Un'amicizia da 100mila scellini
Ignatius ha diciotto anni, vive a Nairobi, Kenya. Ogni giorno sente le notizie che arrivano da Dabaab, il campo profughi al confine tra Kenya e Somalia dove si riversano milioni di persone per sfuggire alla carestia del Corno d’Africa. È a poche centinaia di chilometri da casa sua, e quello che sente raccontare lo sconvolge. Non può non parlarne con Samuel e Vimal, due amici e compagni di scuola, con cui decide di organizzare una colletta per aiutare i profughi somali. In poco tempo, raccolgono circa 100mila scellini kenioti, più di quello che un operaio della loro città guadagna in un anno: al cambio sono meno di mille euro, ma valgono molto di più.
La colletta ha come punto di raccolta la Cardinal Otunga, la loro scuola: è nata quattro anni fa da alcuni amici che hanno voluto rischiare un’educazione secondaria diversa dalle boarding school diffuse in Kenya e dove i ragazzi vengono “scaricati” dalla famiglia per tutta la settimana. Joakim Koech, il preside, ha voluto una scuola dove tutti fossero coinvolti nel rapporto educativo: studenti, famiglie e professori, a partire dalla sfida del Rischio educativo di don Luigi Giussani (vedi Tracce, n.6/2010). Ed è stato lui a sostenere Ignatius, Samuel e Vimal, quando hanno deciso di diffondere un volantino, dal titolo: «Nessuno è così povero da non poter dare qualcosa».
I tre ragazzi non sono ricchi, e molti loro compagni vivono nelle baracche di Kibera, lo slum della capitale, ma hanno voluto dare a tutti la possibilità di condividere il dramma di chi cerca un’alternativa alla miseria del proprio Paese. Per un mese e mezzo, ciascuno ha donato quello che poteva: qualche spicciolo, un chilo di riso, farina o zucchero ed in breve l’iniziativa si è allargata anche alla scuola primaria Urafiki-Carovana, gestita dalla Fraternità San Carlo.
La maggior parte degli studenti delle due scuole è lì in forza dei progetti di adozione a distanza di Avsi: spesso vengono da famiglie in difficoltà, vivono in capanne di fango e legno senza acqua e servizi. Ma è proprio grazie a loro che Ignatius e i suoi amici hanno raccolto tutti quei soldi. Che sono solo la punta dell’iceberg di un capitale più grande: la vita nata attorno alla Cardinal Otunga, alla Urafiki, a Joakim, ai suoi amici e ai missionari della San Carlo, che nella vita delle loro scuole hanno coinvolto tutti, studenti e famiglie, in un rapporto educativo che vale più di 100mila scellini.
Il 28 settembre, davanti alla cattedrale di Nairobi, i tre amici, insieme ad alcuni studenti e insegnanti e ai presidi delle due scuole, hanno consegnato all’arcivescovo, il cardinale John Njue, i frutti della raccolta: gli scellini, ma soprattutto la loro esperienza. Ignatius ha raccontato come e perché è nata la raccolta, ma è stato il Cardinale a svelarne il nocciolo: «Non avete dato qualcosa perché avete, ma perché è nella nostra natura condividere il bisogno dell’altro».