La fedeltà di Lucia
Lucia Squellerio, tra i primissimi giovani incontrati da don Giussani, è morta il 13 agosto dopo una vita spesa a servizio del movimento e del Centro Culturale di Milano. A segnarla fu l'incontro con il fondatore di CL quando mancò suo fratello LuigiUna grande fedeltà ha segnato la vita semplice e grande di Lucia Squellerio Ferrandi, tra i primissimi giovani incontrati da don Luigi Giussani a Milano, amica del sacerdote da quando egli si recò, nel 1950, nella parrocchia dei Santi Martino e Silvestro in viale Lazio.
Lucia Servida, sposata con Giancarlo Servida, mamma di Pierluigi e Valeria, si è presentata alla Casa del Padre martedì 13 agosto 2024, dopo alcuni mesi di grande stanchezza e con il desiderio di ritrovare il marito e i suoi cari “Luigi” che da sempre hanno lavorato nel suo cuore.
Per Lucia fu un dolore immenso e contraddittorio con la vita la circostanza dalla quale scaturì l’incontro che la portò ad uscire da sé stessa e scoprire una promessa ignota, una novità e passione di vita, che il carisma, già vivido, di don Giussani fece nascere nella sua vita e in quella famiglia che lo accolse.
Le pagine del libro di Alberto Savorana (Vita di don Giussani, Rizzoli) descrivono bene quei mesi e quegli anni, dal 1950 al 1954, quando don Giussani non aveva ancora iniziato a insegnare al Liceo Berchet e dal confessionale della parrocchia dei Santi Martino e Silvestro, dove si recava i sabati e le domeniche a confessare e dir messa, accade quell’episodio che lui chiamò «il primo ricordo del mio cosiddetto movimento», tra i giovani borghesi che dalla scuola riportavano lì i dubbi e gli abbandoni in corso della fede.
Il giovane Luigi Squellerio, fratello maggiore di Lucia, recalcitrante, sospinto dalla madre al gesto religioso prima dell’esame di maturità, discuteva con il don Luigi, confessore, esaltando la statura della figura del Capaneo dantesco che incatenato, può affermare il rifiuto dell’infinito. Il giovane fu trapassato dalla risposta, nata dopo un primo impaccio: «Ma non è forse più grande abbracciare l’infinito?».
Il cambiamento visto in famiglia, nei mesi successivi, il ritorno del giovane dal prete e la disponibilità curiosa e il suo slancio furono sempre ricordati da Giussani, come il primo segno di un movimento, della persona, del pensiero, della fede. Ma il destino, tra motocicletta e sorte, portò via Luigi, mostrando però come tutto era già successo.
Questa fu la sfida per Lucia. Fui con sorpresa tra i primi a raccogliere da lei per esteso le circostanze di questo racconto, mentre lo avevo udito descrivere al Clu da Giussani stesso, rappresentando per me da tempo un vertice misterioso e chiarissimo di quella purità di alternativa in cui tutto il presente e il futuro si gioca; il Movimento era quell’evento di un giovane.
La vita di Lucia – come mi raccontava –, che voleva rimanere in quel dolore, restare nel covare quella ingiustizia occorsa all’adorato fratello, fu snidata dal quel «giovane prete Luigi», come veniva chiamato in casa. La compagnia, l’aiuto allo studio, i libri proposti, la musica ascoltata per sostenere almeno la preparazione al suo esame di maturità, ruppero la calcificazione del carattere forte di quella giovane. Lucia firmò con don Giussani la lettera che, con sua mano, scrissero alla famiglia nel Natale 1951, pochi mesi dopo la morte di Luigi. La lettera iniziava così: «Carissimi Genitori, i vostri figlioli… C’è una sola Voce che grida dal fondo dei nostri cuori. Sentiamoci fondere in Essa». «Amati genitori.. auguri senza termine! Lucia, Luigi, S. Natale 1951» (il testo intero a pagina 135 di A. Savorana, Vita di don Giussani)
Cominciò una sfida, a causa di una proposta continua. La fedeltà di amicizia di Giussani verso di lei negli anni, divenne la fedeltà di Lucia al movimento che da lui nasceva. Fu chiamata a vivere le prime avventure, anche rocambolesche, tra personaggi dell’America latina in contatto con le edizioni Jaca Book o i primissimi momenti di vacanza sulle Dolomiti dei primi «amici del prete», valorizzando il suo spirito imprenditoriale verso l’immobiliare e la passione per l’organizzazione di viaggi.
