Gli Esercizi della Fraternità in Irlanda

Fraternità. Contributi dagli Esercizi

Dal Mozambico a Cambridge, racconti e testimonianze dagli Esercizi spirituali della Fraternità di CL, dal titolo: "Cristo, vita della vita", e seguiti in oltre novanta nazioni

Mozambico
Abbiamo vissuto l'esperienza degli Esercizi spirituali, ospiti nella casa dei Missionari della Consolata a Maputo. Per me era la prima volta che incontravo la realtà del movimento in questo Paese, distante centinaia di chilometri dalla missione che ho avviato da poco a Namapa. Ho incontrato una comunità semplice, viva, che mi ha accolto con tanta cordialità. Visitare in città le opere generate nel tempo è stato bello, più ancora vedere un’amicizia all’opera, solida e nello stesso tempo aperta a chi fa fatica, chi non ha tempo, non ha mezzi, o si è allontanato ed è tornato... Cosa c’è al centro? Il centro sta fuori di noi, è la tenerezza e la grazia di Cristo, vita della vita. Le lezioni degli Esercizi ce lo hanno richiamato, ma io l’ho potuto gustare nella condivisione di una settimana passata con nuovi amici che hanno storie lontane dalla mia, felici di cogliere una sintonia profonda, che va al di là dei canti o dei discorsi o delle storie. È qualcosa che passa attraverso queste cose, fatte bene o goffamente, ma che nessuno di noi saprebbe generare. Viene dal centro e al centro richiama.
don Filippo, missionario fidei donum

Italia
Proprio nei giorni successivi agli Esercizi spirituali, io e mia moglie ci siamo trovati coinvolti in qualcosa di grande, che ci ha fatto accorgere con forza e urgenza dell’irruenza con cui Gesù può entrare nella vita a cercarci, e di come sia più bello e grande dirgli “sì”.
Siamo sposati da 7 anni e abbiamo tre figli. Da qualche mese ci interroghiamo sulla possibilità di cercare di averne un quarto, ma sebbene lei voglia, io sono invece più cauto. Ho sempre avanzato ragioni concrete (il lavoro che non è mai abbastanza sicuro, la casa dove manca una stanza, l’auto…), sentendomi sereno del fatto che, in fondo, tre bambini già li avevamo avuti, e pure in un tempo molto ravvicinato. Come dire: noi già abbiamo dato!
Poi è successo che, tra marzo e aprile, abbiamo avuto sentore che mia moglie potesse essere incinta. I primi due test di gravidanza erano stati negativi, finché non ne abbiamo fatto un terzo, proprio due giorni dopo gli Esercizi: positivo. Ecco, in quel momento io ho provato un grande senso di liberazione, quasi inaspettata. Ma come - mi dicevo - proprio io che tra i due ero quello che aveva più paura, perché ora mi trovo così aperto? Nel corso della giornata mi rendevo conto sempre di più di cosa ci stava accadendo, e mi tornavano in mente le parole di Gesù a Pietro: «Mi ami? Seguimi». Quel bambino che arrivava era il Signore che mi chiamava a dirgli di sì, attraverso la preghiera da solo o in famiglia, il dialogo a cuore aperto con un amico, la domanda condivisa con mia moglie: “Perché proprio a noi è dato questo dono, a noi che neanche lo cercavamo, quando ci sono amici o coppie che soffrono perché invece non riescono ad avere figli?”. Tutto ciò apriva a un dialogo con quel Mistero che si faceva carne, e liberava da ogni tipo di preoccupazione su lavoro, casa e caos della vita.
A sera, però, la scoperta: quel piccolo ovulo fecondato non aveva attecchito, e tanto in fretta quel bimbo ci aveva sorpreso entrando nelle nostre vite quanto rapidamente ci veniva tolto. Il giorno dopo sentivo un vuoto nel cuore, una nostalgia per quella storia che non si è scritta. Ma anche un amore enorme per quel bimbo, Giacomo, che non abbiamo potuto conoscere, assieme a un senso di gratitudine nei confronti suoi e di Chi ce lo aveva donato, seppur per così poco, a ri-destarci a Lui dalle nostre prerogative piccolo borghesi. “Mi ami? Seguimi”, la domanda che la realtà poneva, e continua a porre, era la stessa. Mi sono tornate in mente le parole di padre Lepori: «Dovremmo vivere il silenzio di questi giorni come quando Marta è rimasta lì senza dire nulla, colpita e ferita da quella parola. Non è tornata come un cane bastonato. Lasciamo entrare in noi l’ascolto di Marta, ne abbiamo bisogno affinché la nostra vita diventi feconda di quello che Cristo dice e vuole».
Lettera firmata, Milano

