Sì alla libertà, no alla prepotenza. Il volantino di Obiettivo Studenti di Milano

Obiettivo studenti

L’occupazione in corso all’Università degli Studi di Milano suscita perplessità e sconcerto: ci troviamo, infatti, di fronte ad un gesto del tutto fuori tempo e privo di un obiettivo concreto. Il DdL Moratti, piaccia o meno, è ormai definitivamente approvato dal Parlamento. La protesta, già consumata a Bologna e Torino, arriva a Milano con un ritardo sospetto. Che significato ha tutto questo? A quale scopo prendere proprio ora in ostaggio l’università milanese?

Sopra la righe, quando non apertamente faziosa, è apparsa l’attenzione di certi giornali e televisioni, che hanno rispolverato per l’occasione toni “epico-sessantottini”. Si è spacciata per protesta studentesca generalizzata un’iniziativa che nulla ha a che vedere con l’atteggiamento assunto dalla stragrande maggioranza degli studenti (che vuole frequentare le lezioni) né con la situazione universitaria di per sé. L’impressione è che in questo momento l’università milanese – dopo quelle di Torino e Bologna – serva da cassa di risonanza di problemi e tensioni politiche, locali e nazionali, in funzioni di candidature e scadenze elettorali. Non c’è da stupirsene, ma nemmeno si può far finta di niente.

Gli occupanti sono poche decine. Alcuni nemmeno studenti universitari. E, francamente, già questo è un po’ triste. Ora, se ognuno è libero di avere il giudizio che crede su questo o quell’aspetto della vita universitaria, perché però dovrebbe imporlo a tutti gli altri, arrogandosi il diritto di disporre di un luogo comune come fosse il proprio? L’occupazione, usiamo una parola appropriata, è la prepotenza di pochi che pensano, a torto, di rappresentare la volontà generale.

Lo stile degli occupanti, nonostante le buone intenzioni e la buona fede di alcuni, non si discosta da quello conosciuto (è avvenuto così anche a Torino e Bologna): chi non è d’accordo – si tratti di un singolo o di un gruppo – non è “democratico” e dunque può essere apostrofato, minacciato e anche punito, se occorre. Gli atti di vandalismo sono un contorno inevitabile, sembra.

Se quello che sta a cuore è il destino dell’università, l’urgenza di un suo cambiamento, non ce la si può cavare con slogans che suonano vecchi e soprattutto fumosi. Per cambiare l’università bisogna vivere in università, impegnarsi con i problemi reali, accettare la responsabilità di capirli e di trovare soluzioni concrete, senza trascurare quelli che sono a portata di mano. Con il pretesto di cambiare “il sistema” si sono sempre giustificate ignoranza, arroganza e sfascismo.

Il diritto allo studio, la revisione dei programmi in un assetto riformato, gli obiettivi formativi del biennio e del triennio, le Scuole di Specializzazione per gli Insegnanti (SIS), gli spazi di studio, il riconoscimento del valore delle associazioni: questi, insieme alle questioni del DdL, sono i temi urgenti che riguardano la vita degli studenti. Occorre cominciare ad occuparsene con responsabilità e concretezza. C’è gente che l’ha fatto e non ha mai smesso di farlo. Non accumuliamo gli slogans, allora, ma confrontiamo i tentativi e le soluzioni. Nella libertà.

Obiettivo studenti