Quella proposta che abbraccia l'attesa

La sorpresa per un'esperienza che riempie di senso e gusto la vita. Lo stupore per tanti momenti di pienezza vissuti insieme. Istantanee dalle vacanze delle comunità di GS di Marche e Cesena

La vacanza di Gioventù Studentesca delle Marche, con 150 ragazzi, dal titolo “La vita è promessa”, è iniziata con la provocazione di due studenti di prima e seconda superiore. Francesca ha raccontato che quando ha ricevuto la pagella dalla media eccellente, si è chiesta: «Tutto qui? Dov’è la soddisfazione che mi aspettavo per tutto l’impegno che ho messo nello studio?». Nei primi giorni di vacanza, in completa libertà, ha provato la stessa amarezza e lo stesso senso di vuoto. Pietro, seconda superiore, ha parlato dell’invito a un gesto di caritativa: far compagnia agli anziani di una casa di riposo. Nel rapporto con una signora ospite della struttura, Pietro ha iniziato a rendersi conto che il gusto della vita non sta tanto in quello che si fa e si dona - che il vuoto non lo riempiamo noi -, ma nel ricevere e aprirsi a una proposta che abbraccia e riempie di senso. La strada della vacanza era segnata: la vita attende qualcosa di grande; aprendo gli occhi, possiamo accorgerci del nostro infinito bisogno e dei segni di una Presenza che lo abbraccia.

Le gite, in particolare quella nelle buie gallerie del Lagazuoi scavate dagli alpini durante la Prima Guerra mondiale, ci rendono pieni di silenzio e di attenzione. Nel cammino, il cuore è proteso al compagno che abbiamo vicino, all’ordine della fila, all’immedesimazione con la sofferenza dei soldati. Fino a scoprire quando si esce la bellezza delle cime e del cielo.

«Quello che il cuore cerca, c’è», è stato il centro della presentazione del Miguel Mañara di Milosz, fatta da Gilberto Santini in dialogo con una decina di ragazzi e della testimonianza di Matteo Severgnini. Seve - come tutti lo chiamano - ha colpito i ragazzi, quando ha raccontato, attraverso alcuni episodi della sua vita, che l’aridità e il suo non senso di vivere, sono stati abbracciati da volti precisi, segno di Cristo che bussa continuamente alla nostra porta: il preside delle superiori, don Pino e gli amici dell’università, Rose e le donne ugandesi...

Dopo questi due momenti, i ragazzi hanno cercato Gilberto e Matteo per chiedere e confrontarsi, percependo la grandezza di una proposta incarnata in un volto presente.
Intensa è stata la serata di canti gospel, che il coro di GS ha preparato con un amico musicista umbro, Gabriele: anche nelle circostanze più drammatiche, come quelle degli schiavi in America, le parole dei canti indicano una speranza presente. Inoltre ha colpito molto la serata organizzata da alcuni ragazzi, la maggioranza venuti per la prima volta, con Paola, che hanno voluto verificare come questa promessa di vita fosse presente in tanti film: da Forrest Gump a Kung Fu Panda.

In vacanza, c’erano diversi adulti non insegnanti, venuti perché colpiti dall’amicizia del gruppetto di responsabili che con don Gigi segue la comunità di GS e provocati dalla vita dei ragazzi. Come racconta Annalisa, segretaria amministrativa di un’orchestra nelle Marche: «Sono venuta perché ho incontrato dei giovani e degli adulti che mettono a tema direttamente, senza filtri, le esigenze e le domande del loro cuore». Così è per Maurizio che ha cucinato per il gruppo di GS di Fermo, per Emilio, Antonella...

A volte si sente dire che le vacanze di GS siano stancanti per gli adulti, da uscirne esausti. Noi abbiamo fatto l’esperienza opposta: un riposo e una rigenerazione del cuore. Non siamo precettori o controllori, ma camminiamo insieme. Spesso i ragazzi vivono “due vacanze”: una fatta dalle attività e dai gesti proposti “ufficialmente” e l’altra delle “notti insonni” e dei loro affari personali. Abbiamo visto che quando c’è una proposta, non definita da discorsi e regole, che coinvolge il cuore dei ragazzi, questo scollamento tra "comunitario" e "personale" è sempre più vinto.
Nicola, Ancona


Ogni anno, prima di partire per la vacanza di Gioventù Studentesca, è un po’ come essere sulla barca insieme a Gesù, in mezzo alla tempesta. Mille preoccupazioni: per gli alunni nuovi invitati, per quelli che non hanno minimamente idea di cosa sia una vacanza in montagna, per la logistica di un gruppo di centocinquanta persone, per la responsabilità che si sente anche verso i genitori… e per gli anni e gli acciacchi che aumentano e tanto altro.