Canada
Spesso mi identifico con Marta per la mia irrequietezza e il bisogno di sentirmi utile, di fare tante cose durante la giornata, che spesso diventano una misura su me stessa e sugli altri, una distrazione da ciò che è essenziale. Ed anche fonte di insoddisfazione. Nessuno mi aveva mai descritto Marta come colei che è cambiata da Cristo, ma piuttosto come colei che è un “caso perduto” o senza speranza per la sua distrazione da Lui. Mi ha colpito il fatto che padre Mauro abbia sottolineato la tenerezza di Gesù che ha chiamato Marta per nome, due volte, segnando così l'inizio del suo cammino di conversione.
In questo periodo, in cui ho cominciato un nuovo lavoro che richiede che io sia più paziente, nel quale devo imparare molte cose nuove e non riesco sempre a svolgere tutto quello che potrei o dovrei fare, ascoltare quello che ci è stato detto agli Esercizi mi ha riempito di speranza. Anch’io ho bisogno di quella tenerezza e di lasciarmi cambiare dall’incontro con Lui, attraverso il mio attaccamento agli amici che mi sono dati. Nel seguire loro, io cambio e le mie giornate cambiano.
Marta

Italia
Gli Esercizi della Fraternità stanno per cominciare e mi organizzo per seguirli sull’Ipad a casa di mio papà, 92 anni, che vive da solo da quando la sua indomabile Teresa è tornata al Padre e questa sera dormirò da lui. Erminio, uomo di pessimo carattere e di grande semplice fede, ha incontrato il movimento attraverso i figli e nipoti e da allora è stato un rifiorire di quella familiarità con Cristo imparata da bambino nella sua numerosa famiglia. Ora la memoria dà qualche problema, l’autonomia è quasi persa, ma la fede no. Prima di far partire il collegamento lo avviso che mi sarei ritirata in camera per ascoltare dall'Ipad, lasciandolo in soggiorno davanti al televisore. Mi chiede di poter seguire con me gli Esercizi. Allora rimango sul divano, accanto a lui, con l’Ipad in mano il più possibile vicino all’orecchio che ormai neanche l’apparecchio acustico basta. Così, un po’ inclinato per sentire meglio, appoggiato alla mia spalla, segue i canti, la lezione, si appisola dieci minuti poi si risveglia e continua a seguire. Osserva persino le icone. Quando inizia a cantare «sono vecchio ormai» mi commuovo di tanta partecipazione. Alla fine, si rallegra della tecnologia che ha permesso tutto ciò. Allora penso a noi, suoi figli, ai suoi numerosi nipoti e ai piccoli pronipoti che si affacciano ora alla fede. Decido che devono sapere che anche a 92 anni il cuore desidera, riconosce ed è lieto in Cristo.
Elisabetta, Castelleone (Cremona)

