La Chiesa in America e la sfida della libertà

Albacete-O'Malley
Luca Doninelli

Lorenzo Albacete ha “intervistato” l’arcivescovo di Boston Sean O’Malley, in un incontro dal titolo “Quale libertà per quale America”. La separazione protestante tra fede e vita ha relegato la Chiesa alla promozione dei valori comuni. E ora il politologo Huntington lancia l’allarme su un nuovo pericolo cattolico. Così è più urgente la necessità di riscoprire l’originalità del contributo che il cattolicesimo può portare al futuro dell’America

L’incontro “Quale libertà per quale America”, che vedeva monsignor Lorenzo Albacete nella veste di intervistatore dell’arcivescovo di Boston, S.E. monsignor Sean O’Malley, intendeva mostrare, attraverso due personaggi di primissimo piano della Chiesa americana, cosa significhi l’esperienza cristiana per la libertà, non solo dei cattolici, ma di tutta l’America, un Paese che mette la libertà dell’uomo addirittura nel primo articolo della Costituzione. La nostra domanda è: qual è il significato, oggi, di un’esperienza cristiana come aiuto a questa libertà? E, conseguentemente: che tipo di libertà possiamo cercare?

Contro il cattolicesimo
Monsignor Albacete ha iniziato leggendo alcuni brani tratti dal recentissimo volume Who Are We? The Challenges to America’s National Identity, scritto da Samuel P. Huntington, forse il più noto politologo vivente, autore del fortunato e discusso Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale (tr. it. Garzanti; ndr). Eccone alcuni passaggi: «L’America sarebbe stata l’America di oggi se nel secolo XVII e XVIII fosse stata conquistata non dai protestanti inglesi, ma dai cattolici francesi, spagnoli o portoghesi? La risposta è no. Non sarebbe stata l’America di oggi, sarebbe stata Québec, Messico o Brasile». «In America la riforma protestante ha creato una nuova società; unica tra tutti i Paesi, l’America è figlia di queste riforme, senza queste non ci sarebbe l’America come la conosciamo». «Per più di 200 anni gli americani hanno basato la loro identità sulla opposizione al cattolicesimo: il cattolico veniva prima combattuto e poi escluso e poi discriminato e visto come opposizione. Tuttavia il cattolicesimo americano ha assimilato molti dei tratti del clima protestante e fu a sua volta assimilato dalla corrente principale americana. La scomparsa di attitudini e attività apertamente anticattoliche fu in parallelo e direttamente collegato all’americanizzazione del cattolicesimo».
Di seguito offriamo una sintesi del dialogo Albacete-O’Malley.

