Don Luigi Giussani

La guerra e la misericordia

Pur nella differenza di scenario, riproponiamo le parole di don Giussani sulla guerra in Iraq (Corriere della Sera, 8 aprile 2003), come contributo al giudizio sulla situazione attuale in Ucraina
Luigi Giussani

Caro Direttore,

negli scoppi delle bombe e negli incendi delle città ciò che ai miei occhi riporta la verità sulle cose è il pensiero della morte di Gesù. Non sono in grado di darmi altra spiegazione se non questa: seguire Cristo che va a morire sulla croce, essere come Lui, e basta.

Per questo abbiamo aderito con semplicità ai sentimenti di amore e di pace propri del Papa, riconoscendo con lui che essi non vengono dall’adesione a una condanna di quelli che vogliono la guerra, ma dall’impegnare tutte le energie a riattivare un’educazione che alleni al riconoscimento di un’ingiustizia annidata alle origini di tutte le decisioni umane – quello che nel nome di Cristo si chiama peccato originale -.

Ci è impossibile dare un giudizio a partire da un’analisi psicologica o naturale, mantenuto poi dal groviglio del potere concepito dalla mentalità di Saddam, ma anche di Bush. Un giudizio è possibile se si ammette che tanto quanto è certo che la colpa è da una parte e dall’altra (e ne risponderanno), altrettanto è evidente che l’origine di essa non è né nell’uno né nell’altro. La colpa originale, e quindi la possibilità del dispotismo, è un veleno che ha il suo habitat, la sua genesi in un mistero. Ed è a questo livello per noi insondabile che la misericordia di Dio pone rimedio.

Ora, ciò di cui sto parlando non riguarda solamente l’aldilà, perché la misericordia di Dio pone rimedio già nell’esistenza terrena, per cui già in questo mondo c’è la possibilità della pace per gli uni e della disperazione per gli altri. Dio è misericordioso, il Mistero è una misericordia che porta con sé la croce. Una croce che per gli uni è un destino di castigo, penitenza e umiltà in un cammino dentro la pace, per gli altri è un mistero di rabbia senza confini.

Così nella misericordia la faccia del soldato americano è identica a quella del soldato iracheno che si trova di fronte la bocca del cannone che lo frantumerà. Sono tali e quali, non sono più l’uno contro l’altro. Che grande mistero! Nella misericordia si realizza il vantaggio dell’amore, che arriva fino al perdono. Se non si giunge a questo, tutto è menzogna; e la ragione si incista in una contraddizione: si accusa l’altro o si accusa se stessi, finendo nella disperazione pura.

La salvezza è data dal seguire Cristo, dall’immedesimazione col Suo sentimento dell’uomo e invocando la grazia che l’uomo faccia con la sua libertà ciò che Cristo ha fatto con la Sua: l’abbandono della propria debolezza mortale nelle mani della misericordia del Padre, cioè del Mistero dell’essere.

Si pensi ai Salmi o alle parole profetiche contenute nella Bibbia. Dio interviene nel cammino del popolo con profezia o con autorità e dice, per esempio: «Vi castigo! Sei castigato, popolo mio!». Oppure si serve del profeta per parlare al popolo tremebondo perché sotto il peso di un padrone pagano, e il profeta Neemia dice: Dio è più forte, è il signore di tutto, perciò «non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza» (Neemia, 8,10). Sta parlando di Dio che porta il bene, la bellezza, la bontà, nel quale il popolo trova l’energia per giudicare ciò che accade.

Quando un popolo sta attraversando un momento brutto o penoso della propria storia, esso può dare un giudizio su ciò che è giusto o no nella misura in cui viene educato: se è educato, se ha un cammino guidato, se è indirizzato, allora seguendo i suoi maestri può dire di sì o di no a evidenze storiche – storicamente chiare -. In questi tempi il Papa ha motivi adeguati per dire di no alla guerra, anche se la guerra è fatta da gente che di per sé avrebbe ragione di farla; perciò teniamo presente quello che dice il Papa, perché il giudizio spetta a persone che sono state educate a considerare quel che accade dal punto di vista della legge di Dio e della memoria del popolo. Giovanni Paolo II, dopo avere detto che è sbagliato fare la guerra – sbagliato perché non c’è motivo adeguato -, ha aggiunto: «Dio vi giudicherà», che è un modo per mettere in guardia chi ha un compito di responsabilità storica per il futuro del mondo (questo è il motivo per cui proviamo innanzitutto una profonda pietà per chi si è assunto la terribile responsabilità della guerra).

Certamente mia mamma non avrebbe mai indicato come ragione in favore della guerra quella che portano i suoi sostenitori. Ma neppure avrebbe seguito coloro che vi si oppongono per un calcolo di politica contraria; osservando gli uni e gli altri, mia mamma avrebbe concluso: «Preghiamo il Signore affinché ci aiuti Lui». E questo giudizio l’avrebbe lasciata tranquilla – non perché indifferente, ma perché certa che Dio è il signore di tutto, che tutto conduce a un destino di bene - di fronte a qualunque grave momento della storia.