Il pellegrinaggio in Baviera

Da Rimini alla Germania, una via di perdono

Da una mostra al Meeting alla tomba del comandante tedesco che ordinò l’eccidio di Boves. Un cammino di riconciliazione iniziato con un gesto di 70 anni fa... Questa è la storia di due sacerdoti martiri. E di un'amicizia che continua oggi

Vorremmo raccontarvi di un’amicizia che è iniziata al Meeting di Rimini 2016, dove siamo stati coinvolti come volontari in una mostra, e che ha portato alcuni di noi a seguire quello che era accaduto in quei giorni, fino a fare un viaggio in Germania…
Ma che cosa c’entra la Germania? Bisogna fare un passo indietro. In realtà, la storia comincia a Boves, in provincia di Cuneo, il 19 settembre 1943, pochi giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre. Don Mario è il viceparroco, ha 23 anni ed è prete da 3 mesi. Viene ucciso mentre sta benedicendo un uomo colpito a morte da una pattuglia tedesca, incrociata sulla strada che percorre per portare in salvo dal paese in fiamme un’anziana, trasportandola su un carretto. Don Giuseppe è il parroco: lo uccidono senza ragioni poche ore dopo, il suo corpo viene bruciato per non lasciare prove. È riuscito, con l’amico laico Antonio Vassallo (anch’egli giustiziato), a trovare una mediazione tra la banda di “ribelli” partigiani e il comando tedesco, nella speranza di evitare l’eccidio, ma il paese non viene risparmiato. Per don Mario Ghibaudo e don Giuseppe Bernardi, morti come martiri benedicendo e assolvendo, è in corso la causa di beatificazione.

Don Mario Ghibaudo e don Giuseppe Bernardi

A Boves ha luogo, infatti, la prima rappresaglia nazista in Italia: 350 le case bruciate e 23 i civili uccisi quel giorno, a cui seguono altre vittime nei mesi successivi. Don Mario e don Giuseppe muoiono in odium fidei, ma la loro non è una storia di odio, bensì di perdono, tra le tante che durante la Seconda Guerra mondiale hanno visti protagonisti i sacerdoti cattolici. Questa è arrivata fino a noi oggi, passando per la bella mostra fotografica e documentale che, dal Meeting di Rimini dell’anno scorso, ha superato i confini nazionali.

La mostra dal titolo “Martiri per una nuova città” è stata promossa dall’associazione “Don Bernardi e don Ghibaudo” di Boves e sostenuta da un gruppo di amici di Comunione e Liberazione della comunità di Cuneo. «Da quando abbiamo partecipato come guide», spiega Simona, «è stato un susseguirsi di esperienze di bene e di amicizia, che ci hanno portati ad aderire ad un pellegrinaggio, lo scorso maggio, nella città di Schondorf am Ammesse, in Baviera, il luogo in cui il comandante tedesco Joachim Peiper, responsabile della strage, è sepolto. Lì abbiamo trovato una comunità piccola, ma vivissima e piena di fede».

Un cammino di riconciliazione che, come spiega don Bruno Mondino, parroco di Boves e fondatore dell’associazione, «è cominciato quel giorno stesso, il 19 settembre 1943, con il gesto di don Bernardi che, già ostaggio del comando tedesco, va a pregare e benedire la salma del soldato germanico Willy Steinmetz, ucciso nello scontro. È stata quella la prima pietra del cammino su cui oggi ci troviamo. Una pietra che poggia sicura sulla roccia del perdono di Dio».
Continua Simona: «Con una ventina di persone, io e la mia famiglia abbiamo intrapreso un viaggio in pullman di dieci ore. Ad accoglierci c’era un piccolo coro di giovani che provava i canti per la messa con una cura molto simile all'esperienza che da sempre viviamo nel movimento». Poi, la preghiera in contemporanea con la comunità di Boves, a seicento chilometri distanza, «nella memoria dei due sacerdoti che, settant’anni fa, hanno gettato un germoglio di cui ora vediamo i frutti». «Arrivando in quei luoghi e sperimentando la fraternità con gli amici tedeschi», aggiunge il marito Stefano, «era evidente che dalla radice del sacrificio dei nostri due preti è nata una pianta di amicizia e perdono, tra due popoli che si sono fatti la guerra».

Tra gli italiani, a Schondorf c’erano anche due nipoti di don Mario. È stata grande la commozione quando, sulla tomba di Peiper, hanno recitato il Padre Nostro e nella preghiera personale hanno affidato la propria responsabilità nel «testimoniare alle generazioni future quello che lui ci ha lasciato: la gioia di vivere è piena solo se è donata, a qualunque costo. Siamo qui per condividere una preghiera per la pace e la fraternità tra tutti i popoli. E quando la fatica di perdonare sembra prevalere, il suo ricordo ci sostiene».

La mostra al Meeting di Rimini 2016

Anche per i tedeschi il passato è una ferita molto grande, ma la possibilità di un’amicizia gratuita e imprevista, arrivata dall'Italia, ha abbattuto i muri. Nella parrocchia di Sant’Anna, da un po’ di tempo, è nato il gruppo “Boves Kreis”, che ogni 19 del mese si ritrova per pregare in unità con Boves (dove arde la lampada per la pace) e per studiare la lingua italiana. A monsignor Weiss Heinrich, di Sant’Anna, è stata donata una lampada gemella: «In italiano», ha detto, «voi usate l’espressione “Adorate Dio…”, noi diciamo: “Tenete stretto in voi Dio, abbracciatelo”. È quindi questo l'augurio che faccio, di averLo davvero sempre con noi e in noi». È arrivata anche la richiesta, da parte del “Boves Kreis”, di avere una reliquia dei due sacerdoti una volta terminata la causa di beatificazione.
«Ogni momento passato con questi amici, sia italiani che tedeschi», continuano Simona e Stefano, «è stato per noi l’esperienza di Dio. Il mistero si è manifestato in questo modo impensabile e gratuito. Davvero questi due sacerdoti hanno già compiuto il miracolo necessario per diventare beati: quello di una riconciliazione impossibile agli uomini, ma possibile a Dio».

Il pellegrinaggio è un’esperienza che continua a segnare la quotidianità: «Ci portiamo in cuore questo viaggio, iniziato al Meeting, come un momento di fede vissuta, in cui ognuno di noi gioca la sua libertà e il suo desiderio. Vediamo quali grandi opere può fare Dio che conquista il cuore di tutti - e soprattutto il nostro - in una storia passata, eppure nuova adesso». Il titolo del prossimo Meeting tratta dal Faust di Goethe riassume quanto che sta accadendo a Boves: «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo».

Carla, Cuneo