Mazzin di Fassa. Una settimana da "io"
Canazei, 16 agosto. Più o meno le 11 del mattino. Nella piazza davanti al Municipio tutto sembra normale: i turisti che si fermano davanti alle vetrine dei negozi, i tavolini dei caffè frequentati dai clienti, il cielo azzurro e sereno sopra il Sassolungo. E poi, improvvisamente, la piazza si anima: un piccolo gruppo di persone apparentemente incontratesi "per caso" cominciano ad intonare un canto di montagna. A mano a mano, al piccolo coro iniziale si uniscono altre persone, sempre più numerose e provenienti da ogni angolo della piazza. Bambini sulle spalle dei genitori, ragazzi di ogni età, famiglie intere e adulti che, fino a poco prima, sembravano turisti qualunque. Sulle magliette di ciascuno una scritta: «Non desideriamo altro che seguirlo». Tutti insieme, alla fine, intonano Signore delle Cime.
Pensato per invitare più gente possibile alla rappresentazione dello spettacolo teatrale I due di Emmaus, che si è poi svolto quella sera in un teatro di Canazei, il flashmob nella piazza più frequentata della Valle di Fassa è stato solo uno dei numerosi momenti intensi e coinvolgenti della vacanza che, a Mazzin, ha visto coinvolti quasi quattrocento amici nella settimana centrale di agosto.
Consegnando il volantino ad un passante, uno dei “cantori” si è sentito chiedere: «Ma chi non desiderate altro che seguire?». «Gesù». «Allora stasera vengo a teatro». Un episodio semplice, quasi banale. Ma che rappresenta bene che cosa è stata questa vacanza. Ricca di una familiarità sorprendente ed imprevedibile, ancora più stupefacente se si considera che i partecipanti provenivano da diverse parti d’Italia e che non appartenevano ad una unica comunità. Anzi, molti non si conoscevano nemmeno. Venivano da Belluno, da Padova, da Abbiategrasso, da Carrara, da Cuneo, da Arona, da Pavia e perfino dalla Sardegna.
La cosa che più ha colpito tutti, e che si leggeva negli occhi di chi si salutava prima di lasciare l'albergo, è che l'eccezionalità di questi giorni non era data dalle testimonianze – pur bellissime – che qualcuno aveva fatto o da fatti eccezionali che erano successi. L’eccezionalità si era percepita nella quotidianità dei rapporti, in una normalità in cui chiunque si incontrava – a tavola, sul sentiero della gita o nel tempo libero – diventava inaspettatamente amico e testimone.
Una eccezionalità evidente nelle facce di chi si salutava alla partenza sabato mattina, nel video “per camminare insieme” che il direttore dell'albergo, il cuoco ed i camerieri ci hanno inviato a fine vacanza, o nel fatto che mai nessuno ha avuto il problema di “con chi mangiare a cena”, perché bastava sedersi ad un tavolo e aspettare chi si sarebbe aggiunto per avere, certamente, un incontro interessante. E poi dai giochi, spesso zona franca dove scatenarsi e che invece hanno visto le quattro squadre mettersi d'accordo per fare insieme lo spettacolo finale. Il cui titolo era: “Ecco, faccio una cosa nuova: non ve ne accorgete?”. O dalla serata dedicata ai canti, dove sono emersi perfino insospettabili talenti canori. O dalla faccia sorridente di Patrizia, circolata su Whatsapp fra alcuni amici il lunedì successivo: lei, che per la prima volta era andata a una vacanza del genere, l’ultimo giorno si è rotta il malleolo cadendo. Avrebbe avuto tutti i motivi per giudicare questi giorni come un disastro. Ed invece scrive: «Sono andata in sala operatoria con molti dei vostri volti stampati negli occhi e sono veramente grata della vacanza. Sto anche imparando a voler bene ai miei amici in modo vero e libero. Che pace vivere affidati così!».
Massimo, Abbiategrasso#VacanzeCL