«Non chiamatele "vacanzine"»

Pochi giorni fuori dalla vita quotidiana, con molte persone, anche sconosciute, orari da rispettare e montagne imponenti. Ma anche un tempo "privilegiato", per fare i conti con sé. E capire di cosa abbiamo davvero bisogno

Strano che le si chiamino “vacanzine”; è un diminutivo che non fa onore a ciò che sono. Io le chiamerei le super vacanze o le Vacanze con la V maiuscola perché le vacanze normali, quelle che poi si fanno in famiglia (benedette pure quelle), impallidiscono di fronte a loro. Cos’hanno di così grande? Cosa ho fatto quest’anno di così epico? Le stesse cose degli altri anni (e vado in vacanzina dalla terza elementare, e di anni ne ho 53) e allora cosa è successo? È successo che ho vissuto ciò che don Giussani diceva delle vacanze: “momento privilegiato”.

L’ho capito quando ho messo piede in casa mia, una volta tornata dalla vacanza della mia comunità di Buccinasco. Sì, perché la bellezza delle vacanze, sta nel fatto che poi si torna a casa, a lavorare. Che ti siedi davanti al tuo pc, che entri in reparto, che fai le lavatrici, che accudisci un amico malato, che ti dedichi ai tuoi figli. Vacanza “momento privilegiato” perché quello che accade in vacanza non è la realtà vera (e meno male che non è così) o meglio è realtà anche quella, ma i tempi e i modi dell’agire sono così diversi dalla realtà quotidiana che ti senti come su un altro pianeta. Cosa accade allora in quei pochi giorni? Che è possibile togliersi di dosso tutti gli orpelli della vita quotidiana, mettersi a nudo davanti al proprio desiderio, farci i conti una buona volta e vivere Cristo come l’unico, il solo che soddisfa, riempie ogni spazio del mio desiderio, e capire che ogni mio desiderio è desiderio di Lui.

Ecco, la vacanza “momento privilegiato”; infatti vivo diversamente dal solito, sto con tante persone, faccio la fatica di rispettare i tempi, in un contesto spettacolare di montagne millenarie, compio azioni che non farei se fossi rimasta a casa; non c’è modo migliore di questo per domandare apertamente la soddisfazione di me, là dove c’è l’Unico che me la può dare. Non perché sono al centro dei giochi, ma perché gesti e azioni sono pensati e svolti perché io mi sveli, che guardi il mio bisogno di felicità senza fine. Allora al termine di queste giornate arrivo stanca, sì ma di guardare, di ascoltare, di paragonare, di immedesimarmi, di aver stretto mani, di essermi presentata a persone che non conoscevo, o di incontrare chi non vedevo da mesi.

Vacanza, “momento privilegiato” in cui posso stare finalmente con l’Amore della mia vita. Ecco l’esperienza della vacanza della comunità. Allora mi permetto un suggerimento: non più vacanzine, ma Momento Privilegiato.

Laura, Buccinasco (Milano)