Darina Blagonravova

Russia. Una imprevedibile unità

Darina vive in un piccolo paese vicino Vladimir. È diventata insegnante «perché i bambini incontrino lo stesso sguardo che ho incontrato io». Quello sguardo che per lei ha vinto ogni solitudine (da "Tracce" di novembre)
Darina Blagonravova

È successo nel 2017. Avevo una famiglia e una vita più che tranquilla, ma dentro mi sentivo inquieta. Il mio cuore voleva di più, tutto sembrava non bastare. Quell’anno ho fatto uno stage in Italia, come studentessa, e lì ho conosciuto alcune persone di CL. Per la prima volta nella mia vita, mi sono trovata di fronte a qualcosa di completamente diverso. Nel profondo del loro sguardo ho visto la risposta al bisogno del mio cuore. Vivevano questa risposta, per questo guardavano me e il mondo in modo differente. Volevo guardare tutto come loro. Volevo che i miei occhi brillassero come quelli dell’insegnante di una piccola scuola italiana quando guardava i suoi studenti. Volevo che la mia vita avesse quella gioia che avvertivo nelle parole di coloro che lavoravano a Russia Cristiana e che ci avevano accolto. E soprattutto volevo conoscere il segreto della vita, che loro conoscevano. Ho scoperto dopo che le persone che mi avevano colpita facevano parte dei Memores Domini. Ma mi ci sono voluti anni, pieni di domande e incontri, per capire il significato di questo fatto, l’origine della loro attrattiva. Ora posso dire che Cristo ha trovato la strada per il mio cuore attraverso questa amicizia. Ma all’inizio non l’ho capito. Eppure quando sono tornata in Russia ho fatto due cose: ho trovato lavoro in una scuola e ho ricominciato ad andare in chiesa.

A poco a poco, attraverso i miei primi amici, ho cominciato a coinvolgermi nella vita del movimento in Russia. All’inizio ero triste e affaticata perché vivo a Sudogda, un piccolo paese vicino a Vladimir, molto lontano dalla comunità di Mosca. Ma il desiderio di appartenere allo sguardo che mi ha affascinata, a questo luogo e a queste persone, che sono diventate per me l’incarnazione dell’abbraccio di Cristo, è stato la ragione per cui ho chiesto di aderire alla Fraternità nel 2019.

Sudogda, cittadina russa nella regione di Vladimir dove vive Darina (Wikimedia Commons)

Ma anche questo non è bastato. Dovevo imparare a vivere la realtà con tutte le sue sfide là dove vivo. Ricordo che quando è morto mio padre, al funerale, il prete a lungo e con sicurezza ripeteva che non bisogna piangere, perché è un peccato. Le sue parole non mi hanno aiutata, anzi. Ma all’improvviso ho sentito che da dietro le spalle mi abbracciava un’amica, venuta apposta lì, a trecento chilometri da Mosca, per essere con me. Non ha detto niente, mi ha solo abbracciata. Allora ho capito che l’importante non sono le parole e le consolazioni, ma una presenza viva che ti abbraccia, permettendoti di piangere quando fa male e che, allo stesso tempo, ti ricorda che non sei mai solo.

Ciò mi è diventato ancora più evidente nel 2020. È stato un periodo terribile: è iniziata la pandemia, le persone morivano ogni giorno e io e mio marito abbiamo divorziato, la mia famiglia è andata in pezzi. È proprio quel periodo che ricordo con gratitudine: molti parlavano di solitudine, e io, al contrario, mi sentivo abbracciata da tutte le parti. Sorprendentemente, è stato nella solitudine fisica che, attraverso semplici cose quotidiane, ho cominciato a scoprire la presenza costante di Cristo nella mia vita.

