Una regia fuori dagli schemi
Con una scelta decisamente coraggiosa la casa editrice bolognese Dynit pubblica una collana di dvd dedicata al cinema sovietico, grazie alla quale è possibile (ri)scoprire opere e autori da tempo ignorati in Italia - a parte qualche storico passaggio notturno a Fuoriorario -, come la straordinaria figura del georgiano Sergei Paradzanov. Nato a Tblisi nel 1924, dopo aver studiato regia a Mosca inizia nel 1951 a lavorare presso gli studi cinematografici di Kiev. I suoi primi film (Andriesh, 1954; Dumka, 1957; Tsvetok na kamne, 1962; Ukrainskaya rapsodiya, 1961) dovrebbero rientrare nel filone del cinema di propaganda sovietico, generalmente basato su personaggi stereotipati e su una cieca esaltazione della società comunista. Eppure già queste prime pellicole si rivelano cariche di una visione personale della realtà decisamente poco conciliante con la linea generale del partito comunista sovietico: l’inventiva registica sfrenata, traboccante di idee, e l’uso di una fotografia satura di colori estremamente accesi, sono elementi che sembrano essere sempre sul punto di esplodere per dare libero sfogo ad una fantasia intollerante verso qualsiasi imposizione ideologica.
È quanto avviene nel 1964 quando, per celebrare il centenario dello scrittore ucraino Michail Kocjubinski, Paradzanov adatta per il grande schermo la leggenda Le ombre degli avi dimenticati: quello che doveva essere un normale film dai toni folcloristici, si rivela invece un capolavoro fuori dal comune, che stupisce, ma allo stesso tempo preoccupa le autorità del partito. Scrive Michele Picchi: «Paradzanov trasforma la semplice storia di un amore infranto in un racconto epico e visionario. […] La “verità artistica” cui Paradzanov tende è lontana da qualsiasi idea di verosimiglianza. Si incarna invece nella riscoperta dei profondi valori nazionali, nella identificazione della verità e della peculiarità popolare. Contrapponendosi alle profanazioni carnevalesche dei film propagandistici che riducevano il folclore a cartolina turistica, Paradzanov rifiuta gli stereotipi drammatici e visivi dei “moduli” cinematografici del “realismo socialista” per rifarsi a un racconto che si iscrive fra le leggendarie storie d’amore della letteratura occidentale. […] È come se egli si sia dedicato alla regia per dare una nuova dimensione al suo talento di pittore: padrone di una matita e di un pennello molto sicuri, conoscitore profondo dell’arte plastica, ha intrapreso la carriera di regista per passare dalla pittura al film-affresco, vero pioniere di una ricerca mai tentata con simile rigore».
Quando poi nel 1968-69 realizza Il colore del melograno (Sayat nova-Cvet granata), estremizzando ancora di più questo suo stile, le autorità sovietiche non possono più tollerare tanta libertà: il regista trasforma la biografia del poeta armeno Sayat Nova in un susseguirsi di tableaux vivant densissimi di simboli, trattando l’immagine cinematografica come fosse un arazzo animato. Questo inno all’Armenia, alla sua storia e alla sua identità, porta i funzionari del Pcus a bloccare il film definendolo incomprensibile, e a impedire al regista di lavorare, fino a incarcerarlo nel 1973 con l’accusa di furto e di omosessualità. Liberato nel 1977, torna a lavorare solo anni dopo: nel 1986 realizza La leggenda della fortezza di Suram (Legenda Suramskoy kreposti, di prossima pubblicazione in dvd) e nel 1988 Ashik Kerib (id.), dedicato all’amico fraterno Andrei Tarkovsky, scomparso due anni prima. Paradzanov muore nel 1990, dopo aver realizzato solo quattro film negli ultimi 24 anni della sua vita.
Le ombre degli avi dimenticati (Tini zabutykh predkiv, URSS 1964) di Sergei Paradzanov
con Ivan Mykolaichuk, Larisa Kadochnikova, Tatyana Bestayeva, Spartak Bagashvili, Nikolay Grinko, Leonid Yengibarov, Nina Alisova, Aleksandr Gaj
DVD Dynit