Sabato 10 febbraio, la Giornata di raccolta del farmaco

Un sabato da protagonisti per i farmaci... da "Banco"

Il 10 febbraio si è svolta la giornata di raccolta dei medicinali organizzata dal Banco Farmaceutico in 3.600 farmacie italiane. Un aiuto importante, di fronte a una "povertà sanitaria" che oggi tocca una persona su tre. Come raccontano queste storie...
Paolo Perego

«Ci sono persone che “scelgono” solo alcune tra le medicine che il medico prescrive. Altre che non possono neppure permettersi quelle». Basta stare dietro il bancone di una farmacia durante una giornata ordinaria per accorgersi che un’altra declinazione della “nuova povertà” del nostro tempo (fatta di crisi, di solitudini, di immigrazione…) tocca la possibilità di curarsi nella malattia. Lucrezia, Carate Brianza, lo fa tutti i giorni. È il suo lavoro, coniugato tra l’impegno di mamma e di moglie. Sarà in prima fila, sabato 10 febbraio, nella Giornata di raccolta del farmaco, iniziativa del Banco Farmaceutico, diciotto anni dopo la prima edizione - era il 2000 -, che quest’anno coinvolgerà 3.600 esercizi in tutta Italia. I clienti, entrando nelle farmacie aderenti, troveranno dei volontari a suggerire l’acquisto di medicinali “da banco”, quelli senza obbligo di prescrizione. «Verranno consegnati al farmacista, e lui si occuperà di darli al Banco che a sua volta li ridistribuirà sul territorio a chi dà assistenza ai poveri», spiega Lucrezia.



Da qualche anno con alcuni amici ha aderito alla Associazione Banco Farmaceutico Milano Onlus, legata a doppio filo con il Banco Farmaceutico. Oltre alla Giornata di raccolta, l’associazione aggiunge all’attività del Banco (ridistribuzione agli enti caritatevoli di eccedenze di produzione o prodotti confezionati male, per esempio, dalle aziende produttrici) anche la raccolta dei farmaci inutilizzati dai privati, coinvolgendo un centinaio di rivendite. «Gente che magari termina le cure, cambia terapia. Oppure riceviamo “avanzi” dai parenti di defunti. Tutti prodotti ancora buoni e spesso molto costosi che poi vengono regalati a realtà che assistono i bisognosi: ordini religiosi, Caritas, parrocchie…», spiega Lucrezia: «Il bisogno è grande».

È sufficiente sfogliare il Rapporto sulla povertà sanitaria in Italia presentato dal Banco Farmaceutico nel novembre scorso. Si parte dai poveri, oltre 4,7 milioni censiti dall’Istat al di sotto della soglia di una vita dignitosa.

Ma se guardiamo alla voce “medicine”, si vede che un terzo della popolazione deve spesso scegliere se mangiare o curarsi quando serve. Un bisogno che è cresciuto del 30% solo negli ultimi cinque anni, soprattutto tra minori e stranieri. Oggi il Banco Farmaceutico assiste da solo, attraverso i 1.700 enti che serve, quasi 600mila persone.



La Giornata di raccolta, pur tra numeri che sorprendono (4 milioni e mezzo di scatole di farmaci dal 2000, per un totale di oltre 25 milioni di euro), è una piccola goccia rispetto al mare di bisogno. Ma può essere un’occasione per tutti per un gesto di carità. «Perché chi ha bisogno non è lontano da te. Il vicino di casa, quello che incontri per strada…», spiega Lucrezia.

«Io ho cominciato a occuparmi dell’Associazione dopo un’esperienza di volontariato all’Opera San Francesco, a Milano, una delle realtà che il Banco Farmaceutico sostiene. Ero a casa senza lavoro in quel periodo, e piuttosto che far nulla, andavo a dare una mano nella farmacia dei frati». Da lì ad aderire, nel 2015, all’idea dell’Associazione «il passo è stato naturale. Una cena, la proposta di alcuni amici del Banco Farmaceutico di Milano, e con mio marito abbiamo cominciato. E si sono aggiunti altri a poco a poco. Un “noi”. E ora ci si ritrova due volte al mese e, a coppie, si parte per fare il giro delle farmacie». E poi, appunto, ci sono gli incontri quotidiani. Nella farmacia dove lavora. «O per strada, come con John, nigeriano. Ha l’età di mio figlio e chiede l’elemosina ogni mattina davanti alla chiesa dove vado a messa. Un giorno ho notato che non stava bene. Mi sono fermata. Aveva una brutta dermatite. Un dottore gli aveva prescritto un antibiotico, ma ho intuito che non sarebbe servito a nulla». La donna chiama un amico medico, porta John a fare una visita specialistica: scabbia. «L’avevamo presa prima che potesse degenerare. Gli abbiamo procurato i farmaci, lo abbiamo seguito… Da lì lui non è stato più lo stesso. Aveva dentro una contentezza e una gratitudine inimmaginabili».

La stessa gratitudine che ritrovi nella voce e negli occhi di Mohamed-Domenico. Aveva 50 anni quando, nel 2012, lo hanno raccattato per strada a Milano, in coma, e lo hanno portato in ospedale. Marocchino, in Italia da anni, dopo una vita travagliata era finito tra dormitori e mense dei poveri. «Hanno dovuto amputarmi un alluce. Diabete», racconta oggi. «Da lì è iniziata la terapia. Andavo all’Opera San Francesco tutti i giorni. Per le medicine e per le medicazioni. All’inizio pensavo che quei farmaci arrivassero da qualche donazioni di persone benestanti. Invece poi ho scoperto che dietro c’era il Banco Farmaceutico». Non sapeva neppure cosa fosse. «Ma iniziava a cambiarmi la vita». Ora ha un lavoro, una casa, collabora con una parrocchia nell’assistenza ai poveri: «Come posso, col mio piede conciato. Perché guardando quello che è capitato a me, vedere tutta questa gratuità, mi fa venire in mente solo una cosa: è “da uomini”. Io desidero solo tra dieci anni, o prima, quando sarà possibile, poter passare dall’altra parte del banco. Non più ricevente, ma donatore».