La meta è infinita. È qualcuno che ti aspetta

Militanza
Marco Bona Castellotti e Giancarlo Cesana

Alla vigilia della settimana riminese, gli interventi di Giancarlo Cesana e Marco Bona Castellotti all’incontro con la “militanza”, coloro che gratuitamente offrono il proprio tempo lavorando al Meeting. Un dialogo a partire dal titolo. «Se noi siamo qui, è per imparare di più che siamo aspettati. La meta a cui tendiamo è quella a cui già abbiamo cominciato a partecipare». Venticinque anni di tensione al destino, un’esperienza di gratuità

A un anno esatto di distanza da una circostanza simile a quella di questa sera, a questo incontro che facciamo sempre alla vigilia dell’inizio del Meeting, mi sono domandato, con un certo sgomento, se nel corso di quest’anno, qualcosa in me è cambiato. Se ho compiuto un passo nella mia conversione, oppure no. Questa domanda la ribalto anche a voi. Questa domanda mi ha evocato le parole che Cristo dice a Nicodemo: «Occorre nascere di nuovo», di fronte alle quali Nicodemo ha come un attimo di sospensione e chiede a Cristo: «Come può accadere ciò?». Su tale citazione evangelica si chiude la prima parte di un libro di don Giussani dal titolo Perché la Chiesa, libro che molti di voi conoscono. E il commento di don Giussani in questo fulmineo dialogo è questo: o la domanda “come si può nascere di nuovo?” è frutto di scetticismo, oppure è frutto di una indagine appassionatamente umana.

Passione per l’uomo
L’anno scorso, nella medesima circostanza di stasera, mi ricordo che avevo insistito nell’augurio a tutti, a me per primo, ma anche a voi, che ci impegnassimo nella ricerca della verità. Posto che simile augurio è ancora molto attuale, mi auguro che la ricerca della verità non sia disgiunta da un’ardente e appassionata indagine dell’umano. Cerchiamo di essere più umani possibile. Lo dico innanzitutto a me stesso. Non tradiamo mai l’umano, per nessuna ragione, per nessuna convenienza, per nessun compromesso, per nessun opportunismo, per nessuna ideologia.
Ma che significa amare l’umano? Che significa vivere l’umano, vivere umanamente, appassionatamente l’umano? Ho trovato una risposta per dare contenuto a questa parola - “umano” -, che cosa vuol dire umano, in un bellissimo passo che mi è capitato di leggere proprio ieri, festa di san Bernardo abate, al cui pensiero è ispirato il titolo del Meeting di quest’anno, e al quale è anche dedicata una mostra.

«Amo per amare»
Si tratta di un punto di un testo che non conoscevo per niente fino a ieri, il discorso di san Bernardo, una specie di commentario di san Bernardo al Cantico dei Cantici, che tutti voi conoscete, immagino, e comunque è un poema pre-cristiano; gli studi più recenti sostengono sia stato scritto da un egiziano di cui non si conosce il nome: è un poema d’amore, sul quale però i testi cristiani sono sempre intervenuti da quando esiste anche con qualche tentativo di annessione.
In questo discorso di san Bernardo sul Cantico dei Cantici ho trovato qualcosa che può adattarsi a riempire di senso la parola “umano”, perché molto spesso la pronunciamo senza l’affondo necessario. Almeno io faccio così. Ed è qualcosa che vorrei che diventasse sempre più mia, più familiare alla mia vita. È umano ciò che vive e vibra di un particolare amore, di un amore particolarissimo, che san Bernardo descrive così: «L’amore è sufficiente per se stesso, piace per se stesso e in ragione di sé. È a se stesso merito e premio. L’amore non cerca ragioni, non cerca vantaggi al di fuori di sé. Il suo vantaggio sta nell’esistere. Amo perché amo, amo per amare. Grande cosa è l’amore se si rifà al suo principio, se ricondotto alla sua origine, se riportato alla sua sorgente».

Giancarlo Cesana
è il 25° Meeting. Quest’anno è anche il 50° della nascita di Cl. Quindi questo è un gesto che cade in un anniversario. Gli anniversari ci ricordano il tempo che passa. È importante cominciare ad accorgersene anche da giovani, perché altrimenti si spreca la vita negli anni in cui la vita viene preparata e costruita. Negli anniversari inevitabilmente viene da fare il punto sulla vita, a che cosa è servita, a che cosa serve; a che cosa è servito questo tempo che è passato; a che cosa serve questa corsa - perché la vita è una corsa - e dove va questa corsa. Queste sono domande decisive, a cui è altrettanto decisivo poter dare una risposta, perché se passa il tempo e basta, cioè se si accelera solo la venuta della fine, gli anniversari sono di una grande malinconia, segnalano solo che si diventa vecchi, io, il Meeting, il movimento, tutto diventa vecchio.

