Guatemala. Un’unità di vita
A fine ottobre in Guatemala abbiamo tenuto per la prima volta la Giornata d’inizio anno del movimento. Ci hanno aiutati Oliverio, arrivato dal Messico, Enma dall’Honduras, Emilio e Claudia da El Salvador: sono venuti da lontano per aiutarmi con l’assemblea ma anche per visitare Esquipulas, per incontrare la mia famiglia, i miei amici e padre Juan (il sacerdote benedettino dell’Abbazia di Esquipulas). Questi giorni sono stati per me un dono che mi ricorda quanto sia grande la compagnia del movimento e la preferenza di Lui verso di me.
La vicinanza di padre Juan, che mi ha subito chiesto come poteva sostenermi, quando gli ho detto che i miei amici stavano arrivando, è stata commovente. Gli ho domandato se potessimo tenere la Giornata all’interno del monastero e lui si è mosso per aiutarci. Un altro punto commovente è stata la reazione della mia famiglia: ho visto in loro un riconoscimento di quanto questi amici siano importanti per me. Mi chiedevano: «Chi è Oliverio? Perché i tuoi amici vogliono incontrarci? Perché sono venuti fin qui? Come possiamo aiutarli nel soggiorno?». Si sono mossi quasi riconoscessero che questa amicizia per me è qualcosa di più del semplice stare insieme.
Quando i miei amici sono atterrati in aeroporto non ho trattenuto le lacrime domandandomi Chi mi sta dando tutto questo. Anche il traffico, incontrato nel viaggio da Città del Guatemala a Esquipulas, è stato l’occasione per dialogare con i miei amici venuti da lontano e quindi, in un certo senso, è stato quasi benedetto. Una volta arrivati a casa mia, abbiamo fatto colazione insieme e mia madre ha ringraziato tutti per avermi voluto bene e per essersi presi cura di me in questi anni, come riconoscimento di un percorso che mi ha visto fare nel movimento. Mia sorella Wendy, quando cerco di raccontarle quello che scopro e vivo nel movimento, solitamente mi zittisce sempre. Quella mattina, invece, è stata disponibile a ricevere i miei amici, dapprima con timidezza, poi la barriera a poco a poco è crollata e ha fatto spazio ad una gioia che raramente ho visto in lei.
Per pranzo ci hanno raggiunto mio fratello e la sua ragazza: un altro regalo perché, da un po' di tempo, lui mi fa delle domande che mi stanno aiutando ad andare al fondo di quello che vivo, che mi fanno affezionare al quotidiano. Quando accade qualcosa di importante, infatti, mi domanda sempre cosa ne penserebbero i miei amici, come lo vivo io. Prima di iniziare a mangiare, Oliverio mi ha chiesto di dire una preghiera; mentre pregavamo ho iniziato a piangere, perché avevo sotto gli occhi l’unità nella mia vita: i miei amici nella mia casa, la mia famiglia che finalmente poteva incontrare i volti attraverso i quali io sono stata guardata e abbracciata da Gesù.
Più tardi siamo stati tutti insieme al monastero, dove ci ha accolti padre Juan e dove poi abbiamo tenuto l’assemblea di inizio anno aiutati da Oliveiro e dalla testimonianza di Enma. Per l’occasione monsignor Giovanni Paccosi (vescovo della Diocesi di San Miniato, in Italia, tra i responsabili del movimento per l’America Latina, ndr) ci ha inviato un messaggio molto bello. Ancora una volta, ecco il segno di come Cristo sia presente tra noi nonostante la distanza e di come continuamente mi ripeta “Io sono quello che ti ama per primo”.
Padre Juan ha pregato per la Giornata d’inizio anno, per la missione di ciascuno di noi, per Comunione e Liberazione e per il nostro cammino. Anche in quel momento ho visto l’unità con la Chiesa a cui ci richiama il Papa e che è sempre stata cara a don Giussani. L’ho vista negli amici che mi hanno accompagnato fin dall'inizio, nell’amico di Esquipulas che è venuto alla GIA prendendo un permesso dal lavoro, in mia sorella e un suo amico che sono venuti apposta dall’università, in mia madre che è venuta a messa con noi e in padre Juan che ci ha fatto compagnia durante il gesto. Nulla è stato una coincidenza, tutto è stato segno di Gesù che ha voluto incontrarmi di nuovo ed è venuto ad abbracciarmi.
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Alla fine di questi giorni mia mamma mi ha detto di essere grata perché, da quando ho incontrato CL, mi vede più felice, capace di gustarmi la vita nonostante le difficoltà. E don Giussani per me è una testimonianza di come vivere l’educazione cristiana come qualcosa di vivo. Quando ho accompagnato all’aeroporto Oliverio e gli altri, che dovevano rientrare nei loro Paesi, ero triste per la loro partenza ma allo stesso tempo felice perché certa del fatto che è il Signore a donarmi tutto.
Rientrando a Esquipulas in auto, con alcuni amici abbiamo parlato di questi giorni, del movimento, della storia che mi ha cambiato la vita. E la Giornata d’inizio anno ha aperto tante domande in me: come posso essere presente, accompagnare e abbracciare i miei amici come sono stata abbracciata io? Cosa mi chiede Gesù in questo momento? Come posso continuare a stare con coloro che hanno partecipato alla Giornata d’inizio anno senza avere però pretese? A cosa sono chiamata? Posso partire dalla commozione e dalla gioia che solo Cristo può generare, nella certezza che tutto ciò che vivo dipende da Lui e che solo Lui può soddisfare tutti i miei desideri e quelli delle persone che amo. Solo Lui in ogni momento mi dà più di quanto io possa chiedergli.