La grande fedeltà iniziava i suoi percorsi. Ma il posto che le fu assegnato, in modo più definitivo e costante fu quello di partecipare al neonato Centro Culturale di Milano, nato presso San Carlo al Corso a Milano, col nome San Carlo. La vita di Lucia insegna la fede come costante disponibilità a come avviene l’opera di un Altro, alle persone che cambiano, seguendo il Fatto che rimane il medesimo, anzi che cambia esso stesso, divenendo sempre di più esigente verso l’essenziale.
Come descrive uno dei tanti biglietti e messaggi che Giussani le scrisse per un Natale: «Oggi è il momento “Dio nel mondo”. Significa che Dio è tutto, nel mondo, perché Dio è tanto grande che il resto rimane come assorbito. Il Natale è la sua immensa e tremenda iniziativa. La tua iniziativa è la risposta. Lui e il suo Regno: lo scopo che assorbe gli altri scopi».
Ecco la grande fedeltà, una fede vissuta, senza rinunciare alla ragione, a capire, vedere le diversità e condividerle per abbracciarle nella diversità delle persone, non tutte scelte, desiderate o all’altezza. Senza cambiar strada o facendo altro. Saper vedere le diversità, perseguire la curiosità sempre attiva, lei filosofa, che iniziò dopo l’università ad insegnare, a Seregno (Monza e Brianza), alle Ancelle della Carità di Giovanna d’Arco e, dopo la nascita dei figli, rendersi disponibile al movimento a ciò che di semplice, come servire un luogo, sarebbe stato.
Per 35 anni, col tram, tutte le mattine, fedele a quel mandato. Apriva accoglieva, rispondeva a chiunque sul Centro Culturale, gestendo l’economia degli spazi, condividendo programmi, incoraggiando con la sua diversità e curiosità. Conobbe i responsabili e portò il Fai, seguì i gruppi di Giacomo Contri, la nascita della Libera associazione forense. Un volto che tanti hanno visto, in una Milano attraversata da diverse stagioni storiche.
In un periodo per lei non facile di cambiamenti di sede e di persone, dedicò anche parte del tempo ai colloqui telefonici di aiuto a persone con intenti suicidi.
La mansuetudine, non certo connaturata al carattere combattivo, insieme a uno spirito critico, non esibito ma ben attivo, diventava in lei, via via, dimensione nuova di carità e nuovo giudizio. Una vita che rinasce di continuo, seguendo, questo è l’insegnamento che Lucia Servida ci lascia.
Partecipando ai primi viaggi in Romania con Boldrin e Piatti, da cui nacquero la comunità di CL, mentre aderiva alla Fraternità, seguendo sempre gli Esercizi, mentre reiniziava la Scuola di Comunità e la preghiera in comune, con donne e nuove amiche come Maria Aletti.
Una grande fedeltà non a qualcosa di accaduto nella forma ormai lontana, ma nella forma presente, seguendo la Presenza che il grande amico seguiva, le indicava sempre, reinventando tutto, tanto quel Fatto che si era immesso nella loro vita, con tale forza e permanenza. Come spiegare altrimenti la ripresa continua che una storia così lunga del Centro Culturale porta con sé, o la grande umiltà e vera curiosità verso i giovani presenti nella Caritativa che da sempre accompagna la vita del Centro. Scovandone le fragilità e attese, sostenendo come avvenne con chiarezza per uno di essi, la vocazione a sacerdote, sostenendo il suo cammino nella Fraternità Sacerdotale san Carlo.
Benefattrice della Fraternità, attenta alle missioni nuove e più lontane, si caricava del sostegno alle nuove emergenze di povertà che andavano acuendosi tra le persone.
Pensiero e fedeltà rivolta all’esempio di sempre, che le parlava direttamente attraverso il Movimento. E che sapeva, lo confidava spesso, vivere anche da riconosciuto fondatore di un carisma con la stessa povertà nel corpo e nello spirito, con la stessa semplicità e entusiasmo di vita accesa di passione per Cristo, che conobbe fin dagli anni giovanili, affinché fosse Tutto in tutti. Un uomo, un prete, che ha sempre riconosciuto nella sua santità di vita: Luigi Giussani che insieme al suo altro Luigi e a tanti altri che potrà incontrare adesso per la seconda volta.