Le vacanze possono essere tutte come oggi?

La gita di "fine anno" della comunità di Treviso. In 200 in Laguna «tra terra e cielo», per trovare gli amici sull'isola di Pellestrina. I legami di sempre, le persone mai viste, la bellezza, i dolori... E il ritorno a casa. «Di cosa abbiamo nostalgia?»

Nella nostra comunità è tradizione fare un momento di festa all’inizio del periodo estivo, una sorta di “Giornata di fine anno”. Questa volta, la proposta è una gita nella Laguna di Venezia e nell’Isola di Pellestrina e oltre duecento. Quasi il doppio dei soliti numeri. Molti invitati sono amici di lunga data, colleghi incuriositi o cari parenti. Un po’ stupiti, percepiamo tutti la nostra responsabilità: «A che cosa li abbiamo invitati? Che cosa ci attendiamo da questa proposta? A cosa siamo tesi?». Perché sia il più possibile un gesto vissuto assieme, cerchiamo di curare al meglio l’organizzazione.

Ma accade molto di più che un evento ordinato. Lo vediamo nello spettacolo che brilla nei volti durante il viaggio di ritorno: una familiarità diversa dal solito. Sia tra gente che si conosce da una vita, per la quale l’altro era ormai scontato nel suo carattere, nella sua storia, nel suo esserci; sia con persone nuove, che sembra di aver avuto da sempre come compagne di cammino. Che cosa è accaduto?

Partiamo dal fatto più semplice e visibile. Tutti e duecento in orario - d’altronde, quando il cuore attende, ci si muove con più decisione -, a bordo di una bellissima barca turistica partiamo alla volta di Venezia. La giornata è delle migliori, i temuti temporali dei giorni precedenti hanno reso terso il cielo e fresca l’aria. Tutto conferma la bella espressione dello storico Giulio Zennaro: in questo luogo «i colori del cielo trovano risposta in terra nei colori della laguna». Il cuore non può che aprirsi.



Iniziamo con le parole di don Giussani lette da don Julián Carrón all’inizio degli Esercizi della Fraternità, poi l’Angelus. Avanzando tra i canali, cominciano a comparire una dopo l’altra le diverse isole. E, infine, Venezia. Veniamo introdotti alla bellezza grazie alla voce che dall’altoparlante della barca ne spiega la storia: la formazione di isole che non sono né terra né cielo; la vicenda dei profughi romani che secoli fa trovarono rifugio in laguna scappando dai barbari e facendo di quella crisi l’occasione di una grande opera; gli eventi della vita del popolo e del rinnovarsi di una fede che genera opere, come le bellissime chiese del Redentore, di San Giorgio, di San Marco e l’accoglienza degli Armeni nell’isola di San Lazzaro.

Dopo un’ora di viaggio, ecco comparire l’isola di Pellestrina, con le sue case colorate e gli amici della comunità del posto che ci attendono salutandoci dalla riva. Subito andiamo al Santuario della Madonna dell’Apparizione e lì celebriamo la messa di fronte al quadro della Vergine, il cui miracolo degli occhi e le numerose grazie elargite confermarono l’autenticità dell’apparizione, nel 1716. Sul catino dell’abside un affresco ritrae l’incontro tra il veggente e la Madonna, che parlandogli lo prese per la mano, come una madre premurosa. La messa richiama tutti all’essenziale: «Chi ama padre e madre più di me non è degno di me… Chi avrà perduto la propria vita per causa mia la troverà». Ancora una volta si ripropone la domanda: «Chi attendo? Per chi batte il mio cuore? Chi mi fa vivere?».

Il pranzo di pesce all’Associazione remiera sorprende tutti, per la bontà e la cura: «Ma chi ha fatto tutto questo?». Il clima da festa popolare si snoda tra canzoni in dialetto e lotteria. Senza forzature, dopo una canzone locale dedicata alla Madonna, si crea il silenzio per ascoltare la testimonianza degli amici di Chioggia. Sono partiti per aiutare i monaci di Norcia colpiti dal terremoto e sono tornati commossi per aver scoperto, come dice papa Francesco, che «questa povertà è necessaria perché descrive ciò che abbiamo nel cuore veramente: il bisogno di Lui. Perciò andiamo dai poveri, non perché sappiamo già che il povero è Gesù, ma per tornare a scoprire che quel povero è Gesù». Che gratitudine si percepisce per una compagnia che ci richiama a questo! Lo testimonia un’amica di Pellestrina raccontando del marito che nella fase terminale della sua malattia insisteva perché lei rimanesse fedele al versamento del Fondo comune come gesto di gratitudine per la grazia del movimento: «Questo è l’insegnamento più caro che mio marito abbia lasciato a me e alle mie figlie».

La stessa gratitudine la esprime anche una coppia della nostra comunità che proprio in questo giorno festeggia il venticinquesimo di matrimonio: «Anche se le vicende della vita ci hanno portato lontano dalla nostra città e oggi nessuno degli amici presenti 25 anni fa ha potuto esserci, non c’è ora un’altra compagnia oltre a questa in cui vorremmo essere, perché è segno della fedeltà di Colui che non ci ha mai lasciati». Ma com’è possibile che tutto possa stare così unito? Preghiera, festa, gita, dolore, bellezza... Colmi di una bellezza sorprendente torniamo a casa, alcuni confessando una certa nostalgia. Di che cosa? Di chi?

Ecco: al fondo di tutto, è accaduto qualcosa di più che un evento ben organizzato. Questa giornata è stata uno spettacolo perché tutti ci siamo sentiti oggetto di una preferenza assoluta: la bellezza che ho visto è per me, la persona che ho vicino è per me, la storia è per me, la celebrazione della messa è per me, il pesce e i canti, la testimonianza degli amici e ciò che accade all’altro… sono per me.
Una coppia di amici, che per la prima volta veniva con noi, aveva litigato il giorno prima, ma proprio questa giornata ha permesso loro di ripartire. Il giorno dopo, un’amica ha dovuto affrontare la morte della sua giovane zia e ha confidato che non avrebbe mai potuto vivere con speranza questo lutto senza ciò che aveva visto il giorno prima. Questa pertinenza alla vita, questa preferenza verso di me, chi può generarla?

La nostra Fraternità e il carisma che la alimenta ci introducono all'Artefice di tutto questo. Cristo vive e viene incontro a me in una realtà umana e mi ridona salvezza: una preferenza di amore che rigenera, tanto che qualunque cosa io possa aver fatto fino ad un secondo prima non impedisce a Cristo di operare.

Possono essere le vacanze un tempo per sperimentare ancor di più questo? Colmi del nostro bisogno e con gli occhi pieni di quel che abbiamo visto, camminiamo in questi mesi attendendo il cenno della Sua presenza. Questa salvezza rimane ora interessante per me?
Samuele, Treviso