Il cuore del problema-Chiesa

Da Luigi Giussani, Perché la Chiesa, Rizzoli, Milano 2003, pp. 9-11
Luigi Giussani


Chi si imbatte in Gesù Cristo, sia un giorno dopo la sua scomparsa dall’orizzonte terreno, sia un mese dopo o cento, mille, duemila anni dopo, come può essere messo in grado di rendersi conto se Egli risponde alla verità che pretende di essere? Vale a dire: come può arrivare uno a comprendere se veramente Gesù di Nazaret è l’avvenimento che incarna quella ipotesi della rivelazione in senso stretto?
Questo problema è il cuore di ciò che storicamente si chiama «Chiesa».
La parola «Chiesa» indica un fenomeno storico il cui unico significato consiste nell’essere per l’uomo la possibilità di raggiungere la certezza su Cristo, nell’essere insomma la risposta a questa domanda: «Io, che vengo il giorno dopo quello in cui Cristo se ne è andato, come faccio a sapere se veramente si tratta di qualcosa che sommamente mi interessa, e come faccio a saperlo con ragionevole sicurezza?». Abbiamo già notato come non sia possibile immaginare un problema più grave di questo per l’essere umano, qualunque risposta si dia a tale domanda (cfr. al riguardo L.Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli, Milano 2001, in particolare il capitolo terzo, pp. 33-42). Per qualsiasi uomo che venga a contatto con l’annuncio cristiano è imperativo cercare di raggiungere una certezza in merito a un problema così decisivo per la sua vita e la vita del mondo. Si può, ovviamente, censurare il problema, ma, data la natura della domanda, è come rispondervi negativamente.
È quindi importante che, oggi, chi viene dopo - e per di più molto tempo dopo - l’avvenimento Gesù di Nazaret, possa accostarlo in modo tale da raggiungerne una valutazione ragionevole e certa, adeguata alla gravità del problema. La Chiesa si pone come la risposta a tale esigenza di valutazione certa. È questo il tema che ci accingiamo ad affrontare. Ciò presuppone dunque la serietà della domanda: «Chi è veramente Cristo?», cioè un impegno morale nell’uso della coscienza di fronte al fatto storico dell’annuncio cristiano. Così come questo presuppone la serietà morale nella vita del senso religioso in quanto tale.
Se, inversamente, non ci si impegna con quell’aspetto inevitabile e onnipresente dell’esistenza che è il senso religioso, se sul fatto storico di Cristo si pensa di poter non prendere una personale posizione, allora la Chiesa potrà interessare solo in modo riduttivo: come problema sociologico, politico o associativo, per combatterla o difenderla in riferimento a questi aspetti.
Quale degradazione per la ragione essere squalificata in ciò che, appunto, rende più umana e compiuta la sua capacità di nessi e cioè il senso religioso autentico e vivo!
D’altra parte, di fatto la storia, noi volenti o nolenti, con nostra rabbia o con nostra pace, è attraversata dall’annuncio del Dio che si è fatto uomo.