«A Homs è morto un martire della carità»
«Padre Frans è un martire della carità». Non ha dubbi padre Samir Khalil Samir, gesuita libanese amico del missionario ucciso due giorni fa in Siria. Padre Van der Lugt è stato giustiziato a pochi giorni dal suo settantaseiesimo compleanno, che sarebbe stato domani. La sua è stata una vita spesa nel dono totale di sé.
«Sapeva che sarebbe stato ucciso, prima o poi. Ma non aveva voluto lasciare la sua gente», ci racconta padre Samir. «Era arrivato a Homs oltre quarant’anni fa, dopo aver studiato l’arabo in Egitto e in Libano. Sin dagli inizi si era occupato dei giovani. Ogni anno organizzava un imponente pellegrinaggio a cui partecipavano centinaia di ragazzi».
Poi però in Siria era arrivata la guerra. «Molti missionari scelsero di andarsene, o di rientrare qualche volta in Libano per riprendere un po’ il fiato. Lui no. Aveva fatto della sua casa nel convento gesuita un luogo di accoglienza per cristiani e musulmani. Non gli importava a quale partito appartenessero o per quale coalizione tifassero. Chiunque avesse bisogno, poteva bussare alla sua porta». Se ne sono approfittati, tendendogli una trappola. «Abbiamo saputo che due giorni fa padre Frans è stato attirato con l’inganno fuori dal convento. Lo hanno chiamato dicendogli che c’era un uomo ferito, bisognoso di aiuto. Invece lo hanno preso, malmenato e infine ucciso con due colpi alla tempia». Ammazzato in strada, perché tutti potessero vedere. La voce di padre Samir un po’ si spezza, quando dice che non è ancora stato possibile recuperare il corpo perché la zona non è sicura. «È morto da solo, ma era lì per aiutare la gente che soffriva. Per questo dico che è un martire della carità». Sugli autori del barbaro assassinio padre Samir si sbilancia, punta il dito contro i ribelli. «Probabilmente sono stati loro, ci sono indizi su questo ma di certezze ancora poche».
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