Oltre il muro dei sogni

Second Life
Luigi Giussani

Proponiamo un brano di una conversazione di don Giussani con alcuni ragazzi di Gioventù Studentesca, pubblicato in Realtà e giovinezza. La sfida (Sei, Torino 1995)

Guardando i miei compagni, vedo che loro affrontano la vita come se fosse un’idea, un pensiero, un sogno. Li riesco a capire perché fino a poco tempo fa pensavo anch’io allo stesso modo. L’esperienza che sto facendo è una realtà e non un sogno, anche se è facile cadere nei sogni e immaginarsi una vita non come è nella realtà. Volevo saperne di più sulla differenza tra attesa, speranza e sogno.
Il sogno non ha nessun fondamento. È una immaginazione. Proietta in un futuro, che può anche non avvenire, qualche cosa di inconsistente che traduce un umore, una reazione. Invece, l’attesa no. L’attesa nasce da dati, da fattori concreti. Tu diventerai uomo e nella misura in cui ti sarà dato tempo, dovrai fare qualche cosa. Cogliere le occasioni per creare, per costruire: questa è l’attesa vissuta. Io amerei, piuttosto, chiarire e mettere in opposizione due termini: sogno e ideale. Il cuore è fatto per l’ideale. Il sogno svuota la testa, dopo averla riempita di nubi. L’ideale è dettato dalla natura ed emerge col passare del tempo, se si persegue l’indicazione che la natura porta con sé. L’ideale è innanzitutto una indicazione della natura: per esempio, l’esigenza dell’amore o l’esigenza della giustizia. Tu non sbagliavi a fare quello che facevi per passione della giustizia; sbagliavi nell’identificare, come risposta alla giustizia, quello che immaginavi tu. Invece la giustizia implica rapporti che sono stabiliti dalla natura. Non ci siamo fatti noi, non ci facciamo noi; le esigenze che urgono dentro la nostra personalità non ce le siamo costruite noi. Tu ti potrai costruire una certa immagine di giustizia. Questa immagine, quello che tu hai chiamato sogno, se non tiene conto delle indicazioni della natura non si realizzerà e tu sarai deluso, cioè giocato. Delusione deriva da una parola latina che vuol dire «essere giocati»; siamo noi che possiamo giocare noi stessi. Illusione è un’altra forma della stessa parola; siamo noi che ci possiamo illudere e deludere, «giocando» quello che ci pare e piace invece che obbedire.
È come se uno fosse su un bastimento a vela, e mettesse le vele in senso contrario a quello che le leggi del vento e della navigazione impongono. Se si seguono le leggi - che non sono nient’altro che la direttiva della natura - il barcone va avanti. Se invece uno volta la vela a capriccio - perché gli piace così - la barca gira su se stessa e può capovolgersi e andare a fondo.
Seguire il sogno vuol dire, nel tempo, incenerire tutto quello che ci viene tra le mani. Sembra bello, appena lo stringiamo, e poi si incenerisce. «Il bene perduto: / un breve razzo in lacrime caduto. / Ciò che avevo afferrato bramosa, / nella mano stretta si sfece, / come a sera la rosa / sotto la volta dell’eternità. / Tutto impallidì, si tacque, / perse colore e sapore, / (e più quel che più mi piacque)», dice una bella poesia di O. Mazzoni.
L’ideale invece indica una direzione che non fissiamo noi; ce la fissa la natura. Perseguendo questa direzione, anche con fatica, anche andando contro le onde - come ci ha ricordato il “volantone” di Pasqua -, l’ideale, col passare del tempo, si realizza. Si realizza in modo diverso da come uno se lo immagina; sempre diverso, sempre più vero. A cinquant’anni, guardando indietro, uno dice: «Per fortuna che ho fatto quell’incontro! Adesso capisco le cose con una verità che gli altri non hanno». Perciò bisogna cercare di conoscere sempre più profondamente l’ideale e non abbandonarsi ai sogni. Il sogno deriva da noi stessi ed è effimero; il tempo lo incenerisce. L’ideale nasce dalla natura di cui siamo fatti, nasce da ciò che ci ha fatti ed è una direzione seguendo la quale il tempo che passa rende sempre più evidente e certo quello cui noi aspiriamo.