I tre poteri e le riforme. Ripartire dalla persona

Libertà
Renato Farina

Al tavolo, insieme a Vittorio Feltri, Giorgio Vittadini e Gianni De Michelis. È necessario uscire da un clima rissoso dove la politica è ridotta a lotta sulla giustizia per un potere

Non c’è discorso più noioso di quello sulle riforme istituzionali. Facciamo il premierato forte o il cancellierato debole? Riscriviamo mezza costituzione o un tre quarti bastano? Dice Gianni De Michelis, oggi segretario del Nuovo Partito Socialista e già ministro degli Esteri: «Il fatto è che in politica - e da noi specialmente - le formule di revisione della Repubblica sono giochini pensati per dare maggior potere alla propria parte, non per favorire la partecipazione democratica alla politica». Così il ragionamento che presiede ai cambiamenti formali è sempre questo: mors tua vita mea. Al Meeting di Rimini ai discorsi sui massimi sistemi è stata tolta la maschera. Siamo scesi dall’empireo teorico sulla dura terra. Era ora. Prima delle carte e delle regole, occorre un’altra mossa. «Una regola che viene prima delle regole - spiega Giorgio Vittadini -. Un ideale personale, una gratuità per cui chiunque abbia potere lo autolimiti, usandolo perché anche l’altro possa esprimere il suo ideale. Altrimenti si finisce nella violenza». Il Meeting si è offerto come strumento per quest’impresa: un’esperienza di dialogo sincero, magari persino feroce, tra persone di opposti schieramenti o fuori degli schieramenti, obbedienti però a qualcosa d’altro che alla logica del proprio interesse.
Queste osservazioni vengono dopo aver seguito il forum che c’è stato su: “Quando i poteri erano tre, divisi”. Se non si elimina questa invasione di campo continua, non ci sarà mai una convivenza dove ci siano idee diverse sul modo di risolvere i problemi, ma ci si rispetti come uomini. Vittadini si è detto stufo di vedere la politica ridotta alla lotta sulla giustizia. Dove parte della magistratura e capi della sinistra vogliono far fuori Berlusconi, e Berlusconi a sua volta prova soltanto - comprensibilmente - a difendersi. Gianni De Michelis ha raccontato il paradosso italiano che porta, per via di magistrati, i comunisti al governo mentre in tutto il mondo sono cacciati fuori dalla storia. «Nel 1991 il Pds era finanziato dal Pcus. Ci sono documenti, consegnati e non utilizzati dalla Procura di Milano». Vittorio Feltri, il terzo dei relatori, direttore di Libero, ha ricordato come l’anomalia berlusconiana sia tale senz’altro, ma sia figlia di ben altre incongruenze: in fondo il Cavaliere è stato costretto a scendere in campo per impedire la madre di tutte le anomalie. La presa del potere della sinistra per via di eliminazione giudiziaria di tutti quanti non fossero con Occhetto e D’Alema. Ora per uscire da questo clima rissoso «conta la qualità delle persone più dei libroni rilegati in cuoio dove si seppelliscono riflessioni dotte. Craxi negli anni 80 incaricò il liberale Bozzi di presiedere una commissione di riforma: niente di fatto. Occorre ripartire da altro: da persone che si rispettino. Anche nella Costituzione europea. Più che frasi formali deve pesare la volontà di difendere la nostra identità dinanzi a chi la vuole spazzare via. Ne va della nostra pelle». Vittadini a proposito di Costituzione europea si è messo di traverso. «Non è questione di preambolo. Fa pena tutta. È proprio l’articolato che è mediocre, scritto in fretta, trascurando l’essenziale della cultura europea. Non c’è libertà di associazione, non c’è tutela della famiglia, non si prevede la sussidiarietà orizzontale. Rimandiamo la firma per l’Europa. Intanto in Italia più che scannarci sulle regole, cerchiamo di ragionare insieme su dove va il lavoro, la produzione, costruiamo le premesse per sviluppare le nostre imprese».