I cristiani. Testimoni di ricostruzione

Iraq
Giorgio Paolucci

Atti terroristici, minacce. La comunità cristiana è messa a dura prova. «Siamo iracheni e resteremo fino alla fine dei nostri giorni» ha testimoniato Shlamon Warduni, vicario del Patriarca caldeo di Babilonia

Ottocentomila persone, un piccolo popolo, una minoranza esigua in una nazione che non riesce a trovare la strada della riconciliazione e della rinascita. Il numero dei cristiani continua a calare: tre guerre in quindici anni, gli effetti dell’embargo e da ultimo, in agosto, gli attentati terroristici alle chiese, hanno messo a dura prova la vita di una comunità che rivendica orgogliosamente l’appartenenza alla nazione irachena. Le parole di Shlamon Warduni, vicario del Patriarca caldeo di Babilonia, scaldano la platea del Meeting: «Non vogliamo essere considerati un gruppo a parte, siamo iracheni e in Iraq resteremo fino alla fine dei nostri giorni.
Anche se i fanatici ci chiamano infedeli, e se qualcuno ci considera gli infidi alleati degli americani, sappiamo di far parte a pieno titolo della storia di questo Paese. Aiutateci a rimanere».

Comunità integrata
Un appello raccolto dai volontari di Avsi, l’Associazione volontari per il servizio internazionale, che sta collaborando con il patriarcato di Baghdad. «Abbiamo incontrato una comunità cristiana profondamente integrata nella società - racconta Giampaolo Silvestri, responsabile dei progetti Avsi per l’Africa e il Medio Oriente -. Non un’enclave, ma gente che ha a cuore il destino del suo popolo. Quando abbiamo chiesto a Warduni come potevamo renderci utili, non ha sollecitato aiuti materiali, ma anzitutto il sostegno all’opera educativa che la Chiesa ha messo in campo, in particolare negli asili. In un Paese in cui le necessità sono enormi, ci ha detto: “Aiutateci a dare un futuro ai nostri figli e a questo Paese, aiutateci a educare”».
La dittatura di Saddam ha prodotto personalità atrofizzate, sempre meno capaci di costruire futuro e di sperare nel cambiamento. Sostenere gli asili - sei sono già stati rimessi in condizione di funzionare, altri due sono prossimi alla riapertura -, significa valorizzare luoghi dove la persona viene accolta nella sua integralità e dove cresce una convivenza tra fedi e culture diverse. Luoghi dove si sperimenta quella libertà che la Chiesa chiede non come privilegio per sé, ma come ricchezza per tutti, e che invece viene messa in discussione dal terrorismo e dallo sviluppo delle tendenze radicali dell’islam, come testimonia il giornalista Gian Micalessin ricordando i suoi viaggi in terra irachena.

Nuovi muri
I finanziamenti dell’Arabia Saudita per la costruzione di moschee e l’arrivo di predicatori che diffondono la visione wahhabita - integralista e intransigente - dell’islam hanno irrigidito le posizioni, alzato muri tra le diverse componenti della popolazione e penalizzato i cristiani. Le minacce ai commercianti, i rapimenti di bambini della comunità cristiana di Baghdad e le bombe contro le chiese, sono la punta di un iceberg che mette a rischio una convivenza secolare. Ma Warduni crede nella profezia di Gesù: «Chi ha detto “sarò con voi fino alla fine del mondo”, non permetterà l’estinzione della nostra presenza. Chi ci ha amato fino alla morte ci darà l’energia per andare avanti. Ma voi, cristiani d’Occidente, non dovete dimenticarci».