Grecia, il referendum "mette nei guai" l'Europa
Il potere appartiene al popolo, quindi il popolo si esprima direttamente: la mossa di Alexis Tsipras non fa una grinza sul piano democratico. I suoi amici e compagni (che abbondano in Italia) sostengono che ha mostrato coraggio politico e correttezza istituzionale. In realtà, la sua è una manifestazione di debolezza e indecisione. Bruxelles gli ha concesso altri cinque mesi per costruire un programma di riforme accettabile anche dal suo elettorato, seppur ingoiando qualche rospo inevitabile su pensioni e Iva (due giungle parallele sulle quali è proliferato non il benessere dei greci, ma un assistenzialismo clientelare e corrotto). Un altro rinvio, non una soluzione, però la porta è rimasta aperta. Tsipras poteva fare una scelta da statista, invece ha avuto paura di affrontare l’ala radicalissima della sua sinistra radicale. E adesso che succede?
Intanto bisogna vedere quale domanda verrà posta agli elettori. Non sarà se vogliono restare o no nell’euro, perché in questo caso, allo stato attuale, vincerebbe il sì (i sondaggi dicono almeno con il 60%). No, la domanda sarà se accettare le imposizioni di Bruxelles. In tal caso, anche il più euro-entusiasta risponderebbe no. Chi vuole imposizioni? Tanto più in una Grecia che da almeno cinque anni va avanti a base di pillole amare trangugiate a mala voglia. Dunque, la possibilità che Tsipras abbia l’appoggio degli elettori è alta...
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