Per non cadere nella malinconia

C’è un solo modo per non cadere in questa terribile malinconia (è pur vero che la malinconia non si elimina mai), per non cedere a una sorta di disperazione, ed è quello di dire: questo tempo che passa, questa vita che passa, produce altra vita, è feconda? Se è così, il tempo che passa mantiene sempre un po’ di malinconia - ed è giusto che si senta la tristezza di ciò che è caduco -, però questa è vinta dall’allegria, perché la vita vince, perché il tempo che passa non distrugge la vita, anzi la fa fiorire. La vita fa fiorire la vita. Ecco, su questo dobbiamo dare risposta. La riposta che io do è positiva. Il tempo che abbiamo passato insieme, in cui abbiamo costruito insieme, in cui siamo diventati grandi e poi vecchi, è un tempo che produce la vita, e per questo non ho nessun rimpianto. Anzi, amo il futuro per poter vedere ancora più vita.

La fecondità viene dall’amore
Questa è la prima constatazione. La seconda è: dove va questo tempo? E così entro nel titolo del Meeting. Qual è la meta? Dove andiamo? Dove stiamo correndo? Come esperienza, che cosa chiede alla nostra vita? Lo ha detto la canzone Povera voce: la vita chiede all’amore. La fecondità viene dall’amore, dall’essere amati e, come ha detto la seconda canzone, È bella la strada, dal sapere che dove vado c’è chi mi aspetta. C’è qualcuno che mi vuole. Questa è la meta verso cui corre la vita. Allora si capiscono due cose.
Primo, che questa meta è infinita, perché l’amore è quello che definisce un rapporto in cui ciò che vale non è la misura.
Marco ha citato il brano di san Bernardo in cui dice che l’amore basta a se stesso, ma la cosa impressionante è che l’amore è vivere per un altro. Quindi basta a se stesso, ma perché è tutto per altro. Perché noi siamo costituiti in modo tale che ci realizziamo quando viviamo per un altro. Non siamo fatti per essere soli. Questa è la meta infinita, è la meta di cui noi non potremmo mai chiudere il cerchio. Ma nello stesso tempo è una meta della quale partecipiamo. È qualcosa di cui viviamo adesso.

Il tempo che passa
Quindi il tempo che passa porta verso la meta che speriamo, desideriamo compia quello che noi già viviamo adesso, perché la meta promessa, la totalità dell’esperienza amorosa dell’essere amati fino in fondo, ciò di cui ha sete la vita, è qualcosa di cui già facciamo esperienza: c’è qualcuno che ci aspetta dove andiamo. Siamo concretamente aspettati, da chi ci è vicino, dai nostri genitori, dai nostri amici e se noi siamo qui, è per imparare di più che siamo aspettati, per imparare di più anche noi ad aspettare, perché sappiamo che la nostra vita, che la meta a cui tendiamo, è questa. La meta a cui tendiamo è quella a cui già abbiamo cominciato a partecipare.
Quello che mi auguro per questo Meeting è che noi ci rendiamo conto di più. Che noi tendiamo a quello di cui stiamo vivendo, in una parola: questa presenza, perché noi abbiamo incontrato - più o meno confusamente - questo amore, questo essere voluti, questo essere aspettati. Siamo qui per questo, per imparare di più questo, di cui ci è stato detto anche il nome, ci è stato detto come si chiama: Cristo. Dunque, conoscere di più questa origine che ci fa gridare, che ci fa cantare, che è la nostra voce, altrimenti smarrita.

La fonte non finisce mai
Questo Meeting, con il suo titolo, ci dice proprio che non siamo affatto arrivati, anzi, l’aspetto interessante è che mai si arriverà; anche quando andremo in paradiso, spero che ci ritroveremo tutti, non esauriremo mai la fonte come diceva Efrem il Siro: quando hai sete, la soddisfazione è nel bere; e quando bevi, non devi pretendere di esaurire la fonte, anzi devi essere contento che la fonte non finisce mai, perché così puoi bere un’altra volta.
Siamo su questa strada che ci riempie la vita, e noi vogliamo che la vita sia sempre più piena di consapevolezza. Questa è la nostra tensione. E noi siamo qui proprio per imparare, anche lavorando. Lavorare al Meeting con gratuità, che cosa vuol dire? Vivere una settimana per un altro, cioè amare, imparare ad amare.