L'UMANA DIMORA Gli occhiali del piccolo Dima
Dimitrij sembra uno scienziato con gli occhialoni rossi e blu. Si gira verso la maestra e sorride. E così gli altri. Entusiasti e stupiti. Ora tutte le foto sono in 3D. Sembra di entrarci dentro. “Dima” - così lo chiamano gli amici - cerca di afferrare le spighe, catturare una farfalla, girare la ruota di un vecchio mulino... I pannelli della mostra si animano, una volta inforcati gli occhiali. Una trovata insolita, certo. «Ma il 3D è solo un pretesto», spiega Gino Rossi, che ha ideato la mostra dell’Associazione ambientalista L’Umana Dimora: «Un modo per far vedere più da vicino la bellezza della realtà».
L’avventura inizia a fine anni Ottanta. Gino partecipa con alcuni amici ad un incontro sulla questione ambientale. «Per noi che venivamo da un piccolo paese, cresciuti fra campi e cascine, l’argomento era particolarmente interessante», racconta. «La nostra amicizia ha fatto il resto. Siamo partiti da cose piccole: abbiamo insegnato ai bambini del nostro oratorio i nomi delle piante e organizzato piccole gite nella Bassa. Poi siamo andati a far lezione nelle scuole».
L’intuizione è una: la bellezza è incontrabile. «Se si osserva la natura più a fondo, si scoprono cose incredibili. Il problema è che molte volte tralasciamo i particolari. E quello che domina non è la realtà vera, ma un’immagine di come dovrebbe essere. A volte nemmeno questo. S’impone il come-ho-in-mente-io».
Gino parla e i ragazzi lo ascoltano incuriositi. «Che cosa nuova sentire parlare di alberi e campi così», pensa Dima. Lui è uno dei più grandi ed è arrivato da poco in Italia. Dall’Ucraina il viaggio è lungo. Ma ne vale la pena. C’è chi lo aspetta a braccia aperte. Ogni estate. Come Orsola e le altre famiglie del lodigiano, che da sei anni ospitano alcuni bambini di Chernobyl per le vacanze.
Nel salone dell’oratorio di Casalmaiocco, tremila abitanti a metà strada tra Lodi e la periferia di Milano, ad ascoltare sono una trentina. Marina, la loro insegnante, fa da traduttrice. Gino racconta del granoturco, dei fiori e dei licheni.
«Erano tutti a bocca aperta. Eppure erano cose già viste. Quando ho iniziato a raccontare delle marcite nella Pianura Padana e dell’opera dei monaci, però, sono rimasti perplessi», ammette sorridendo. Dei monaci si parla a lungo. «Loro hanno capito che l’ambiente è un dono. E hanno obbedito alla realtà». L’Umana Dimora nasce con questa idea: valorizzare ciò che ci è dato. A partire dall’ambiente. «Perché anche la natura può essere strumento di carità».
«Ma siamo sinceri», precisa Gino: «Io pianto gli alberi non perché amo gli alberi, ma perché l’albero è strumento per volere bene agli altri». Qualcuno alza la mano per capire meglio. «Il bene per i miei amici parte anche da domande semplici: cosa respiriamo, come viviamo, come trattiamo le cose... Noi incarniamo il compito di essere custodi del creato. Capite? Niente di meno dei monaci».
Poi prende una bacchetta e indica la foto di una pianta. «Cos’è?». «Facile: krapiva», risponde qualcuno dicendo il nome russo dell’ortica. «Chi vuole descrivermi l’ortica?». «Punge», dice sicuro il più piccolo. «E poi?». Tutti in silenzio. Lui allora inizia a raccontare. Riuscirebbe a parlarne per ore, passando dalle proprietà medicinali alle ricette di cucina. «Così anche una pianta insignificante come l’ortica riacquista un gusto nuovo», spiega. «Ora quando Dimitrij rivede le sue foglie è contento, perché la conosce. È il gusto di possedere le cose».
Gino è semplice. Non si fanno grandi discorsi ai bambini. Si tratta solo di far vedere. E imparare a osservare. Guarda commosso il suo piccolo pubblico. Vorrebbe portarli in montagna, dice. Perché si vede il cielo da una posizione privilegiata. «E davanti alle stelle uno è costretto a prendere la misura di ciò che lui è». Per questo la natura è interessante. Perché ci sfida. I ragazzi sorridono. Hanno intuito qualcosa. Ma ora gli occhiali 3D non servono più.