Maturità. «Più immersa in quello che vivo»

Una ragazza torna da una convivenza-studio di quattro giorni e raggiunge i compagni di classe al pranzo di fine anno. Ma una tristezza la assale: «Perché ho sentito così forte la differenza?»

Mentre ritornavo dalla convivenza di quattro giorni con i maturandi delle Marche, prima dell’assemblea finale con don Gigi perché avevo il pranzo di fine anno con i miei compagni di classe, già pensavo a come vestirmi e a cosa preparare per i miei amici; ma all’improvviso mi ha assalito una grande tristezza, tanto che ho pensato: «Li "pacco" e ritorno indietro alla convivenza».

Eppure prima ero tranquilla. E anche dove stavo andando ci sarebbero stati degli amici che tengono alla mia presenza lì ad aspettarmi. Allora perché ho sentito improvvisamente così forte la differenza?

Nel frattempo, avevo “messo su" un cd di Fulminacci ed era arrivata la canzone che dice: «Non dico che sono maturo, ma solo più immerso dentro quello che vivo». Cavoli! La differenza è tutta lì.

Alla convivenza ho incontrato persone che guardano in maniera più seria il mio esame e il mio futuro, che non lo riducono a una cosa che semplicemente "va fatta", quindi cerchiamo di farla in fretta per essere poi liberi. Spesso, quando parlo dell’esame e dell’università con i miei compagni, io per prima ho proprio quello spirito: bisogna levarsi di torno, il prima possibile, l’esame di maturità e scegliere l’università. Così è una roba fatta e non ci si pensa più.

Riflettendoci, però, la serietà che ho visto in alcuni adulti mi ha un po’ commosso: primo, perché mi sembra impossibile che qualcuno che non siano i miei genitori ci tenga così tanto a me; secondo, perché è una cosa che spesso non ho neanche io, così come i miei coetanei o la maggior parte dei miei professori.

Era un pensiero che mi è venuto; poi ho ripensato a una cosa che ci ha detto Michele sull’importanza di giudicare le cose. Mi è piaciuta molto e ho pensato che poteva essere utile scriverlo.
Elisa