Vacanze GS. Il segreto della vita

Tempo di "vacanzine" per tante comunità di ragazzi delle superiori del movimento. Due lettere, una da Milano e una da Brescia, ne raccontano la bellezza. E ciò che questa può generare

Sono da pochi giorni tornato dalle vacanze con un gruppo di Gioventù Studentesca di Milano e la letizia per quello che ho visto rende lieti i miei primi giorni di ferie. Letizia per una compagnia sincera ed operativa tra gli adulti, frutto di una stima previa per ciascuno e una passione educativa attenta e fedele ai ragazzi. Letizia nel vedere fiorire negli sguardi di tanti ragazzi un’apertura alla realtà, agli altri e a se stessi nuova e inaspettata. Un ragazzo di Portofranco (realtà di aiuto allo studio, ndr) invitato all’ultimo ne è l’emblema: non conosceva nessuno, il suo sguardo spaesato alla partenza si è trasformato piano piano nei giorni successivi in un sorriso aperto e sincero frutto del coinvolgimento semplice e totale con quanto veniva proposto.
Al ritorno, la mamma mi ha scritto: «Gentilissimo professore, mio figlio è tornato da Pila con un cuore nuovo, sensibile e compassionevole. La ringrazio di cuore per questa profonda esperienza di condivisione e di amicizia e le chiedo la cortesia di ringraziare per me anche i suoi colleghi».
Non sono mancate le fragilità sempre più pronunciate e diffuse nei giovani, ma sono state portate con dignità dai ragazzi stessi, certi che comunque in questo luogo c’è qualcosa di decisivo che li aiuta ad affrontare anche le loro fatiche perché accompagnate con realismo e costante attenzione dagli adulti.
Ma quello che più mi ha commosso è stata la testimonianza degli universitari e ciò che ha suscitato in domande e richieste di amicizia tra i ragazzi. Tanti i passi toccati: l’amicizia, lo studio, le fatiche, il dolore e la morte. Non dimenticherò mai quello che uno dei due ha detto parlando della morte di suo padre come avvenimento decisivo per la sua vita: «Durante il funerale fissavo la bara, ma ad un certo punto ho visto che mia madre con il volto trasfigurato dalle lacrime guardava il sacerdote, quelli che cantavano, i presenti e mi “intrigava” (ha detto proprio così) di più seguire quello che lei vedeva piuttosto che stare solo davanti alla bara. Da lì è iniziato un percorso che non elimina il vuoto della morte di mio padre, ma mi porta a dire che grazie agli amici che ho incontrato e a quello che vivo sono felice». Questa semplicità è il segreto della vita. Guardare a quello che c’è come più decisivo rispetto a quello che manca.
Mi è tornato in mente quello che ha detto recentemente Davide Prosperi: «L’ inganno è lasciarsi tirare giù dai vuoti che abbiamo invece che poggiare sul Pieno che abbiamo incontrato. E questo è vertiginoso».
Per la mia vita desidero questa vertiginosa semplicità che ho visto riaccadere in questi giorni.
Alberto, Milano


La vacanza è finita da pochi giorni e la malinconia inizia a crescere nel mio cuore e in quello degli altri. Mi trovo ancora assetato della grandezza divina che si è palesata davanti ai nostri occhi tramite le gite, i giochi, gli incontri e il semplice stare insieme di cui non posso più fare a meno. Nonostante sia stata la mia prima vacanza di Gioventù Studentesca sono stato accolto e voluto bene come mai mi sarei aspettato. Non ho dovuto dimostrare niente a nessuno e non ho dovuto preoccuparmi di essere all'altezza per essere accettato. Mi sono “lanciato” a far parte della band delle serate e nel coro della messa senza tener conto della mia inesperienza nel campo musicale. Sono stato voluto bene perché per gli altri ero un dono.
Ogni istante rimane vivido nella mente, ma alcuni episodi in particolare mi hanno colpito. Come le serate nelle quali ho suonato: vedere i ragazzi scatenarsi in maniera così viva nel ballo e nel canto mi ha lasciato di stucco; le gite sono state una più bella dell’altra e la fatica è stata ricompensata dagli spettacolari paesaggi; i giochi sono stati caratterizzati da uno spirito di squadra e dedizione che mai avevo visto, riuscendo a riempire di gioia e felicità tutti i ragazzi. Ma ciò che resta di più nel cuore sono stati i due incontri. Il primo con una coppia di sposi, Paolo e Teresa, che ci hanno raccontato la loro vita coniugale fatta di sostegno reciproco, il secondo con un gruppo di ragazzi che ci hanno presentato alcune poesie facendoci percepire la passione che li aveva presi nel leggerle, in paragone alle loro esperienze.
Ogni momento è stato unico e pieno, tanto da farmi sembrare di aver trascorso lunghi mesi in quel posto e non solo cinque giorni. Ogni istante mi ha dato man mano la consapevolezza che questa bellezza nasce da Qualcuno di più grande. Ho scoperto per la prima volta il “Tu che domina”, come l’ha definito Paolo, nella mia vita. Ho avuto per la prima volta la certezza della presenza di Cristo. «Sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: più in là!», leggendo una mattina questa poesia di Montale mi sono accorto che la grandezza che avevo visto era solo una minima parte di ciò che Dio sta mi preservando. Improvvisamente mi sono sentito piccolo e spaventato di fronte a questa enormità che non potevo nemmeno immaginare. Non capivo tutto di quel che sentivo e vedevo eppure sapevo che la cosa importante era seguire la grandezza e la bellezza incontrata. Così non potevo fare altro che rimanere affascinato e seguire questa meraviglia eterna.
Matteo, Brescia