Nel canto, la malinconia napoletana

Spirto Gentil
Roberto Andreoni

Tito Schipa jr, figlio del grande tenore, Giuseppe Corigliano e Massimo Bernardini alla presentazione dell’ultimo cd della collana “Spirto Gentil”, Mandulinata a Napule

«Come mai la canzone napoletana in una collana classica come “Spirto Gentil”?» esordisce Pier Paolo Bellini. Don Giussani ci ha tante volte ricordato quanto essa abbia a che fare con il “non essere mai tranquilli” come lo intende lui; ha a che fare con “le cose grandi” per cui la vita è fatta; persino i monaci buddisti del Monte Koya gli confidarono di cantare Torna a Surriento come archetipo della malinconia umana: una tristezza mai astratta, bensì amorosa e stringente. Massimo Bernardini per il libretto del cd ha intervistato Renzo Arbore, che ha consolidato la propria popolarità rendendo omaggio alla canzone napoletana, esattamente come alcune decine di anni prima capitava al leggendario Tito Schipa, interprete delle preziose incisioni storiche presenti in questa Mandulinata a Napule. Bernardini è colpito dalla lettura che Giussani dà di quello struggimento e di quella malinconia. Laddove il boom della “musica popolare”, che aveva contagiato tutti negli anni 60 e 70, aveva origini e fini essenzialmente ideologici, don Giussani la ama perché riguarda l’io.

Nostalgia e letizia festosa
È una vera rivoluzione culturale che ci svela il motivo antropologico per cui possano appropriarsene legittimamente perfino i bonzi giapponesi! Giuseppe Corigliano, al di là della sua veste di portavoce ufficiale dell’Opus Dei, è un partenopeo verace e profondo amante della musica, e per questo è stato coinvolto in quell’idea editoriale elementare, ma efficace e duratura, che è “Spirto Gentil”. Il beato Escrivá de Balaguer affermava che «tutto è sentiero per Dio» e in questo senso «anche le canzoni d’amore sono ottime orazioni perché più una cosa è umana e più porta a Dio». Nei napoletani - dice Corigliano - non c’è dualismo fra gioia e tristezza. Proprio la parola “malinconia” esprime alla perfezione quel misto inscindibile e pur complesso di nostalgia e letizia festosa.

Categoria drammaturgica
Infine il contributo dell’ospite principale: Tito Schipa jr., musicista, figlio d’arte e di sangue del celebre cantante. Lui stesso è un colto musicista e affascinante comunicatore, che associa all’innata teatralità una voce suadente e radiofonica. Si definisce: «Melomane coi rockettari e rockettaro con i puristi classici». Sgombrato il campo dai pregiudizi, si accanisce contro la mancanza di educazione all’ascolto nei giovani. Mentre fu proprio l’ascolto di Tu ca, nun chiagne a introdurre suo padre - leccese di nascita - alla «napoletanità intesa non come genere, ma come categoria drammaturgica». Comunque è nei brani famosi, cantati da tutti, che emerge il grande interprete. L’attenzione di tutti si acutizza, mentre Junior ci propone la voce di Senior in Marechiare, guidandone appassionatamente l’ascolto: note pulite, solide anche nel vibrato o in echi de-timbrati, senza prendere fiato. Dopo averlo descritto e ascoltato, ecco la sorpresa finale: Tito Schipa anche in video in un breve estratto dal film Chi è più felice di me del 1938 in cui canta proprio Torna a Surriento.