«Io ho bisogno di quel sorriso»
C’è un periodo, durante la stagione estiva, in cui al Planibel non ci sono gruppi del movimento: è la settimana del Meeting. Di solito, in quel periodo, l'hotel si riempie di persone appartenenti a un gruppo spirituale un po' particolare. Spesso il rischio è quello di snobbarli, giudicarli a priori come quelli "strani", e anche noi, che siamo a La Thuile per lavorare, rischiamo di guardarli solo come quelli che riempiono l’albergo quando i "veri gruppi", quelli per cui siamo su ed è possibile lavorare bene, non ci sono. Una visione superficiale e anche un po' ipocrita ma ammetto che qualche volta anche io l'ho pensato, specialmente i primi anni.
Nel libretto degli Esercizi, a pagina 17, quando Carrón parla dello sguardo degli occhi di cielo dice: «Aconteceu, è accaduto, quando la gente meno se lo aspettava. È accaduto un fatto nella storia che ha introdotto questo sguardo per sempre». Devo quindi raccontare di Silvio. Perché Cristo, questa volta, è venuto a prendermi proprio attraverso il gruppo più sottovalutato, e per di più con un ragazzino che avrà avuto al massimo quattordici anni, disabile e costretto su una sedia a rotelle, legato con una cintura perché spesso si agita e può cadere. L'ho servito fin dalla prima sera e subito, dalla prima posata che gli ho sparecchiato, il suo sorriso e la sua attenzione per quello che stavo facendo mi hanno sorpreso. Durante la settimana, i rapidi dialoghi con lui e i suoi genitori mi ribaltavano sempre di più e facevano risuonare in me una domanda: ma come può uno in quelle condizioni essere così lieto?
L'ultima sera il padre di Silvio mi chiama e mi dice una cosa molto semplice, ringraziandomi per il servizio che gli avevo fatto e per l'attenzione con cui ero entrato in rapporto con loro: «Il nostro capo gruppo ci ha chiesto di fare un'offerta per coprire degli extra che ci sono stati e una parte l'avrebbe data in mance. Noi l'abbiamo fatta pensando a te». Sono stato molto contento, ho abbracciato e salutato tutti e sono tornato a quello che stavo facendo. Ero pieno di una buona e meritata soddisfazione, ma qualcosa strideva. Io stavo lavorando in fondo alla sala, quindi per uscire sarebbero dovuti ripassare proprio davanti a me. Lo fanno, ma Silvio con il suo abituale sorriso blocca la carrozzina, mi avvicino a lui. Lo abbraccio forte e all'orecchio gli dico: «A me della mancia non interessa, ho bisogno io di ringraziare te perché, con il tuo sorriso e con la tua faccia, mi hai fatto lavorare meglio. Io arrivavo in sala con tutti i miei pensieri, ma di fronte a te tutto acquistava un diverso spessore e allora cresceva in me a dismisura la voglia di lavorare. Di lavorare bene». Io ero commosso, Silvio pure e anche il padre, che mi ringrazia per quello che avevo detto. Poi sono tornato a lavorare. Uscendo Silvio si riferma e sorridendomi mi urla: «Marco, ti auguro di trovare tante persone come me, che ti guardino e che ti sorridano come io ho fatto con te».
Marco, Bergamo