Riforma capitale umano. Per educare uomini liberi

Libertà
Stefano Andrini

La persona e la sua crescita torni al centro della riforma scolastica e dell’Università. Ne hanno parlato protagonisti della scuola. D’accordo il ministro Moratti e Enrico Letta

Una storia di amicizia tra persone di diversa provenienza, accomunate dal desiderio di affrontare insieme l’emergenza educazione. È questo l’identikit del “gruppo del buon senso”, come qualcuno lo ha definito, protagonista al Meeting di un incontro sull’autonomia scolastica promosso da Diesse. «Vogliamo lanciare un appello - ha esordito Franco Nembrini, presidente della Compagnia delle opere educative - perché la riforma della scuola superi la situazione di stallo legata a problemi economici». Del metodo di lavoro del gruppo hanno parlato Luisa Ribolzi, dell’Università di Genova e l’esperto di formazione Vittorio Campione. «Ci siamo accorti che, se si abbandona l’abitudine di etichettare le persone, si possono trovare convergenze interessanti». «In particolare - ha sottolineato Campione - abbiamo concordato su alcune priorità: un grande investimento di risorse reali nella scuola, il riequilibrio tra istruzione e formazione, la centralità dell’autonomia». Giuseppe Bertagna, dell’Università di Bergamo, richiamando la distinzione di Hobbes tra moltitudine e popolo ha affermato che nel dibattito sulla riforma Moratti ha fino a oggi prevalso la prima logica. «Il problema - ha detto - è riportare lo sguardo sulla centralità della persona. Per questo occorre restituire la scuola ai reali soggetti dell’educazione, a partire dalla famiglia». Luigi Bobba, presidente nazionale delle Acli, ha invitato con forza a rilanciare la formazione professionale «come elemento educativo». Mentre Paolo Ferratini, della rivista Il Mulino, ha insistito sul fatto che «se non si attribuiscono poteri di scegliere il personale, non si realizzeranno compiutamente autonomia e identità delle scuole». Le conclusioni sono state di Roberto Maragliano dell’Università La Sapienza di Roma. «Quello che abbiamo cercato di fare- ha sintetizzato - è offrire un contributo intellettuale, non un’operazione politica». Il lavoro del “gruppo del buon senso” è stato raccolto in un pamphlet che sarà messo in rete entro la fine di settembre.
Il tema del capitale umano e del suo rapporto con lo sviluppo è stato al centro di un dibattito sul riflesso che ha l’investimento sull’istruzione, non solo dal punto di vista della maggiore ricchezza che consegue, ma anche da quello di condizioni non quantificabili come la qualità della vita sociale e della sicurezza. Enrico Letta, capogruppo della Margherita, ha denunciato il fatto che l’Italia non investe più sul capitale umano «perché ha deciso di vivere in un presente continuamente dilatato piuttosto che pensare al futuro». Statistiche alla mano Letta ha documentato lo scarso investimento italiano in sviluppo e nuove tecnologie. Per uscire da questo stallo Letta ha proposto un uso selettivo della leva fiscale a favore di chi investe nella formazione, un salto in avanti delle imprese sotto il profilo delle dimensioni aziendali e un investimento sul Mezzogiorno per superare il gap tra Nord e Sud. «Il tema del capitale umano - ha ricordato Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca - è fondamentale anche per il nostro Paese. Negli ultimi quarant’anni il sistema si fondava su un investimento per famiglie e giovani che si attestava solo sul 3% dell’intera spesa sociale. L’invecchiamento della popolazione e la bassa natalità hanno mandato in crisi questo sistema; il tema dell’istruzione è quindi cruciale». Se in questa direzione bisogna ancora molto lavorare, ha aggiunto il ministro, «alcuni passi sono stati fatti come l’incremento della spesa per la ricerca nel 2003 o come l’impegno per aumentare il numero dei dottorati di ricerca nelle università, oggi in linea con la media europea». Tra le proposte emerse nel corso dell’incontro da segnalare quelle di Bruno Ermolli, presidente di Sin&rgetica, sulla necessità di privatizzare la formazione dei dirigenti pubblici e di Adriano De Maio, rettore della Luiss, che ha chiesto di mantenere alto il livello della cultura classica che tutto il mondo ci invidia, di concentrare le università e di garantire più risorse alla ricerca pubblica.
Concludendo il confronto, Vittadini ha detto: «Il grande contenuto politico di questo incontro è: date i soldi all’istruzione in modo giusto, ripetiamo, vogliamo che i poli prendano una posizione su questo. Questo non è un problema, questo è il problema, perché se no, come diceva il Ministro, lo capiremo fra 10 anni, e come al solito dovremo ritornare al Vangelo, alla parabola delle vergini stolte, che quando il lume non andava più non potevano fare più niente».