Emilia-Romagna. Buone ragioni per il voto

Il 17 e 18 novembre si terranno le elezioni regionali e le sedi locali della Cdo hanno diffuso un volantino. Intervista ad Alessandro Bracci, vicepresidente nazionale
Matteo Rigamonti

«Liberare le “forze positive”» come «strada primaria per valorizzare il desiderio di costruire» che è presente nella società. Sostenendo «ambiti di costruzione» e «collaborando con chi li anima per identificare nuove modalità di risposta ai bisogni e opportunità di sviluppo sussidiario». Questo chiede alla politica, con un documento redatto in vista delle elezioni regionali del prossimo 17 e 18 novembre, la Compagnia delle Opere dell’Emilia-Romagna, che riunisce le quattro sedi regionali di Rimini, Romagna, Bologna ed Emilia. «Un punto di partenza per un cammino di conoscenza, di fronte alla circostanza elettorale, che non si esime da una proposta rivolta a tutti con un giudizio chiaro», secondo Alessandro Bracci, presidente della Cdo Rimini e vicepresidente della Cdo nazionale. A lui abbiamo chiesto un commento.

Nonostante una «percezione di smarrimento e rassegnazione diffusi», come scrivete nel volantino, «permane un desiderio instancabile di dare il proprio contributo positivo». È da qui che è nata l’esigenza di un giudizio sull’imminente tornata elettorale?
La percezione che abbiamo di questo particolare momento della storia, insieme ai soci della Cdo, è in realtà molto diversa da quella evidenziata dal Censis; per questo motivo abbiamo iniziato a dialogare su quale fosse la ragione della nostra fiducia nel futuro. E ciò che crediamo è che la fiducia nel futuro non derivi dall’assenza di difficoltà né da una generica visione positiva della vita, ma nasca dal vedere in azione tante imprese e opere che vivono oggi un impeto straordinario e desiderabile in quello che fanno tutti i giorni, che nelle difficoltà si reinventano, cambiano, migliorano, rinascono. Per questa ragione in Cdo abbiamo come prima preoccupazione che la compagnia sia operativa tra di noi e che, attraverso l’operatività, ci si aiuti e ci si educhi reciprocamente ad avere questo sguardo sulla vita, sul lavoro e sulla realtà tutta.

Anche quando le cose non vanno come si vorrebbe?
Questo sguardo sulla realtà lo si può tenere solo dentro un’amicizia che ci sostiene e che ha come esito la valorizzazione di quello che diversamente rischieremmo di non vedere, presi dalle nostre idee, immagini e preoccupazioni. Questo sguardo, che ci aiutiamo ad avere sulle nostre imprese e opere, è lo stesso che chiediamo nel volantino a chi si dedica alla politica e si candida ad amministrare la nostra Regione.

Alla politica chiedete anche di «riconoscere e sostenere con stima» la «ricchezza» di «esperienze molto diverse che hanno reso la pluralità un fattore di competitività, dialogo creativo e solidarietà reciproca». Da un punto di vista di metodo, «valorizzando la libera iniziativa dei cittadini e delle realtà sociali». Come si traduce questo approccio?
Le competenze regionali sono tante e molto rilevanti per la vita dei cittadini e delle imprese, ma sarebbe poco utile, in questo momento, fare “l’elenco della spesa” delle cose che chiediamo nel concreto. Abbiamo voluto, invece, dire due cose essenzialmente. La prima è che, come emerso nei dialoghi tra noi e i nostri associati, tra la Cdo e le altre associazioni, il tema della centralità della persona è diventato cruciale: il presente e il futuro delle nostre opere, infatti, dipendono sempre più dalla capacità di chi le conduce di sapere intercettare, valorizzare e far fiorire i desideri e i talenti delle persone che ci lavorano. Non ci possono essere sviluppo, nel commercio, nelle infrastrutture come anche nella sanità, se non ci sono cura ed educazione della persona nella sua dimensione integrale. Meno male che, in parte anche grazie ai primi effetti sul mercato del lavoro della curva demografica, ci si sta finalmente rendendo conto di cose che la Cdo dice da sempre, che sono sempre state uno dei capisaldi della nostra proposta. La seconda cosa che chiediamo alla politica è di guardare al tanto che di positivo c’è nell’iniziativa dei cittadini e delle sue aggregazioni per sostenerlo e valorizzarlo, non solo quando è un bene oggettivo, ma anche quando dalla sua crescita può derivare un maggior bene per tutti. Insomma, alla politica chiediamo la stessa cosa che ci chiediamo tra di noi come Compagnia delle opere. Niente di più.

Che cosa può imparare la politica dalle tante esperienze virtuose di realtà che non cedono allo smarrimento?
La politica può imparare quello che impariamo noi stessi da queste realtà. Faccio un esempio, tra i tanti che accadono normalmente nella vita della Cdo e dei suoi associati: qualche sera fa, un gruppo di aziende che si occupano di turismo provenienti da tutta Italia ha fatto visita a un’associazione di Rimini che si occupa di accoglienza nell’ambito del disagio giovanile. Perché un gruppo di albergatori va a imparare l’accoglienza da un gruppo di educatori del sociale? Proprio per uno sguardo che ci educhiamo ad avere, per una “mendicanza interessata” che ci aiuti a cogliere da chiunque uno spunto per migliorare e far crescere le nostre imprese. Se cerchiamo di imparare noi, perché non può imparare chi fa politica?

In un momento storico in cui le risorse sono sempre più limitate e dove la contabilità pubblica spesso impone restrizioni, cosa possono fare le istituzioni locali per l’impresa?
Oltre alle priorità che abbiamo scelto di riassumere nel volantino nei tre ambiti che sono educazione, cura della persona e sostegno alle imprese, noi crediamo che un’amministrazione pubblica che abbia quello sguardo curioso e di stima verso le opere sarà anche un’amministrazione più propensa a co-progettare, semplificare e a sburocratizzare, perché la complessità e la burocrazia spesso nascono dall’estraneità o dalla paura nell’altro.

LEGGI IL VOLANTINO

Mentre i candidati entrano nel rush finale della campagna elettorale, voi, con parole di Papa Francesco, chiedete ai politici che non si limitino alla ricerca del consenso e del successo personale. Cosa significa rispetto alla contingenza del voto e una volta che dalle urne elettorali sarà emerso il verdetto sul risultato?
Una campagna elettorale è sempre un momento molto particolare nella vita di un candidato, ma può essere vissuto, sostanzialmente, in due modi: si può farla cercando il consenso oppure si può farla cercando di scoprire il senso del proprio impegno così come quello delle cose che si incontrano. Credo che anche il consenso, in fondo, arrivi innanzitutto quando si è capaci di cogliere il senso e quindi di dimostrare agli elettori di non essere pregiudizialmente pro o contro qualcosa ma che si è in grado di cogliere il bello e l’utile per tutti, a prescindere da dove lo si incontri.

E rispetto all'elettore, che deve semplicemente votare?
Come conclude il volantino, «è in tale orizzonte che si possono trovare i criteri adeguati per il voto. Senza lasciare che prevalga un’astensione da “sonnambuli”».