Italia
Dopo due anni di pandemia, quest’anno alla nostra comunità è stata data l’opportunità di partecipare agli Esercizi in presenza a Pacengo. Per me e mio marito, dopo i primi anni, quando i figli erano piccoli e ci alternavamo, da più di trent’anni gli Esercizi erano un’esperienza che vivevamo assieme.
Ma questa volta non era stato possibile iscriverci a causa del suo stato di salute, debilitato dal tumore e dalla chemioterapia. L’8 aprile, il Signore l’ha voluto con sé: per lui gli Esercizi in Paradiso e per me il dono inaspettato della proposta di sostituire una persona che si era iscritta, ma che non avrebbe potuto partecipare.
È vero che il Signore sa quello di cui uno ha bisogno. In questo momento per me così doloroso è come se, con questo dono, mi ha detto: “Donna, non piangere”, non piangere, sei in una grande compagnia e niente ti può togliere la sicurezza di quel destino buono che il Signore ha voluto per tuo marito e vuole per te.
Ogni parola delle lezioni di padre Lepori era come detta a me, per me, per rispondere al mio lamento, come aveva risposto a quello di Marta «rivelandole che ogni cuore umano è fatto per Lui come l’unico necessario». Questa è la verifica che devo fare: che «Cristo fa crescere e rende nuovo tutto, dall’amore al dolore per la morte».
Rita, Chioggia


Italia
Sono arrivato agli Esercizi spirituali appesantito da alcuni problemi personali e familiari, e portandomi in fondo all’anima l’assurda tragedia della guerra in Ucraina. Quante donne ucraine ho visto in questi anni, visitando persone anziane nelle case. In quei giorni i miei pensieri e le mie preghiere non bastavano a dare risposta alle confidenze delle persone che mi dicevano la loro oppressione determinata dalla situazione del mondo, tra guerra, perdita di valori nella società, permanenza fluttuante della pandemia…
In questa situazione, il desiderio e l’attesa degli Esercizi si accendevano. Tanto più che si rinnovava l’aspettativa di incontrare padre Lepori, con il quale avevo partecipato tempo fa agli Esercizi dei preti. Mi era rimasto impresso il suo linguaggio pieno di immagini, e mi rincorreva la sua penetrante lettura del Vangelo, che in modo del tutto personale mi appariva un riflesso dello stile dei racconti evangelici di don Giussani.
Padre Mauro mi ha dunque accompagnato sorprendendomi nella mia fragilità e stanchezza interiore, e mi ha condotto a rispecchiarmi nei personaggi del Vangelo, come Pietro e Marta. In modo diverso, ciascuno strappato a se stesso, sempre più orientato a Cristo e da lui affettivamente ed esistenzialmente afferrato.
Partecipando in presenza a Pacengo, è stata una bellissima opportunità trovarmi con tante persone afferrate dal carisma di don Giussani, percepito ancora così vivo. Anche tutto l’ambiente, dal coro alle immagini, ai saluti personali, ha permesso di godere di un fatto presente.
Tornando a casa, mi è capitato molte volte di godere della gioia delle persone che mi comunicavano la grazia e il bene degli Esercizi. Lo riscontro anche in me. Soprattutto per quanto padre Lepori ci ha condotti dentro il mistero di Cristo, che ha preso su di sé la nostra miseria, la nostra morte. Ci sono stati alcuni minuti in cui la sua parola mi ha rivolto il cuore e lo sguardo verso una cara amica che appena un mese fa ha partecipato alla morte del marito dopo una dolorosissima malattia; l’ho vista poi molto consolata, di quella consolazione che nasce dallo sguardo intero di Cristo, Dio della vita e vincitore della morte. Questa apertura ha fatto breccia anche nel mio cuore e nel mio pensiero, che ora trovo più intensamente abitati dalla presenza di Gesù. Anche il mio sguardo sulle persone, sui fatti della mia vita personale e sulle vicende del mondo è meno passivo e si fa meno ricattare dalla logica della solitudine e del timore per l’assenza e la lontananza di Dio.
don Angelo, Chioggia

