Lorenzo Albacete

Lorenzo Albacete. «Ho vissuto una vita bella»

La laurea in Fisica e la vocazione adulta. Il tour con Wojtyla e il dialogo con Fidel Castro... E l’amicizia con don Giussani, che ha cambiato la sua vita e quella di CL in America. Il ricordo di Lorenzo Albacete (da Tracce, novembre 2014)
Giorgio Vittadini

Ho incontrato per la prima volta Lorenzo Albacete nel 1996 a Washington. Mi era stato segnalato come un intellettuale che avrebbe potuto aiutare il cammino di CL negli Usa. Dopo avermi lasciato spiegare per un po’ cosa fosse CL, con il suo fare ironico e sornione mi disse: «Ma io sono del movimento! Il problema è che qui nessuno mi considera tale...». Ho cominciato così una delle più grandi amicizie della mia vita, con un uomo capace di farmi sentire a mio agio per la sua capacità di creare una vicinanza umile, mentre era ed è un protagonista assoluto della vita della Chiesa americana contemporanea.
Lorenzo nasce a San Juan, nell’isola di Portorico. La sua vita non è caratterizzata subito dalla vocazione religiosa, ma dalla scienza. È un promettente giovane fisico che sta per prendere un prestigioso Phd quando la Cia sequestra la sua tesi perché contiene segreti militari di interesse nazionale. Quel che per un uomo superficiale sarebbe stato un puro impedimento, diventa un segno a partire dal quale ripensare la vita. Percepisce che la scienza non può rispondere compiutamente al suo desiderio di conoscenza. Nasce una vocazione adulta che lo rende sacerdote e teologo, subito riconosciuto per i suoi interventi e i suoi scritti da tutta la Chiesa americana.

Gita a Washington. Diventa docente all’Istituto Giovanni Paolo II di Washington e consigliere speciale per gli affari ispanici della Conferenza episcopale degli Stati Uniti; è amico fraterno del futuro cardinale Sean O’Malley e di tanti Vescovi americani. Aveva conosciuto il cardinale Karol Wojtyla a metà degli anni Settanta perché gli era stato affidato il compito di scarrozzarlo per Washington in occasione di un incontro sulla famiglia a cui entrambi avevano partecipato. Esperienze che non lo inorgogliranno mai, ma lo lasceranno sempre umile ricercatore di una fede personale, anche quando nel 1998, in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Cuba, Fidel Castro rimase colpito dal dialogo che ebbe con lui sulla difesa dell’umano come fondamento della fede. Albacete gli regalò Il senso religioso.

Dio al Ritz. Lorenzo non smetterà mai di vedersi come un poveretto del Vangelo bisognoso di essere salvato da un Padre amoroso. Don Giussani lo avvince per quella stima e simpatia che condividono per la libertà di ogni uomo e per la valorizzazione dell’angoscia esistenziale dell’uomo moderno, così quotidianamente presente nella nazione a stelle e strisce. Per entrambi, né i rivoli soggettivistici in cui si perde il protestantesimo americano, né l’impostazione tutta organizzazione e regole del cattolicesimo “neogotico” nemico della modernità, possono essere all’altezza di rispondere al dramma umano. Senza considerare che Lorenzo è pieno di difetti intollerabili per il puritanesimo americano: fuma, beve, mangia... Cosa su cui non smetterà mai di scherzare. C’è bisogno di qualcuno che ogni giorno faccia sentire un uomo libero nel luogo in cui vive, anche in un albergo a cinque stelle, come suggerisce in un suo stupendo libro, Dio al Ritz. L’incontro con Giussani diviene per Lorenzo la cosa più preziosa se è vero che una volta chiede di rimandare un appuntamento con Wojtyla, diventato Papa, perché Giussani gli dà appuntamento lo stesso giorno. Il dialogo privato e pubblico con don Giussani diventa il filo rosso su cui si dipana la sua vita da qui in poi. Per la sua grande caratura scientifica, a metà anni Novanta era stato nominato rettore della Pontificia Università di Ponce a Portorico ma poco dopo dà le dimissioni. Nel suo stile preferisce lasciare, piuttosto che litigare per imporre la sua linea a persone che non l’accettano.

Padre e figli. Rimane il dono della nascita del movimento a Portorico, mentre lui torna a New York da dove, diventato assistente spirituale di CL, si dedica a tempo pieno al movimento, presentando i libri di Giussani per tutti gli Usa, guidando Esercizi spirituali, predicando e incontrando laici, preti, vescovi e professori. Sostenuto dall’amicizia con Carrón, non smette di confessare e aiutare tutti; in tanti incontrano attraverso di lui il carisma di CL e rimangono affascinati.
Anche il mondo più lontano dalla fede e apparentemente meno interessato ha voglia di dialogare con lui, che scrive per il New York Times Magazine, il New Yorker, il New Republic, appare su Cnn, Pbs, sulla Tv Mother Angelica, e diventa di casa in salotti laici della città che non dorme mai, al New York Encounter, agli incontri culturali di Crossroads, e in Italia al Meeting di Rimini. Sembra di rivedere, nell’aspetto fisico e nel portamento, il grande Chesterton: anche in lui, come nel grande scrittore, non viene mai meno quel sorriso di chi sa che un Padre amoroso aspetta sempre i suoi figli. Chi non si ricorda di lui quando, entrando nell’auditorium del Meeting di Rimini su una macchina elettrica, imita il Papa sulla papamobile benedicendo a tre dita? O non si diverte ancora adesso pensando al grande congresso di teologia in Messico dove, dopo una sua lectio magistralis, chiese di cantare Cielito lindo perché a sei anni, davanti ai suoi genitori in una cerimonia pubblica della scuola, non era riuscito a finirla?

Fried chicken. In tanti abbiamo imparato da Lorenzo, soprattutto il «Veni per Mariam»: Cristo donato dalla carne di Maria e non generato dal nostro pensiero, come capita troppo spesso di vedere non solo in America. La sua visione del mondo era così legata al reale, così concreta. Guardava, toccava, odorava... L’infinito era per lui sempre la trama del finito. Dio era un dato dell’esperienza, mai un’intuizione della mente. E c’entrava con il fried chicken o le penne stilografiche di cui era appassionato. Questo suo senso della coincidenza fra mistero e particolari concreti della realtà è forse la cosa che molti conservano più caramente di lui.
Anche negli ultimi anni, quando la malattia e la necessità di prendersi cura del fratello ne limitano la mobilità, la sua figura domina l’intelligenza e il cuore di amici e lontani. «Ho vissuto una vita bella», ha detto pochi giorni prima di lasciarci: «Ho sempre seguito Cristo. Vivrò fino a quando Cristo vorrà».