Educare. Dimensione di ogni rapporto

Scuola
Gianni Mereghetti

“Una compagnia di insegnanti all’opera” è lo slogan dato come titolo a una serie di incontri che al Meeting di Rimini hanno proposto la questione educativa nel contesto della scuola italiana di oggi, quella che si avvia a tentare la riforma. Molti gli esperti che si sono confrontati sul tema proposto. Tra gli altri, la professoressa Mariella Carlotti e Guido Gili, preside della facoltà di Scienze umane e sociali del Molise

In questa serie di incontri sono state affrontate le problematiche più significative e urgenti che sono attualmente presenti nella scuola, dai cambiamenti sollecitati dall’introduzione dei nuovi piani di lavoro personalizzati e del portfolio delle competenze, alle prospettive che si aprono con la creazione di un nuovo sistema di istruzione superiore, caratterizzato da due segmenti, quello liceale e quello dell’istruzione e formazione professionale. All’interno di questo percorso, che ha visto esperti del mondo della scuola confrontarsi in un’ottica di costruzione, è risultato via via evidente che la questione centrale sia l’insegnante, il perno della vita della scuola; è dalla sua azione che una realtà scolastica prende forma, e non dalle mille regole o circolari che pur la devono organizzare.

Maestri, materie e lezioni
Lo hanno documentato, in modo diverso ma correlato, Mariella Carlotti, docente all’Ipsia Marconi di Prato, e Guido Gili, preside della facoltà di Scienze umane e sociali presso l’Università degli Studi del Molise. In un incontro dal tema “L’azione didattica: maestri, materie, lezioni” i due relatori hanno reso ragione di un assioma indiscutibile, quello secondo cui è l’insegnante il valore aggiunto di ogni scuola. Il professor Gili ha svolto un’interessante relazione analitica sulla questione della credibilità dell’insegnante. Diverse sono le ragioni per cui un insegnante viene ritenuto credibile: vi sono ragioni legate alla competenza, altre che riguardano il campo morale, altre quello affettivo. Gili si è poi soffermato sul fatto che la credibilità sia legata al ruolo e quindi oggi sia in crisi perché il ruolo dell’insegnante non gode di un grande credito nella nostra società. Però «accanto alla credibilità del ruolo - ha sottolineato - c’è quella nel ruolo, cioè il modo con cui ogni insegnante dà dignità alla sua funzione».

Crisi di credibilità
La professoressa Carlotti ha raccolto la sfida lanciata dal professor Gili, affermando che c’è una crisi di credibilità dell’insegnante, perché non si crede più nel proprio compito. Ha poi precisato che il lavoro dell’insegnante non esaurisce in sé l’educazione, ma ne è come un paradigma, in quanto «l’educazione non è il compito degli insegnanti, ma la dimensione di ogni rapporto». Nella scuola il compito educativo si svolge dentro una condizione particolare e specifica, quella dell’istruzione, e ha a che fare con l’uso della ragione e della sua dinamica di rapporto con la realtà. Decisivo in questo orizzonte è educare a un criterio di giudizio che trova nelle esigenze fondamentali di ogni persona il suo punto di riferimento; è per questo, è perché si comunica un metodo che si educa, altrimenti si finirebbe al di là delle più buone intenzioni con l’indottrinare.

Musica classica in classe
Che in un istituto professionale si possano proporre dei brani di musica classica e che gli studenti ne siano colpiti, che un collega ritenga questo impossibile per il pregiudizio che porta nei confronti degli studenti, che gli stessi ragazzi si ribellino a questo giudizio per la stima con cui un altro li ha guardati, sono solo alcuni piccoli segni del fatto che educare è correre il rischio di uno sguardo. «Sono entrata in classe per anni - ha detto la professoressa Carlotti - preoccupata di che cosa dire e di che cosa fare. È giusto, ma per me è stato decisivo il giorno in cui ho corso il rischio di guardare in faccia uno a uno i miei studenti, il rischio di una simpatia». È perché un insegnante comunica un metodo nell’orizzonte di uno sguardo che gli studenti diventano capaci di prendere decisioni autonome. Commovente in questo senso è stato l’episodio legato a una settimana di studio che la professoressa Carlotti ha proposto alla sua classe per preparare la maturità. Questa iniziativa, che si sarebbe dovuta svolgere assieme ad altri studenti, è stata ostacolata da una lettera anonima, tanto che la stessa insegnante ha dovuto rinunciarvi, proponendo agli studenti di trovarsi a studiare a scuola. Quando la professoressa lo ha detto in classe uno studente si è alzato in piedi e ha affermato: «Io vado lo stesso a studiare dove lei mi ha proposto, perché quello che mi ha insegnato in questi anni è una ragione che vale per tutto».

La Giornata della Memoria
Quello studente, assumendosi la responsabilità di un giudizio e di una decisione, ha reso ragione della bontà del metodo con il quale era stato accompagnato ad affrontare giorno dopo giorno la realtà. Ancora, in occasione della Giornata della Memoria, chiese agli studenti di definire gli ebrei scrivendolo su un foglio. Leggendo quanto gli studenti avevano scritto rimase colpita dalla corrispondenza con le definizioni presenti nel Mein Kampf, il che l’ha portata a proporre di andare alla sinagoga a chiedere agli stessi ebrei quale fosse la loro identità. Il desiderio di conoscere è un fattore fondamentale nell’esperienza educativa, sta lì l’inizio della liberazione e l’insegnante deve quotidianamente provocarlo.