Italia
Sono arrivata agli Esercizi spirituali dopo tre settimane dalla morte improvvisa di mia mamma. Sono voluta andare lo stesso perché ne sentivo il bisogno, ma nello stesso tempo mi sembrava che nulla potesse sostenere il mio cuore, che nulla potesse cucire quello strappo così forte e violento. Avevo in testa quella telefonata delle 6.30 in cui il medico mi comunicava «l’avvenuta morte» di mia mamma, l’aver dovuto dare la notizia ai miei fratelli e a mio padre… tutto è stato segnato da un grande dolore. Dopo qualche giorno, ero andata con mio marito a vivere da mio papà e la sfida si faceva sempre più alta, perché in quella casa tutto porta il segno di lei, di come era, di come curava le cose, tutto.
Andare agli Esercizi era proprio necessario, ma il mio cuore aveva una ferita troppo grande e in me cresceva il dubbio di non essere al posto giusto. Invece il venerdì sera, l’introduzione di padre Lepori: parlava di una promessa che mi è stata fatta, una promessa carica di un ideale capace di rendere ragione della vita e della morte, ecco c’era qualcosa per me! E poi il punto in cui ha parlato del silenzio mi ha aperto il cuore, perché io ne sentivo proprio la necessità, volevo andare a fondo di me per risentire il fascino di quell’incontro fatto anni e anni fa, e vederLo vincere la morte, lo strappo, tutto.
Questo mi affascina del mio incontro con il movimento e che ho imparato da don Carrón: Gesù mi cerca sempre, chiama la mia libertà ad andare a Lui senza rinunciare alla mia umanità, senza saltare nulla di me.
Tornando a casa, ero proprio grata di aver visto ancora una volta che questa storia mi accompagna se io dico il mio “sì”, anche con il cuore strappato, ma sicuramente amata fino all’ultimo capello.
Barbara, Chioggia

Inghilterra
Sono laureata in Neuroscienze e, da anni, provo una profonda insoddisfazione per il lavoro scientifico e il desiderio di essere più direttamente al servizio degli altri. Ma attraverso la Scuola di Comunità e alcune amicizie, sto lentamente scoprendo che la mia gioia sta nell'obbedire alle circostanze in cui Lui mi ha posto.
Poco prima degli Esercizi, però, la questione del significato del mio lavoro è esplosa di nuovo, perché ho ricevuto un’offerta in ambito accademico, dopo il dottorato. Avevo la percezione che, in un mondo lacerato dalla violenza e dal bisogno, il Signore volesse che io continuassi a lavorare nella scienza. Sono arrivata agli Esercizi con una domanda bruciante: come posso vivere questa circostanza?
Fin dalla prima sera, le parole di padre Lepori sono state un soffio di vita nuova. Mi è sembrato che parlasse direttamente a me, ricordandomi il cammino che ho intrapreso dal mio ritorno alla fede: un cammino di innamoramento per Colui che mi mostra ovunque la sua bellezza. Lui è l'unica cosa necessaria. Questa memoria mi ha liberata dal senso di soffocamento, perché ho potuto guardare i miei desideri urgenti e chiedere a Cristo di mostrarmi ancora una volta che Lui è la risposta a essi.
Non sono sola in questo cammino. Anche se al mio arrivo non conoscevo quasi nessuno, in quei giorni ho incontrato uomini e donne i cui cuori sono spazi vivi di verifica che Cristo è tutto. Sono tornata a casa con la consapevolezza che è il Signore - attraverso il carisma e la Chiesa - che mi sta portando a una maggiore maturità.
Ho sperimentato una nuova pace e ho accettato l’offerta di lavoro, chiedendo a Cristo di usare questo sacrificio per la sua Gloria. All’happy hour del mio laboratorio, mi sono ritrovata più libera nella conversazione con i miei colleghi, per la consapevolezza che non sono le opinioni giuste o il successo nel lavoro o qualsiasi altra cosa, ma Cristo, a soddisfare il mio e loro cuore. E io L'ho trovato, appartengo a Lui.
Sofia, Cambridge