Emanuele Banterle.

Incamminati con un amico

L'incontro con Testori nel 1978, la regia di "Interrogatorio a Maria", la nascita della Compagnia degli Incamminati. L'11 aprile ci sarà una serata dedicata ad Emanuele Banterle, scomparso lo scorso settembre. «Non per cerebrarlo, ma per scoprirlo»
Riccardo Bonacina

«Se solo riuscissi a indirizzarti/ Onda che ti agiti da sola/ Che sogni d’esser rotta senza infrangerti/ Che pensi di finire e non inizi/ Che ti dibatti per non guardarti intorno…». Inizia così una poesia che Emanuele regalò ad Adele, la ragazza che poi sarà sua moglie, nel 1978. Emanuele Banterle, è di lui che raccontiamo, aveva allora solo 22 anni. Quella sua poesia inedita e giovanile, che verrà letta il prossimo 11 aprile alle 21 da Franco Branciaroli sul palco del Teatro Manzoni di Monza in una serata dedicata a Emanuele, dice già tutta la densità e la profondità del suo cammino di ricerca umana e artistica. In quello stesso anno, 1978, Emanuele incontrò Giovanni Testori, famosissimo autore de Il dio di Roserio, e di pièces teatrali come La Maria Brasca, messa in scena da Mario Missiroli, L’Arialda, e La monaca di Monza con la regia di Luchino Visconti e La trilogia degli scarrozzanti con Franco Parenti.
Fu l’incontro tra un giovanissimo regista alla ricerca di una forma di teatro che c’entrasse con la vita e di un grande autore da poco tornato alla radicalità della fede cristiana di sua madre, morta un anno prima. Fu un’affidarsi reciproco che ebbe come primo frutto, nel 1979, il fatto che Testori affidò a Banterle la regia del nuovo testo, che aveva appena finito di scrivere: Interrogatorio a Maria (oltre 400 repliche, un record). Da lì il dipanarsi di un’amicizia totale per la vita e per una nuova forma di teatro sino alla morte di Testori, nel 1993. E poi con Franco Branciaroli e Gian Mario Bandera la continuazione di una storia, quella della Compagnia degli Incamminati fondata nel 1983 proprio con Testori che la battezzò così: «Si chiama Gli Incamminati, è una cooperativa che prende il nome da una celebre accademia d'arte del Seicento bolognese. Ma non è il richiamo a quei pittori a interessarci quanto l'indicazione programmatica contenuta nel sostantivo: di uomini in cammino verso la fondazione di una forma teatrale dell'oggi (…) Lungi dal produrre sogni e illusioni, il teatro deve perciò aiutarci a liberarci di ogni fatua rappresentazione dell’esistenza. Non esiste libertà se non nell’adesione totale al destino: è di questo che il teatro parla, essenzialmente». Un battesimo che restituisce tutto il contenuto di un’amicizia e di una collaborazione artistica: un’amicizia e un teatro dove è vietata la parola che non c’entra con la vita dell’uomo. Gli Incamminati da allora hanno prodotto oltre 70 spettacoli rappresentati nei più grandi teatri italiani sotto la sapiente, paziente e intelligente direzione di Emanuele. Come ha scritto Luca Doninelli in Trenta volte Incamminati: «Gli Incamminati hanno posto nel loro teatro, anche nei successivi grandi allestimenti classici, il segno di una diversità genetica che Testori impresse in loro sin dall’inizio», e questo è stato un grande merito di Emanuele, trattenere nel cammino della compagnia quelle tensioni e quella ricerca di verità e di autenticità che doveva andare oltre l’autore Testori.

Chi ha conosciuto Emanuele di persona ed ha avuto la fortuna di condividerne il cammino sa che quella ricerca, già tutta dentro i primi versi di una poesia giovanile, non lo ha mai lasciato. È anche per questo che quando il 16 settembre scorso Emanuele è tornato nelle braccia del Padre è venuto a tutti spontaneo cantare È bella la strada, proprio perché Emanuele ha camminato sino all’ultimo secondo di vita, trascinandoci tutti, aprendoci sentieri. Camminava veloce perché obbediva a differenza di noi, così come aveva obbedito a quel primo incontro con Testori. Ed Emanuele obbedì a tal punto da dire ad Adele e ai figli nel giugno 2011, quando la malattia lo aveva davvero prostrato: «Di fronte a questo dolore, a questa malattia, è necessario credere che è Dio che agisce nelle cose, altrimenti uno impazzisce. Questa circostanza mi ha fatto avere uno sguardo nuovo sulla realtà, che non avevo mai avuto. Se mi chiedessero di riaffrontare e rivivere questa malattia, non so se direi di no, tale è stata la portata di questo cambiamento».
Tutto ciò che sta tra quella poesia del 1978 e le parole del giugno scorso è quel che proveremo a raccontare la sera dell’11 aprile prossimo, un racconto per frammenti, non per celebrare Emanuele, ma per scoprirlo. Lo faremo grazie all’aiuto di Franco Branciaroli, di Lucilla Morlacchi, di Luca Doninelli, di Andrea Soffiantini e Franco Palmieri ed anche di Walter Muto e Carlo Pastori.

"Per Emanuele"
Serata speciale dedicata ad Emanuele Banterle
Con la Partecipazione di: Franco Branciaroli, Lucilla Morlacchi, Andrea Soffiantini

Mercoledì 11 aprile ore 21, Teatro Manzoni di Monza
Ingresso libero fino a esaurimento posti
Prenotazioni: letizia@teatromanzonimonza.it