Il Cardinale, la corteccia e i cuori che attendono

Mercoledì 28 giugno vengono creati cinque nuovi cardinali. Tra loro il vescovo di Stoccolma, monsignor Anders Arborelius. Nelle parole di chi lo ha conosciuto, un piccolo ritratto del primo porporato della Chiesa svedese. E del compito che lo aspetta

Al Concistoro ordinario che si apre alla vigilia del giorno dei santi Pietro e Paolo vengono creati cinque nuovi cardinali. Tra loro c'è il vescovo di Stoccolma, Anders Arborelius. Nato in Svizzera da genitori svedesi di fede luterana, si è convertito al cattolicesimo all'età di vent'anni. Oltre a essere il primo Cardinale della Chiesa di Svezia, è stato anche il primo Vescovo con origini svedesi ordinato nel Paese dai tempi della Riforma protestante.

Quando ci è arrivata la notizia - mi trovavo proprio in quel weekend a Stoccolma con gli amici del movimento per gli Esercizi della Fraternità - c’è stata un'immediata reazione di gioia e gratitudine. Gioia, per il rapporto che ci lega a lui, grazie in particolare alla sua lunga storia di amicizia con la nostra Antonella, la prima del movimento ad arrivare in Svezia nel 1985 e mancata due anni fa. E gratitudine, per questo nuovo e inatteso regalo del Papa alla piccola e periferica comunità cattolica svedese (circa 110mila cattolici e una sola diocesi), dopo la straordinaria visita dello scorso novembre, quando si recò a Lund, nel sud del Paese, per commemorare il 500° anniversario della Riforma luterana.



Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Arborelius nel 2014. Mi ero trasferito in Svezia da un paio di anni ed ero andato a trovarlo per regalargli l’edizione appena uscita della biografia di don Giussani scritta da Alberto Savorana. Quel giorno, nonostante mi avesse dato appuntamento per «un breve incontro», mi tenne in ufficio più di un'ora, desideroso di conoscermi e di conoscere la vita della nostra comunità. Dialogando, gli chiesi come fosse per lui, svedese, il rapporto con la gente del posto. La Svezia è uno dei Paesi più secolarizzati del mondo, con circa il 70% della popolazione che non si dichiara nemmeno atea ma semplicemente «indifferente al fattore religioso» - una vera periferia esistenziale - ed entrare in rapporto con la cultura e le persone è estremamente difficile. Non dimenticherò mai la tenerezza e la semplicità della sua risposta, che cambiò completamente il mio modo di vivere lì. E che continua oggi ad essere un punto di riferimento anche se non vivo più lì. «Non preoccuparti», mi disse: «La cultura e la società, in questi secoli, hanno semplicemente circondato le persone di una lunga serie di cortecce, come le matrioske russe. Ma in fondo, dietro all’ultima corteccia, il cuore è sempre lì, quello non lo può togliere nessuno. Anzi, non solo è lì, ma è lì che aspetta te, e quindi, quando per grazia di Dio si arriva in fondo, le persone si sciolgono. È solo questione di scavare e scavare fino all’ultima corteccia, con molta pazienza».

Riguardando in questi giorni gli appunti degli Esercizi della Fraternità, la mia mente va continuamente a quel momento. Quella che ho conosciuto quel giorno è una persona così certa di Cristo che non ha bisogno di altro, e che può quindi essere lieto e libero anche in una periferia così estrema come la Svezia. Sono veramente grato al Signore per questo grande compagno di cammino. E al Papa, per questo bellissimo regalo che ha fatto a tutta la Chiesa.

Andrea Bellavia