La gita durante l'equipe del Clu a La Thuile

Equipe Clu. Nessuna voce chiama così

L'incontro con Cristo segna l'inizio di una strada che vince ogni solitudine. Una scoperta iniziata durante le vacanze e ripresa dai quattrocento adulti e ragazzi da 16 Paesi nel mondo che si sono radunati a La Thuile
Carlo Castrichini e Cecilia Pizzagalli

Dal 30 agosto al 2 settembre si è tenuta a La Thuile l’equipe degli universitari di Comunione e Liberazione che ha riunito più di 400 tra adulti e ragazzi da 16 Paesi nel mondo. Nell’incontro tra persone di comunità e luoghi diversi si è scoperta la consapevolezza di appartenere a un corpo unico e la condivisione dell’esperienza di ciascuno è stata vissuta come dono, una carità gli uni verso gli altri.

Il titolo “La strada della libertà”, ha ripreso il lavoro cominciato nelle varie comunità durante le vacanze estive. Nell’introduzione don Francesco Ferrari, riprendendo tanti contributi mandati inquadrava così il tema: «In cosa consiste la libertà? Non è solo il libero arbitrio o l'assenza di costrizioni. La libertà, ci ha insegnato don Giussani, è la soddisfazione di un desiderio, di un bisogno. É un'esperienza di compimento».

Questa libertà è sperimentata in una compagnia umana, allo stesso tempo segno e luogo della compagnia di Cristo, che è iniziata per ciascuno con un incontro. «Ma che cosa significa incontrare Cristo?» In questi giorni siamo stati accompagnati da alcuni testi tratti da Una rivoluzione di sé. La vita come comunione (1968-1970), libro che raccoglie alcuni interventi di don Giussani tra il 1968 e il 1970.

Dopo un momento di silenzio proposto a tutti per preparare il cuore ad accogliere la ricchezza dell’assemblea, è iniziato il lavoro. Che tratti ha questo incontro? Paolo racconta di un gruppo di ragazzi di un quartiere povero in Cile che hanno incontrato i sacerdoti della Fraternità San Carlo. «Questi ragazzi vivono dei drammi giganti: droga, carcere, famiglie distrutte. Quando però gli chiedi se c’è per loro una speranza, loro rispondono avendo in mente i volti di quei preti con cui sperimentano la novità di un amore incredibile. Per loro questo è l'inizio della liberazione. Ed è quello che è successo anche a me». Martino racconta di una ragazza della sua università che, dopo la morte di una cara amica con cui lei aveva convissuto, cerca i ragazzi del Clu. Pur senza conoscerli bene, chiede di essere accompagnata. Dopo due mesi di amicizia scrive che quella casa, in cui l’amica aveva affrontato parte della malattia, da luogo di dolore era diventato per lei «pieno di vita, terreno fertile, per far crescere nuove amicizie. Un luogo pieno di una vita che vince anche la morte». Questo incontro avviene in modalità diverse per ciascuno, ma ha come tratto comune la nascita di un presentimento davanti a cui la libertà è chiamata a prendere una decisione: «Perché il contenuto di quel presentimento è l’intuizione di un amore inimmaginabile, di una vita piena di senso perché rivelazione di chi è Dio, che Dio è amore, e allora la vita può essere un’avventura positiva. Cristo morto e risorto, vivo e presente. Questo è dentro l’intuizione iniziale! L’intuizione di un compimento, di amare ed essere amati, l’intuizione di un amore impossibile, che ha un nome: Cristo. Nessuna voce chiama così».

Ma da cosa ti accorgi che è proprio l’incontro con Cristo? Perché cambia la vita. Davide Prosperi ci ha testimoniato la possibilità di un cambiamento che permette l’esperienza del centuplo che «non è una misura, è un fattore di moltiplicazione. Vuol dire che inizi a vedere e vivere ciò che prima non vedevi e non vivevi» e introduce la possibilità di una rilettura nuova della realtà, cioè di riconoscere «come tutta la propria storia è inscritta dentro uno sguardo di amore che dà la certezza di non essere abbandonato». Questo incontro segna l’inizio di una strada.

Durante la seconda assemblea è emerso come, tante volte, le nostre fragilità e i limiti sembrano obiezione a questo cammino; quindi, cosa vuol dire che la comunità, che la Chiesa, è la strada dell’incontro con Cristo? E come si può vivere questo rapporto in circostanze che sembrano sfavorevoli? Racconta Paolo dalla Norvegia: «La mia è una comunità molto piccola e talvolta intermittente. Questo semestre dovevo esserci solo io, poi all'ultimo ho scoperto che altre tre persone mi sono state donate per camminare insieme». Uno stupore pieno di gratitudine, perché «l'incontro con volti precisi fa nascere il presentimento di altro, che diventa il centro del nostro affetto e della nostra intelligenza, il centro della ricerca del nostro cuore, che è la persona di Cristo. Quanto più lo conosciamo, tanto più torniamo stupiti a quei volti». Allora, se tutto è scaturito dall’amore originale di Cristo, ogni cosa che incontro è data per il mio destino. Se il centro è Cristo non siamo mai soli, di fronte a tutte le circostanze è possibile la coscienza di essere parte di una storia, della Chiesa. Allora anche l’altro è dono della Sua carità.

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La gratuità di cui siamo oggetto si esprime nel desiderio di offrire a tutto il mondo la bellezza che abbiamo ricevuto. «Voglio cantarti Signore finché avrò respiro». Questa dilatazione del cuore è la promessa che si rinnova in questa compagnia.