Cattolici “americanizzati”
Albacete. Fin dalle origini del nostro Paese, molti americani si sono chiesti se la visione cattolica di libertà fosse compatibile con il progetto nazionale americano. In tutta la sua storia, la Chiesa cattolica ha dovuto lottare per dimostrare di essere un valido appoggio per il sogno americano - così come ogni altra religione -. Questa fase di anticattolicesimo si concluse solo quando i cattolici americani provarono di essere sufficientemente americanizzati e accettarono la separazione protestante tra fede ed esperienza in tutti gli aspetti della vita, relegando l’influenza della Chiesa alla promozione dei valori comuni e all’ispirazione etica.
Oggi, comunque, questa domanda riemerge, e molti cattolici americani che occupano posizioni importanti in tutte le aree della vita pubblica sono preoccupati che la Chiesa, specialmente sotto la guida dell’attuale Papa e dei vescovi americani scelti e guidati da lui, con il supporto di movimenti laici, stia ritornando all’antica maniera antiamericana. Un altro fattore che supporterebbe l’idea di un cattolicesimo come minaccia alla dedizione americana alla libertà è il fatto che la Chiesa negli Stati Uniti sia costituita, oggi, da un sempre crescente numero di minoranze etniche che stanno presumibilmente resistendo all’assimilazione, al melting pot dominante angloprotestante.
L’ospite che ci onora con la sua presenza è la guida della Chiesa cattolica in una arcidiocesi che è stata fortemente identificata con la formazione dell’identità nazionale americana e con la sua forte dimensione religiosa: Boston, Massachusetts.
O’Malley. Una della grandi malattie dei tempi moderni è l’amnesia spirituale. Il premio Nobel russo Solz￿enicyn dice di ricordare tre episodi della sua infanzia. Il primo riguardava il fatto che altri bambini lo prendevano in giro perché con la mamma si recava nell’unica chiesa rimasta. Il secondo fa riferimento a un individuo che gli strappò la croce che gli pendeva sul petto. Il terzo riguarda una conversazione: aveva sentito alcuni abitanti di un villaggio che dicevano: «La gente ha dimenticato Dio, ecco perché tutto questo è accaduto: tutta l’oppressione, l’assenza di speranza, il gulag, le camere di tortura e la disperazione». Dimenticare Dio è molto pericoloso: un mio amico sacerdote ha visitato una casa di riposo e ha chiesto a uno degli anziani lì presenti: «Sai chi sono?»; il signore anziano ha risposto: «Caro, forse se chiedi all’infermiera alla fine del corridoio, ti darà una risposta». Se dimentichiamo chi sia Dio, dimenticheremmo anche chi siamo noi stessi e dimenticheremmo anche il perché siamo qui. Negli Stati Uniti, in certo modo, abbiamo un po’ dimenticato parte dell’idealismo dei nostri padri fondatori. Già sin dall’inizio, la libertà è stata un valore chiave, di base nell’esperienza americana, però sin dall’inizio anche i semi della distruzione erano sempre presenti nell’individualismo della nostra gente. La nostra cultura moderna è votata all’intrattenimento ed è ossessionata dalle celebrità che rappresentano l’ideale falso di una esistenza caotica, in una ricerca forsennata di denaro, fama e piacere. La nostra fede ci pone una sfida, la sfida di abbracciare un ideale di amore, legato al sacrificio: e lo fa in un momento, questo, dove praticamente l’etica della nostra politica è diventata una semplice regola, quella secondo la quale dobbiamo tutti ottenere quello che vogliamo. È un’etica del sé, che non è in grado di sostenere la casa libera e della libertà, non può sostenere la democrazia. La Chiesa ha un messaggio molto importante per la democrazia: la democrazia deve basarsi su un fondamento vero e solido, su principi non negoziabili. Se non c’è una verità ultima che guidi le attività politiche, allora tutte le idee, le convinzioni, possono essere facilmente usate per motivi di potere. Dice il Papa, nella Fides et Ratio: «In una società in cui la verità non è né menzionata e nemmeno cercata, ciascuna forma di libertà autentica sarà indebolita, aprendo la strada, in questo modo, a una distorsione dei caratteri individualistica e minando in questo modo la tutela del bene della persona umana e dell’intera società». Questo rappresenta una sfida specifica e speciale.

Il voto dei cattolici

Albacete. Parliamo delle prossime elezioni presidenziali. I vescovi americani hanno già preparato una dichiarazione per guidare i cattolici a prendere la loro decisione sul voto e su chi votare? Che cosa dice questo statement?
O’Malley. Si ricorda ai cattolici che quando votano non devono farlo soltanto per motivi egoistici oppure perché devono ciecamente obbedire a un partito politico. Quello che diciamo loro è che devono cercare di promuovere una società più morale, una società dove i più vulnerabili possano essere protetti.
Albacete. Per molti anni lei ha lavorato nell’apostolato cattolico con ispanici, portoghesi, haitiani e altre minoranze. In che modo queste minoranze rappresentano - come teme Huntington - una sfida alla visione americana di libertà? E come risponde la Chiesa cattolica degli Stati Uniti a questa preoccupazione che la maggioranza ispanica possa costituire una minaccia alla libertà americana?
O’Malley. Gli Stati Uniti sono sempre stati rinnovati dagli immigrati. Ogni ondata di immigrazione negli Stati Uniti ha portato sempre una grande energia, un grande impegno nei confronti dei valori umani e ha permesso di costruire il Paese. Gli attuali immigrati, coloro che provengono dall’America latina e dagli altri Paesi di stampo cattolico, portano con sé forti legami e valori familiari, la volontà di sacrificarsi per il bene comune e anche la comprensione di chi siamo noi come figli di Dio.