Passo dopo passo, dentro situazioni diverse, questa intuizione è diventata certezza. Mi limito a raccontare come si verifica per me nel lavoro. Sono diventata insegnante perché ho avvertito il desiderio forte che i bambini della scuola dove insegno incontrassero lo stesso sguardo che ho incontrato io. Rendendomi conto che questo non si trasmette solo a parole, ho invitato alcuni miei amici insegnanti del movimento. E loro hanno accettato, per cui abbiamo iniziato degli incontri annuali, che non si sono fermati nemmeno a distanza nella pandemia. I miei colleghi, non sapendo nulla della nostra appartenenza, ma solo guardando all’amicizia tra noi, hanno cominciato a parlare di noi dicendo “voi”, sottolineando un’unità visibile, per nulla creata da nostri sforzi. Questo è stato sorprendente e ha attirato anche persone lontane dalla Chiesa. Così all’inizio dell’anno scorso, in una situazione sempre più difficile per la guerra, la preside è venuta da me e mi ha detto: «Mantieni la tua amicizia con queste persone per tutti noi». E quando quest’inverno aspettavamo l’arrivo dei nostri amici dall’Italia, lei ha chiesto che l’incontro con i ragazzi fosse dedicato non alla letteratura, ma a una conversazione sulla vita, perché «è molto più importante, soprattutto adesso».

Mi ha sorpresa che lei sia andata più in profondità delle sue impressioni e abbia capito il valore di questo sguardo diverso non solo per se stessa, ma anche per gli altri. E questo dà i suoi frutti: i bambini che crescono accanto a questi adulti imparano a notare cose inaspettate. Quest’estate, dopo un fine settimana con i nostri studenti e alcuni amici insegnanti del movimento, una ragazza ha scritto: «Penso che ci sia qualcosa di più dentro di voi, qualcosa che può brillare e illuminare la strada per gli altri». Mi fa venire i brividi, perché capisco che anch’io ho incontrato questo “qualcosa di più”. Proprio come Cristo ha scelto misteriosamente alcune persone per diventare per me un fatto della realtà, venendo nella carne nella mia vita, così ora ha scelto me e i miei amici per incontrare i ragazzi di un piccolo paese vicino a Vladimir.

Ma trasmettere questa testimonianza non dipende dai nostri sforzi, né dal numero delle iniziative, per le quali spesso rischio di dimenticare ciò che le rende feconde: il dono della presenza di Cristo in mezzo a noi. A un certo punto, ho scoperto che avevo bisogno di qualcuno che potesse aiutarmi costantemente ad andare in profondità, alla fonte di tutto ciò che accadeva nella mia vita, compresa la mia vita professionale. Ho condiviso questi pensieri con altri insegnanti e inaspettatamente ho scoperto che tanti di loro avevano bisogno della stessa cosa.

Sono nati così gli incontri online per i professori, che io e i miei colleghi del movimento abbiamo pensato insieme per “mettere a fuoco” lo sguardo. Si sono svolti per tutto l’anno scolastico. Prima delle vacanze, abbiamo ricevuto diverse lettere dai partecipanti, una persona scrive: «È stata un’opportunità per vedere e ascoltare persone che non solo insegnano qualcosa, ma accettano e comprendono l’insegnamento come una vocazione. All’improvviso mi sembra di guardare qualcosa che conosco da una prospettiva diversa, da un’angolazione diversa, e mi sembra nuovo, sconosciuto e così attraente. Cosa significhi non mi è ancora chiaro, ma so che sono grata per questa opportunità e voglio continuare a guardare e ad ascoltare con attenzione, per capire cosa può significare nella mia vita, nel mio lavoro e nella mia vocazione».

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Così, attraverso cose quotidiane molto semplici, mi viene rivelato che esiste la risposta al desiderio del mio cuore: un Dio che non è rimasto in cielo, ma si è fatto uomo, Cristo, e che ha promesso: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Mantiene la parola data, venendo a me attraverso le persone e le circostanze. E tutto ciò che chiedo è di avere degli occhi in grado di scorgere la Sua presenza ogni giorno.