LEONE XIII Il rispetto dell'uomo e della sua dignità
Vincenzo Gioacchino Pecci nacque a Carpineto Romano nel 1810 e morì a Roma nel 1903. L’intervento più significativo del suo pontificato fu l’enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891) che costituì il fondamento teorico della dottrina sociale cattolica e rappresentò la risposta della Chiesa sulla questione operaia. L’enciclica denunciava le ripercussioni sociali delle trasformazioni economiche provocate dall’espansione del capitalismo industriale, sollecitava la formazione di associazioni sindacali operaie improntate alla solidarietà cristiana, affermava la necessità di un ruolo dello Stato nei conflitti tra capitale e lavoro.
Il pontificato di Leone XIII segnò per il papato un periodo di crescente prestigio; aumentò infatti il numero delle rappresentanze diplomatiche presso la Santa Sede (anche Paesi non cattolici strinsero rapporti diplomatici con il papato); di questa accresciuta dignità furono espressione anche gli unanimi omaggi che furono resi da ogni parte a Leone XIII, in occasione dei suoi giubilei personali. La Rerum Novarum per la prima volta offrì una via cattolica alla questione sociale.
Ordinato sacerdote nel 1837, Pecci entrò immediatamente al servizio della curia pontificia. Fu nominato governatore prima di Benevento e poi di Perugia: in entrambi i luoghi si dimostrò un amministratore fermo e capace, anche di fronte ai tentativi eversivi mazziniani. Fu nominato cardinale nel 1853. Come vescovo di Perugia divenne noto per le sue posizioni favorevoli alla conciliazione tra cattolicesimo e cultura contemporanea. Nel 1877 Pio IX lo chiamò a Roma nominandolo camerlengo (il cardinale che governa la Chiesa durante la vacanza della sede papale). Nel conclave del febbraio 1878, il primo convocato dopo la perdita del potere temporale da parte della Santa Sede, la sua fama di prelato esperto ed equilibrato gli valse l’elezione al trono pontificio. Fu eletto nel terzo scrutinio «come un moderato di larghe vedute», scrive John Kelly.
Leone governò la Chiesa per più di 25 anni, manifestando doti eccezionali e ottenendo grandi successi per la Chiesa e per tutto il mondo cattolico del tempo. La sua opera più grande fu il tentativo di riconciliare la Chiesa con l’epoca moderna. «Lo sforzo di Leone XIII mirava a rompere il corso reazionario del suo predecessore e a offrire una risposta cristiana alle acute questioni sociali, politiche e culturali del suo tempo» (A. Franzen). Le sue posizioni contro il socialismo, il comunismo e il nichilismo nella Quod apostolici muneris (28 dicembre 1878), contro la massoneria nella Humanum genus (20 aprile 1884), la sua trattazione del matrimonio nella Arcanum illud (10 febbraio 1880) sono improntate alla più autentica tradizione dottrinale cattolica. Ma ciò che maggiormente lo distinse fu l’apertura del dialogo fra la Chiesa e il mondo moderno «con una sensazionale serie di solenni dichiarazioni», annota ancora John Kelly.
In molte delle sue encicliche egli sviluppò la sua teoria, per lo più modellata sul pensiero di Tommaso d’Aquino, dello Stato cristiano; dando rilievo all’indipendenza e alla dignità dello Stato. Nella enciclica Aeterni Patris (4 agosto 1879) pose in evidenza l’importanza della teologia e della filosofia di Tommaso d’Aquino, approvando ufficialmente la filosofia neoscolastica e fondando a Roma un’accademia per approfondirne la dottrina. In Vaticano promosse lo studio dell’astronomia e delle scienze naturali, esortando gli studiosi cattolici a studiare e ricercare in modo obiettivo; il 18 agosto 1883 aprì l’Archivio Vaticano agli studiosi di ogni confessione (l’archivio e la biblioteca del Vaticano furono, da allora in poi, centri di studi storici d’importanza internazionale); Leone XIII si dimostrò un progressista anche in materia di scienze bibliche, fissando nella Providentissimus Deus (18 novembre 1893) nuovi criteri scientifici per la ricerca biblica; definì gli ambiti del potere temporale e del potere spirituale nella Immortale Dei (1 novembre 1885); concesse un formale riconoscimento alla democrazia nella Diuturnum illud (29 giugno 1881) e dichiarò nella Libertas praestantissimum (20 giugno 1888) che la Chiesa era la custode della libertà correttamente intesa.
