Il viaggio di una comunità viva

Un pellegrinaggio dalla Brianza a Dresda, in Germania, organizzato dal centro culturale “Umana Avventura” di Seregno per contemplare la Madonna Sistina di Raffaello. E riscoprire l'«umano nell’uomo»

Martedì 4 giugno, alle 4 di mattina, con il centro culturale Umana Avventura, in compagnia di alcuni amici incontrati nella nostra città, Seregno, siamo partiti per Berlino, con destinazione finale Dresda. La recente pubblicazione del libro di Giovanna Parravicini intitolato La Madonna Sistina di Raffaello: icona di umanità tra nazismo e stalinismo ha infatti offerto a tutti noi l’occasione di promuovere e intraprendere un viaggio per “incontrare” quest’opera, che è conservata nelle collezioni della Gemäldegalerie Alte Meister, la Pinacoteca degli antichi maestri.

Perché tanto interesse per questo dipinto, o meglio, per questa icona sui-generis? La Madonna Sistina, realizzata nel 1513, è uno dei principali capolavori dell’arte occidentale nonché una delle opere più belle di Raffaello. Durante la seconda guerra mondiale è stata più volte spostata, finendo anche in mano russa, prima di tornare alla pinacoteca di Dresda. E sono molti gli autori russi che le attribuiscono grande valore. Per la cultura russa, infatti, questa immagine è sempre stata molto più che un capolavoro artistico: non solo un quadro, bensì «una visione creata non per gli occhi ma per l’anima», come la definì il poeta Vasilij Zukovskij.

Quando nel 1955 il dipinto venne esposto al museo Puskin di Mosca, prima di essere restituito alla Germania a cui era stato sottratto come bottino di guerra, la Vergine e il Bambino divennero il volto di milioni di vittime innocenti, un segno, così disse lo scrittore Vasilij Grossman, dell’«umano nell’uomo». E fissando lo sguardo della Madonna Sistina continuiamo a credere che vita e libertà siano una cosa sola e che non ci sia nulla di più sublime dell’«umano nell’uomo».

Tutto ciò ci è sembrato talmente contemporaneo, e sfidante per ciascuno di noi così come per i nostri fratelli uomini, che abbiamo deciso di intraprendere quello che, in realtà, non è stato solo un viaggio, ma un vero e proprio pellegrinaggio per incontrare questa immagine che ancora oggi interroga molti. Abbiamo voluto “giocare” questa proposta pubblicamente nel paese in cui viviamo perché, in questi anni, abbiamo sperimentato che la presenza di un centro culturale è significativa se è la presenza di una comunità e dell’unità vissuta, almeno come consapevolezza, in un luogo, come può essere un determinato ambito di paese.

La cultura è una necessità intrinseca alla presenza della comunità in quanto tale, che altrimenti non sarebbe vera e viva. Non sarebbe quel luogo di incontro che, invece, è e che può attrarre chi vive al nostro fianco per le più svariate ragioni, con il metodo di andare a fondo di ogni cosa: conoscere e ascoltare per giudicare, consapevoli che la ricerca della verità riguarda tutti gli uomini e fa nascere domande. È questo il contributo che abbiamo condiviso anche al presidente della Fraternità, Davide Prosperi, durante la recente assemblea nazionale dell’Associazione Italiana Centri Culturali a Milano.

Per tutti questi motivi abbiamo voluto compiere un pellegrinaggio, ossia un gesto comunionale che ci ha permesso di incontrare, non solo discorsi, ma momenti reali di condivisione della vita; momenti che ci hanno permesso di confrontaci con uno sguardo di bellezza. A Dresda, oltre alla Madonna Sistina, abbiamo visitato, con nostra grande sorpresa, le spoglie del beato Alois Andritzki che si trovano nella cattedrale cattolica: un sacerdote, martire, ucciso con un’iniezione letale nel lager di Dachau per via della sua fermezza nella ricerca della verità, sfidando il potere del regime nazionalsocialista.



Questa è l’originalità della nostra amicizia, questa è l’originalità della vita di un centro culturale: la coscienza della nostra identità così come di ciò che dà dignità alla persona in ogni circostanza della vita, grande o piccola che sia. Ed è proprio questo che ci fa appassionare a tutto e a tutti, senza sottrarci al giudizio tra di noi né a quello di chi incontriamo. È un’esperienza che non si ferma all’apparenza ma vuole andare al fondo di tutto. Perché è evidente che la cultura non è mai riducibile al “pallino” di qualcuno, ma è parte della vita, e cresce dentro le circostanze che vivono tutti gli uomini, dai rapporti all’educazione, dall’arte al lavoro, dalla musica all’attualità.

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Dopo i bei giorni vissuti insieme e con almeno la percezione del valore della coscienza di quanto abbiamo provato a descrivere, vorremmo ora promuovere una grande mostra pubblica di icone, a sostegno della pace, in collaborazione con Russia cristiana, e che avrà come titolo una frase del santo russo Sergio di Radonež: «Vinciamo l’odiosa divisione del mondo contemplando la Santa Trinità». Una mostra che vuole evidenziare, attraverso le icone, come i valori cristiani possono essere una via per la pace.

Tutto ciò avverrà con il coinvolgimento della chiesa locale e delle persone che hanno condiviso con noi il pellegrinaggio alla Madonna Sistina. Perché – ed è importante per noi sottolinearlo ancora una volta – fare cultura significa mettere al lavoro, non solo sé stessi, ma chi si incontra, così che il desiderio di bellezza e verità possa idealmente raggiungere tutti.
Carlo, Seregno