La guerra e il Papa

Albacete. Qual è stata la reazione dei cattolici americani all’opposizione del Santo Padre alla guerra in Iraq? Pensa che la situazione attuale stia cominciando a convincere i cattolici della saggezza della posizione del Santo Padre?
O’Malley. Quando il Santo Padre si è pronunciato sulla Guerra del Golfo c’è stata molta disapprovazione tra i cattolici degli Stati Uniti. Ma in questa guerra, la guerra in Iraq, io credo che molti cattolici abbiamo capito quali fossero le preoccupazioni del Santo Padre. Quando è cominciata la guerra in Iraq e quando veniva considerata come tentativo per sradicare il terrorismo mondiale, c’era molto più supporto per la guerra. Viceversa, in questo particolare momento tutto questo supporto è andato svanendo e sempre più cattolici ascoltano con sempre maggiore attenzione quello che dice il Santo Padre.

La missione della Chiesa

Albacete. Eccellenza, questa è la sua prima visita al Meeting. Quale contributo può portare il movimento di Cl alla missione della Chiesa in America in questo momento?
O’Malley. Il fatto stesso che appunto utilizziate l’espressione Memores Domini per i vostri membri dedicati sicuramente dà una buona risposta alla domanda che lei ha formulato. Negli Stati Uniti l’amnesia spirituale, quella di cui parlavo prima, deve essere avversata dalla testimonianza vivente di gente che vuole vivere una vita nell’essere discepolo e testimoniare i valori del Vangelo nella Chiesa.
Albacete. La scuola cattolica americana è veramente al servizio della nuova missione della Chiesa?
O’Malley. Il sistema di scuole cattoliche nel nostro Paese è molto vasto. Abbiamo circa tre milioni di studenti e non riceviamo aiuto dal governo. Queste scuole sono state costruite e vengono mantenute grazie alla generosità e ai sacrifici dei cattolici americani. Tutto ebbe inizio in un periodo in cui le scuole pubbliche nel nostro Paese erano caratterizzate da una forte visione protestante. Adesso però i religiosi coinvolti e impegnati nelle scuole sono in pochi. Questa è una grossa sfida per la Chiesa: le scuole sono divenute molto costose da gestire ed è molto difficile riuscire ad avere degli insegnanti che abbiano la stessa capacità di insegnare la fede. Oggi le scuole pubbliche non sono più protestanti, ma sono comunque dei veicoli di secolarizzazione. In questo contesto le nostre scuole sono state molto importanti per l’istruzione dei figli delle minoranze: abbiamo molto più successo che non nelle scuole pubbliche nel fornire un’istruzione, per esempio, ai bambini neri e ispanici.
Albacete. Eccellenza, quando tornerà il Figlio dell’uomo ci sarà ancora fede in America?
O’Malley. L’America è un Paese molto religioso. Come ha detto lei una volta, da noi non è che manchi la fede, ma c’è sovrabbondanza di credulità. Negli Stati Uniti ogni anno vengono fondate e fioriscono nuove religioni. In una atmosfera di materialismo, individualismo ed edonismo, essere credenti è comunque una sfida. E la presenza dei credenti rappresenta una testimonianza sorprendente. Sta succedendo una cosa interessante, dal punto di vista ecumenico: sono sempre più numerosi i cristiani dalle Chiese evangeliche (persone che vedevano nella Chiesa cattolica l’anticristo) che adesso ci guardano come alleati nella promozione dei valori umani, la tutela dei nascituri e dell’istituzione del matrimonio. Perciò credo che quando Cristo ritornerà ci sarà ancora fede in America.