L'atto più importante del pontificato di Leone resta comunque l'enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891), nella quale venivano riconosciuti e fatti propri dalla Chiesa tesi e programmi del movimento cattolico-sociale. L'enciclica proponeva una terza via tra il conservatorismo dei partiti liberali e l'atteggiamento eversivo dei socialisti, definendo l’orientamento dell’azione politica e sociale dei nascenti sindacati e partiti cattolici. L’elemento cardine del pensiero sociale di Leone XIII è il rispetto dell’uomo e della sua dignità. Tutto ciò che può ledere questo principio fondamentale viene condannato, in particolare la deificazione del denaro, del progresso, della tecnica e della capacità di controllo e sfruttamento della natura. Un altro fattore innovativo fu l’attenzione nei confronti dei compiti dello Stato in materia sociale. Secondo il Papa, lo Stato ha il dovere di rimuovere le case del conflitto tra operai e padroni, diventando arbitro e legislatore attento ai diritti e ai doveri di tutte le classi sociali. Per la sua difesa della giustizia sociale gli venne dato il titolo di «papa dei lavoratori» e Paolo VI lo ha definito «vero avvocato del popolo e fondatore della sociologia cristiana, la scienza della buona società vissuta secondo i principi cristiani».
Anche l’aspetto politico del pontificato di papa Leone XIII è sicuramente da ricordare. In un'allocuzione concistoriale del marzo 1878, Leone ribadì le ragioni temporali della Santa Sede, ma con un tono meno aspro di quello del suo predecessore Pio IX, sicché parve aprirsi la possibilità di una qualche conciliazione con il Regno d’Italia, subito compromessa però dall'atteggiamento anticlericale del governo di sinistra storica al potere. Leone cercò quindi, poggiando sull'opinione pubblica cattolica internazionale, di tenere viva la questione romana e di ottenere, mediante l'appoggio delle potenze straniere, una restaurazione del potere temporale, ma la manovra fallì. Un'allocuzione concistoriale del maggio 1887, in cui Leone auspicava un atteggiamento conciliativo anche da parte italiana, e la pubblicazione dell'opuscolo La conciliazione dell'abate L. Tosti, sollevarono ancora una volta speranze, presto svanite però per una ripresa di anticlericalismo. Negli anni successivi, nonostante l'abilità del segretario di stato cardinal Rampolla, Leone non riuscì a ottenere un miglioramento dei rapporti della Chiesa con l'Italia.
Per quanto riguarda la “politica estera” del pontificato di papa Leone, egli diede un grande impulso all’espansione del cattolicesimo in terra di missione, fondando 248 sedi episcopali, 48 vicariati o prefetture e due patriarcati; in particolare, istituì 28 nuove diocesi negli USA e nel 1892 nominò il primo delegato apostolico per gli Stati Uniti. Il suo interesse per la riunione delle Chiese (fu il primo papa a parlare di fratelli separati) è documentato ed espresso attraverso le encicliche Grande Munus (1880) sui santi Cirillo e Metodio e Orientalium dignitas (1894), sia nell’azione pratica come il Congresso Eucaristico di Gerusalemme (1893), come pure dalle sue lettere Praeclara (1894) e Satis cognitum (1896); nella prima invitava sia gli ortodossi che i protestanti a ritornare alla fede romana, nella seconda respingeva l’idea di una confederazione delle Chiese, in quanto idea non corrispondente al reale corpo mistico di Cristo. La lettera Ad Anglos (1895) rivela un interesse particolare per la conversione dell’Inghilterra (fu lui nel 1879 a nominare cardinale John Henry Newman).
Uomo e papa ben consapevole del valore del mistero dell’incarnazione, dedicò 11 encicliche a Maria e al Santo Rosario, una all’opera redentrice di Cristo e una all’Eucarestia. Istituì la festa della Sacra Famiglia e, sviluppando una iniziativa di Pio IX, nell’anno giubilare del 1900 consacrò l’intero genere umano al Sacro Cuore di Gesù.