La schiena di Parker
A cura di D. Rondoni e M. S. FalagianiPagine: 396
Prima edizione: 1998
Qualcuno la paragona a James Joyce, qualcun altro ha scritto che la sua opera va oltre quella di Dostoevskij, Poe e Kafka.
Sicuramente Flannery O'Connor, considerata una delle migliori scrittrici americane del primo dopoguerra, rimane una pietra di scandalo per la maggioranza dei critici, che, pur affannandosi a cercare di scoprire le ragioni della sua scrittura - allo stesso tempo simbolica e realista, regionalista e universale, grottesca e letterale -, il più delle volte sono rimasti distanti dall'individuare la sua autentica poetica.
La sua scrittura è segnata da una costante apertura al Mistero, che viene inatteso e imprevedibile a sconvolgere l'esistenza dei protagonisti dei suoi racconti, svelando la caducità delle certezze sulle quali è fondata, e ponendoli di fronte alla eterna scelta dell'uomo tra aprire il proprio animo alla provocazione o rifiutare l'incontro con la possibilità donata di svelare il senso ultimo della vita.