di comunicare il cristianesimo nei suoi "aspetti
elementari, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi
originali, e basta", come hai scritto al Papa. Sì, tutti noi lo sappiamo
bene. È stato proprio il continuo riaccadere del cristianesimo come un
avvenimento, che ci cambiava la vita ogni volta che entravamo in rapporto con
esso, quello che ci ha persuasi. Quante volte in questi anni partecipando a qualsiasi
gesto, qualsiasi fosse la situazione in cui arrivavamo, ritornavamo stupiti di
quello che era successo: cambiati da una Presenza. Una Presenza che ha investito
talmente il nostro io che non possiamo più svegliarci al mattino, andare
a lavorare o riposare, guardare le stelle o il tramonto, pregare o soffrire senza
che tutto ciò sia determinato dalla sua Presenza.



Tanto è stato così che la nostra vita è diventata memoria:
riconoscimento commosso della sua Presenza. Presenza che ogni volta di più è diventata
presenza familiare, amica. "Pur vivendo nella carne, vivo nella fede del
Figlio di Dio che ha dato la sua vita per me". Tutto nasce da Lui e si riparte
sempre da Lui. Come ci ha ricordato ieri don Giussani, “L’inizio
della fede non è una cultura astratta [quasi fosse un discorso che si
applica sulle cose], ma qualcosa che viene prima: un avvenimento. La fede è presa
di coscienza di qualcosa che è accaduto e che accade, di una cosa nuova
da cui tutto parte, realmente”.



Ecco il cristianesimo nei suoi elementi originali: una umanità, la nostra,
così come è, che viene guardata, abbracciata, preferita, esaltata
da Gesù. Il desiderio senza confini del nostro io che trova in Gesù quella "impossibile
corrispondenza" così tanto anelata dal nostro cuore. La nostra "umanità sfinita
per la sua debolezza mortale" che si sorprende a riprendere vita ogni volta
al contatto con la sua Presenza. Il dolore del nostro male che si trova davanti
a uno sguardo pieno di misericordia che lo commuove fino al midollo. “Alla
solitudine brutale cui l’uomo chiama se stesso, quasi per salvarsi da un
terremoto, si offre come risposta il cristianesimo. Il cristiano trova risposta
positiva nel fatto che Dio è diventato uomo: questo è l’avvenimento
che sorprende e conforta l’altrimenti malasorte”.


È per questo che la nostra storia ci ha educato a pregare con l'Angelus, non solo
come ricordo del passato, ma come paradigma della natura stessa del cristianesimo:
un avvenimento che accade qui ed ora. Dov’è che possiamo ricordarlo
meglio di qui, a Loreto, vicino alla santa casa dove è accaduto per la
prima volta?



Un Annuncio: “L’angelo del Signore portò l’annuncio
a Maria".

Alla mia umanità bisognosa viene rivolto questo annuncio. Ogni volta questo
annuncio è unico, nuovo. Poteva non capitare. È la consapevolezza
che poteva non essermi rivolto oggi quello che fa la differenza fra una pia devozione,
in cui non succede più niente, e un evento, in cui ogni volta l'annuncio
riaccade come avvenimento, è percepito come l'irruzione della novità che
Cristo ha portato nella storia. È un avvenimento, se cambia. È,
se cambia.

Da’ i brividi, pensarci! Per questo possiamo intravedere la commozione
della Madonna. La Madonna è commossa dall’Infinito, perché il
Signore ha guardato il niente della sua serva.



Se è da’ i brividi pensare alla Madonna, figuratevi pensare a noi!
A me, a te, così come siamo, poveretti, peccatori, ingrati, è rivolto
lo stesso annuncio.

L’Essere interessato al mio destino! L'Essere che guarda con infinita tenerezza
il mio niente. "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da
non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si
dimenticasse, Io invece non ti dimenticherò mai" (Is 49,15).

Che inaffettività ci vuole per non essere commossi! Occorre essere un
sasso.



Una Libertà. “Ecco la serva del Signore”. Eccomi. Sono qua.

Nessuna altra cosa può sfidare tanto la ragione e la libertà dell’uomo
come trovarsi davanti a questa tenerezza dell’Essere verso di me. “Per
Dio non è concepibile il proprio agire verso l’uomo se non come
una ‘sfida generosa’ alla sua libertà”. Occorrerebbe
chiudere gli occhi, gli orecchi, tutto, per non sentirsi sfidato da questo gesto
unico dell’Essere nei miei confronti. Ma non basta chiudere occhi, orecchie,
e così via, Lui entra nella nostra fortezza attraverso il cuore. L’assalto è al
cuore, che mai aveva sperimentato una cosa così tanto tempo desiderata.
La scoperta che il Padre eterno ti ha scelto. "Con amore eterno ti ho amato"(Jr
31,3). E per questo noi siamo affascinati da Gesù che ce l'ha fatto conoscere.
Non abbiamo visto mai una cosa simile. È questo che desta il desiderio
di starci: Eccomi. Ma questo starci non è passivo, non può essere
passivo:


“Mi accada secondo la tua parola”

Davanti a questo annuncio, a questa predilezione unica, la libertà viene
fuori e s’esprime come domanda. Non più smarrita, la libertà sa
benissimo cosa domandare: “Mi accada secondo la tua parola”. Sì,
Fiat, accada, urge dentro alla Madonna. Una urgenza che diventa mendicanza dell'Essere,
perché una volta conosciuto non possiamo più farne a meno. Davanti
a questo sussulto dell'Essere la Madonna diventa figlia. "Vergine e Madre,
figlia del tuo figlio, umile ed alta più che creatura". Poiché è stata
umile fino al punto di diventare figlia del suo figlio è arrivata ad essere "alta
più che creatura", cioè la sua umanità ha raggiunto
una pienezza senza paragone.



Un fatto. Un fatto sconvolgente.

“E il Verbo si è fatto carne”.

Il "sì" della Madonna consente di ospitare il Mistero nella
carne. E l'imprevisto accade. “Caro cardo salutis”. La carne, il
Verbo fatto carne, è il cardine della salvezza. Una presenza carnale affettivamente
attraente è l’unica in grado di vincere le nostre resistenze. Una
attrattiva vincente è l’unica speranza per noi, così tentati
sempre dal fascino dell’autonomia, di quella affermazione quasi omicida
di noi stessi che ci porta nel nulla. Solo l’attrattiva dell’Essere
che brilla nel volto di Cristo, presente qui ed ora nella carne della Chiesa,
può sconfiggere il fascino del nulla.


“Ed abita in mezzo a noi”

Come può continuare il Mistero ad abitare in mezzo a noi? Se c'è qualcuno
che, come la Madonna, lo ospita, lo accoglie. Ma chi è così nemico
di se stesso da non lasciarsi toccare da quello sguardo pieno di passione per
il proprio destino che lo fa rinascere, che gli consente di esperimentare un'intensità di
vita mai vista prima! È attraverso di persone cambiate così, che
testimoniano una intensità di vita unica, che Cristo continua ad essere
presente tra di noi. "Quello che conta non è la circoncisione o la
non circoncisione, ma la creatura nuova" (Gal 6,15).



Una Presenza, che cambia la vita.

“Per 50 anni abbiamo scommesso tutto su questa evidenza!”.



Missione. Questo è la cosa che più ci interessa a noi. Non pensiamo
che agli altri, uomini bisognosi come noi, interessi altro. Come noi, loro hanno
bisogno che qualcuno lo guardi così, che s’interessi al suo destino
così. Questa è la nostra responsabilità. Quello che ci è stato
dato, ci è stato dato per tutti. Occorre portarlo davanti a tutti, testimoniare
quello che abbiamo incontrato.



Per far così oggi, lo sappiamo bene, occorre in noi una libertà dell’altro
mondo! Libertà nell'ambiente di lavoro, tra gli amici, davanti a tutti.
Questa libertà non è capacità nostra ma affezione a Gesù.
Occorre che ognuno non possa più fare a meno di Gesù per vivere,
per respirare. Come la donna peccatrice, che entra nella sala da pranzo dove
stava Gesù invitato da un fariseo e sfida tutti quanti che pensavano male
di lei, lavando i piedi di Cristo e asciugandoli con i capelli. È libera
davanti a tutti. Era così grata del perdono ricevuto che non ha avuto
vergogna di esprimere tutta la sua affezione a Gesù davanti a tutti.

Perché questa è la sfida che noi cristiani abbiamo oggi davanti: "È l’umanità che
ha abbandonato la Chiesa o la Chiesa che ha abbandonato l’umanità?".

"La Chiesa –ha detto d. Giussani- ha cominciato a abbandonare l'umanità secondo
me, secondo noi, perché ha dimenticato chi era Cristo, non ha poggiato
su... ha avuto vergogna di Cristo, di dire chi è Cristo". Occorre
un'affezione così grande da non vergognarci di Cristo.



Chiediamo alla Madonna di Loreto, "di speranza fontana vivace", questa
grazia: che, oltre a sostenerci nella fatica del vivere, noi amiamo così tanto
Gesù da non vergognarci di Lui davanti a tutti gli uomini che incontriamo,
in modo tale che loro possano trovare, attraverso di noi, quello che noi abbiamo
incontrato. Che non vinca in noi il male, e possa risplendere attraverso di noi
la sua vittoria nel tempo, “quell’appassionato amore, quell’appassionato
calore al mistero dell'uomo", di ogni uomo.