Luci e ombre della manovra
I tagli alla sanità, le strette sulle pensioni, le nuove imposte... Su "Avvenire", il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà commenta la misura appena varata dal Governo«Troppi tagli orizzontali in questa manovra». Luce e buio entrano decisi nell’analisi, anzi diciamo che vi irrompono come nel Caravaggio appeso a questo muro. «Quando tagli lo Stato centrale devi allargare gli spazi del terzo settore»: qui invece è la dialettica che si fa sintesi, come avveniva tra Peppone e don Camillo, altro poster che gli è caro (quasi) quanto quello del Gius. Il fondatore di Comunione e Liberazione campeggia sul muro, di fronte alla scrivania di Giorgio Vittadini, nello studio del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, al Carrobbio, pieno centro di Milano.
Sono ore di fuoco per la manovra. A caldo: promossa o bocciata?
Il rigore di Tremonti era necessario per salvare il Paese dalla deriva greca. Non posso però condividere i tagli orizzontali che penalizzano gli enti locali virtuosi per trattarli alla stregua di quelli che per decenni hanno governato a debito; non ci si può fermare sulla soglia dei costi della politica, non ci sono enti "intoccabili", come le Provincie o enti tenuti in vita solo per finanziare posti di lavoro.
Esiste ancora un blocco sociale statalista?
Come no? Ha ragione Tremonti: tagli selettivi sono impossibili con questa classe politica. Destra e sinistra sono partiti arlecchino dove trovano spazio i difensori del sindacalismo massimalista, delle caste degli intoccabili, delle imprese che si alimentano alla greppia della spesa pubblica, e anche chi vuole escludere dalla scuola negli anni a venire i giovani insegnanti con criteri estranei al merito. Mentre molti elettori temono "a prescindere" i tagli, pensando che allo snellimento dello Stato centrale non segua la costruzione di un nuovo welfare.
Ieri è scoppiato il caso dell’assistenza. Il governo si sta impegnando seriamente?
Non abbastanza, anche se la delega assistenziale, come certi spunti delle deleghe sul federalismo fiscale, contengono in nuce il nuovo Stato sociale sussidiario caro alla dottrina sociale della Chiesa perché mette al centro il valore della persona. Secondo il principio di sussidiarietà, le realtà sociali note come Terzo settore devono accrescere il proprio contributo. Questa è una strada obbligata per ogni governo che voglia il bene comune.
Concretamente, quali misure dovranno essere attuate nei prossimi anni?
Quelle misure, come il 5 per mille, la dote, i voucher e una detassazione "nel merito" cioè non indiscriminata, che permettono di finanziare le scelte del cittadino, che così può scegliere i servizi in base alle proprie esigenze. Questo andrebbe contro l’uso inefficiente e non equo delle risorse pubbliche, oltre a rispondere ad esigenze che diventano più complesse, come quelle sanitarie per via dell’innalzamento dell’aspettativa di vita.
In Italia, chi la pensa come Vittadini?
Ad esempio nel governo, Sacconi, nel sindacato Bonanni, tra i governatori Formigoni, ma non solo. In Parlamento, tutto l’Intergruppo per la sussidiarietà, che è trasversale. Bisogna aprire un discorso serio sul nuovo welfare, che potrebbe essere il terreno d’incontro dei riformisti di destra e sinistra, oggi zittiti dagli estremisti, quelli della politica urlata, dei talk show, anche di chi ha trasformato l’elezione del sindaco di Milano in un test di anticomunismo stile guerra fredda.
Come dire Berlusconi. Quindi il professor Vittadini voterà Formigoni alle primarie del PdL?
Quella di Formigoni è un’aspirazione personale, pur legittima. Per noi «le forze che cambiano la storia sono quelle che cambiano il cuore dell’uomo», come disse don Giussani: per cambiare le cose non basta cambiare leader. L’alternativa all’estremismo e a un bipolarismo ideologico che ci sta soggiogando, è la vita di tanti "io" che fanno esperienza di una corrispondenza tra i loro desideri e la realtà e perciò costruiscono opere che rispondono ai bisogni sociali, nel solco di solidarietà e sussidiarietà. "Più società, meno stato" come disse ancora Giussani: la politica è solo uno strumento che aiuta o ostacola questa creatività sociale ed economica.
Si direbbe un programma bell’e pronto per i "riformisti di destra e di sinistra". Ma a furia di esplorare i riformismi altrui non si corre il rischio di trovarsi con compagni di strada imbarazzanti?
Nessun imbarazzo a lavorare con chi ha il coraggio di difendere politiche riformiste che pongano l’uomo al centro. Questo è un tempo di condivisioni necessarie con tutti coloro che partendo da diverse posizioni culturali e politiche si battono per la sussidiarietà.
(da Avvenire, 7 luglio 2007)