Poi si parte e tutto cambia perché è impossibile stare dietro a ogni cosa e l’unico pensiero è: «Speriamo ci pensi Lui a tutti questi ragazzi» e puntualmente accade qualcosa di misterioso e sorprendente: c’è Qualcuno più grande di noi che guida e accompagna tutta la vacanza.

I gesti mi sorprendono come fosse la prima volta: i ragazzi di Milano che raccontano cosa abbia voluto dire per loro andare a fondo delle canzoni di Marracash; quel “per sempre” raccontato da Enrico Craighero nel rapporto con sua moglie; la messa in scena del Miguel Mañara che fa emergere tante domande sul rapporto affettivo; le gite e i giochi che coinvolgono e fanno esplodere di gioia anche chi di solito rimane più in disparte; l’assemblea vivace con Giovanni Grandi. Ma è a casa che comprendo come questi giorni hanno segnato i ragazzi.

Una ragazza mi ha scritto: «Viviamo in una società dello spettacolo, dove ciascuno assume contemporaneamente il ruolo di protagonista e spettatore. Creiamo contenuti e li mettiamo a disposizione degli altri, mentre al contempo ci dilettiamo a fruire di ciò che gli altri condividono. In questo contesto, a nessuno è negato il proprio quarto d’ora di celebrità. Quando osserviamo le storie su Instagram, abbiamo l’impressione che i momenti immortalati dagli altri riflettano una felicità e un entusiasmo che mancano nella nostra vita. La vita altrui sembra emanare un senso di unità che percepiamo come assente nella nostra esistenza. In particolare, in questo periodo, mi sento come se non stessi procedendo nella giusta direzione, quasi come se la mia vita perdesse di significato nel confronto con gli altri. “A volte mi chiedo se sto meglio tra i perdenti e gli idealisti. Come fanno gli altri? Sembrano così convinti e senza dubbi”. Questa frase di Marracash riassume in parte quello che provo da un po’ di tempo. Della vacanza mi è piaciuto particolarmente l’incontro con i ragazzi che hanno approfondito la figura di questo cantante e ascoltandolo a casa mi sono rivista molto nei suoi testi. Comunque, inizialmente non ero convinta di venire, ma riflettendo sugli anni passati mi sono detta: perché no? E invece questa vacanza mi ha sorpreso molto, ho vissuto momenti di pienezza, che mi mancavano, non ho provato la nostalgia della vita degli altri, ma sono stata lì, presente».

E un’altra: «Pochi giorni prima del campo, un amico, che non vedevo da anni, mi aveva raccontato tutte le sue esperienze, i suoi viaggi all’estero. Quando poi era arrivato il mio turno di parlare mi ero resa conto di non aver da dire nessuna esperienza tanto folle quanto unica come le sue. Questa cosa mi aveva un po’ abbattuto e ho continuato a rimuginarci sopra. Solo durante la vacanza, grazie alle testimonianze, soprattutto quella di Enrico, ho capito che forse a me quelle “esperienzone” non dicevano nulla: bellissime, adrenaliniche, ma non erano fatte per me, non erano per me quelli i segni dell’infinito a cui tutti puntiamo. Ho riesaminato la mia vita con nuovi occhi, alla ricerca di eventi e persone che mi avessero realmente fatto stare bene, che mi avessero fatta sentire nel posto giusto. E le ho trovate nei volti dei miei genitori e di quei pochi amici che non hanno mai avuto paura delle mie fragilità. Mi sono ricordata di quando ero andata ad aiutare gli alluvionati e di come fossi tornata a casa con il cuore pieno di gioia e di qualcos’altro che non capivo: una forza che voleva uscirmi dal petto. I sorrisi, le pacche sulle spalle delle persone che avevo aiutato, banalmente sapere di averli aiutati mi aveva resa sazia. E solo ora comprendo il perché di questa sazietà e soprattutto cosa fosse quell’inspiegabile forza che mi bruciava in petto: era un segno del mio sentiero verso l’infinito, e non potrei essere più grata a questa vacanza per avermelo fatto capire!».

Ora comprendo che le preoccupazioni che avevo all’inizio erano poca cosa rispetto a quello che è accaduto: la bellezza di un’amicizia e di una Presenza che nel quotidiano è da riconoscere. Ritornando all’esempio della barca durante la tempesta: Gesù attraverso i volti degli amici e nei gesti della vacanza mi ha risposto esattamente come aveva fatto agli apostoli: «Uomo di poca fede!», ma aggiungendo anche: «Ricordati sempre che “la vita è promessa”», proprio il titolo della vacanza. E come per gli apostoli quello che rimane è un grande stupore per ciò che è accaduto.
Domenico (Cesena)