«Non era un "fastidio", era una domanda»
Un amico, convalescente per un intervento molto serio, continuava a mandare messaggi sollecitando aiuti da inviare in Ucraina. Questi messaggi un po’ mi infastidivano, perché erano numerosi, insistenti e molto lunghi. Poi ho pensato: «Ma guarda, pur stando così male, si capisce per cosa batte il suo cuore!». E mi sono chiesta: e il mio cuore per cosa batte? Più che battere, corre ansiosamente dietro a mille preoccupazioni di lavoro e gestione della casa. Però mi è anche balenato in mente un articolo di Avvenire dove si raccontava che Papa Francesco aveva lanciato una raccolta di maglie termiche per l’Ucraina. Ho pensato: «Questo è facile, lo so fare».
Nei suoi messaggi, l’amico diceva - riprendendo una frase di Rose che lavora in Uganda - che iniziare qualsiasi gesto senza un’Ave Maria è come partire con una gamba rotta. E così ho fatto: ho recitato la preghiera alla Madonna e ho cominciato a condividere l’idea con alcuni amici. Ancora prima che l’abbozzo del progetto avesse preso forma, in 48 ore mi erano già arrivate offerte per quasi cinquecento euro.
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Man mano che si procedeva, vari problemi emergevano: maglie usate sì, maglie usate no, comprare in negozio, comprare online, portarle in Vaticano o spedirle tramite corriere, eccetera. Ogni passo chiedeva la fatica di abbandonare lo schema precedente, includere nuovi imprevisti, condividere e accettare che il mio punto di vista non era sufficiente, che lo sguardo e il contributo degli amici era necessario. Questo mi ha dato molta libertà e molta energia. Ogni cosa è stata un “miracolo”: il parroco che ci ha consegnato le offerte ancora da destinare, gli sconosciuti che mi hanno inviato contributi su Satispay, l’amica a letto per un problema di salute che ha curato le operazioni fiscali e bancarie, il negozio che ha fatto l’impossibile per far giungere in tempo il materiale in Vaticano. Si sa, sotto le feste i corrieri vanno in tilt e sono più cari: le nostre seicento maglie sono arrivate puntuali e gratuitamente. Ho imparato che quel “fastidio” iniziale era una domanda, e che le domande vanno prese sul serio. Che il mio lavoro va affidato e che va anche condiviso. Che così facendo è molto meno stressante. E infine, con tutto quello che ci ho guadagnato, sono gli altri che ringraziano me.
Silvana, Lugo di Romagna (Ravenna)