1980-2004: da una vita una cultura di frontiera

25 anni al Meeting
Carlo Dignola

Emilia Guarnieri, Giancarlo Cesana, Marco Bona Castellotti, Emma Neri hanno raccontato la storia di questa grande avventura. Dall’idea, nata in pizzeria fra sette amici, all’incontro con il Papa. Le parole di don Giussani. E ancora: la scelta dei titoli, i personaggi che via via sono passati e sono ritornati, «affascinati da qualcosa di buono». «Il Meeting è stato proprio questo: una passione per l’uomo e per Dio, il Destino; una passione che sta alla realtà»

La più bella l’ha raccontata, alla fine, Emilia Guarnieri, presidente dell’Associazione Meeting, chiudendo l’incontro che ne celebrava i 25 anni. Ha ricordato il giorno in cui fu chiamata dal Papa a Castelgandolfo, assieme ad altri cinque o sei amici, per parlare di quella strana kermesse, allora appena nata. A tavola c’erano anche due ospiti polacchi. Una brillante signora, laica cattolica, in evidenti rapporti di amicizia con Karol Wojtyla, si lamentò in «maniera piuttosto vibrata» che a questo raduno di ciellini si parlasse poco dei temi cattolici classici: lotta all’aborto, difesa della famiglia. «Stavo per aprire la bocca quando il Papa mi fece cenno di tacere e mi disse: “Lasci stare, non la ascolti. Il Meeting fa un’altra cosa: una cultura di frontiera”». Forse è qui il punto. Che lo ha fatto durare. Che ha portato per un quarto di secolo alla Fiera romagnola centinaia di migliaia di persone (quest’anno il Meeting dichiara 700 mila presenze stimate, con una permanenza media di 4,5 giorni), che non sono tutte cattoliche, ma che forse hanno sentito al naso il profumo di qualcosa di buono.

Album di famiglia
Ci è venuta un bel po’ di gente, al Meeting. 1980, primo anno: Vladimir Bukovskij, Léo Moulin, l’Abbé Pierre, Irina Alberti, Giovanni Testori, Giulio Andreotti; poi l’album di famiglia mostra Lévinas e Anna Proclemer, Spadolini e Simone Weil, Mia Martini e Régine Pernoud, Giovanni Arpino e André Frossard, Pietro Mennea e Aligi Sassu, Tarkovskij e Cacciari… Fermiamoci qui: al 1983. Cosa è successo? - si sono chiesti, guardandosi per un attimo indietro, Emma Neri (che ha appena scritto il libro Il Meeting. La storia e i testimoni, Piemme), Marco Bona Castellotti, Emilia Guarnieri, Giancarlo Cesana. Tutto cominciò il 9 agosto 1979, sette amici in pizzeria. Uscì l’idea di fare un happening estivo: pensarono subito di metterci degli stand gastronomici e della musica. Perché, come diceva Romano Guardini, «non c’è niente di più materialista della religione cattolica». Poi un’idea, quasi visionaria: quella dell’“amicizia tra i popoli” (che invece stranamente funziona: si è visto quest’anno). Realismo e ideale, trama e ordito. Il nome? L’idea era sempre quella dell’“incontro”, su cui Giussani martellava, ma qui siamo a “Remenee”, la nostra Florida, e diventò subito Mìtin’.
Giussani è uno che sa guardare quello che accade. Al Meeting dell’83 dice: «Dio ha bisogno degli uomini». L’anno dopo arriva von Balthasar e si lascia prendere un po’ la mano dall’entusiasmo romagnolo: dice che, forse, l’inferno è vuoto. Panico fra vaticanisti e teologi. A Emilia Guarnieri, invece, Giussani in privato raccomanda: «Questa cosa è un miracolo. Ma ricordati: il miracolo più grande è la vostra unità». «Era come dire che c’è sempre un altro fattore che attraversa il Meeting, che è oltre il Meeting. E da cui il Meeting scaturisce. Ma è una cosa tutt’altro che consolatoria, tranquilla» commenta oggi lei.

Lo spiffero dell’Infinito
Lo sa bene Marco Bona Castellotti. Di fronte al pubblico e ai giornalisti, i suoi amici lo hanno “messo in mezzo”, senza preamboli: è lui che da più di dieci anni inventa quei fantasiosi titoli, rivelano. Lui prova a parare il colpo: «Sono frutto di un lavoro di collaborazione…». È vero. Bona Castellotti dice che la ricetta è semplice: nel titolo del Meeting deve esserci un buco. Non solo un rotondo ragionare, ma una fenditura nella quale si possa sentire lo spiffero dell’Infinito. Lui la chiama «metafisica: una dimensione che non è solo terrena». Giussani parlerebbe di Mistero. Forse anche con la “m” minuscola qui al Meeting, che è un palcoscenico laico. Cesana, cosa sono stati questi 25 anni lo dice alla Cesana: «Di fare un discorso celebrativo non me ne frega niente». Ammette che lo ha stupito questa cosa «tipo un Festival dell’Unità» che ogni anno «cresceva, cresceva…». Ricorda la sua sorpresa quando saliva sul palco come esponente di Mp e tutti (non solo quelli di Cl) improvvisamente lo ascoltavano. «Il Meeting ci ha costretti a stare alla realtà» dice. «Mi pare che sia stato proprio questo: una passione per l’uomo e per Dio, il Destino; una passione che però sta alla realtà. È come se noi continuamente mettessimo alla prova il Mistero, e il Mistero mettesse alla prova noi».

Rinnovare l’uomo e il mondo
Una frontiera, come diceva il Papa. Che ha ripetuto anche quest’anno cosa gli piace del Meeting: è «una felice sintesi della sfida cristiana a un valore tipico della cultura moderna, quello del progresso». Non si è giocato in difesa invitando Ionesco e Federico Zeri, Niki Lauda e Neil Young, Gaber ed Elena Sofia Ricci: si è giocata la partita. Sicuri - come dice il Papa - che «il cristianesimo, nonostante i limiti e gli errori umani, costituisce il più grande fattore di vero progresso perché Cristo è principio inesauribile». Può guardare al futuro questo popolo, non solo alla sua straordinaria tradizione. Può pensare di «rinnovare l’uomo e il mondo» e aprire un angolo di speranza «per tutti i credenti», ma anche per «ogni autentico ricercatore della verità».