Novella. La vita rinata in un incontro
«L’esperienza dell’accoglienza può nascere solo dalla possibilità di sperimentare una gratuità su di sé. Mai da uno sforzo, mai da una generosità o da una violenza, da un doversi impegnare per essere un bravo cristiano. No! È sempre una misericordia, è sempre un perdono, un abbraccio, un calore percepito su di sé a generare l’accoglienza». La voce di Novella risuona forte e chiara nella Cattedrale di San Cassiano a Imola. Il suo volto fa capolino nei vari schermi installati in chiesa, così da consentire - alle tante persone accorse sabato 8 maggio, nel rispetto dei distanziamenti, ma anche alle numerosissime collegate in streaming - di vedere e ascoltare questa inedita testimonianza fatta nel 1989. Era un convegno di Famiglie per l’Accoglienza di Bologna.
Chi parla con quel piglio così deciso è Novella Scardovi: una casalinga romagnola, moglie e madre, ma soprattutto una donna così investita dall’incontro con Cristo, avvenuto tramite il movimento di Comunione e Liberazione, da “contagiare” tutte le persone che incrocia con quella sua inesauribile sete di pienezza e quel suo grande desiderio di accoglienza. Un desiderio per il quale spalanca da subito le porte del suo piccolo appartamento, trasformando la sua famiglia e aprendola al bisogno di tanti. Un desiderio che nel 1996, alcuni anni dopo quella testimonianza, prenderà nuova forma con la nascita della Casa d’Accoglienza San Giuseppe e Santa Rita a Castel Bolognese, aperta insieme al marito Giuliano, ai figli e ai tanti amici, «per poter fare accoglienza a chiunque busserà alla nostra porta».
È un desiderio potente quello di Novella, ma totalmente affidato ad un Altro, tanto da farle dire: «Se Gesù mi chiamasse a lasciare tutto e a consegnare tutto, sarei pronta a farlo ora». Novella muore tragicamente l’8 maggio 1996 in un incidente stradale, appena due mesi dopo l’inaugurazione della Casa d’Accoglienza. Eppure, nonostante il dolore, quel desiderio non si è fermato e continua ancora oggi, visibile nell’opera che porta il suo nome, Casa Novella, ispirata al suo carisma e presente con diverse strutture a Castel Bolognese, Faenza e Lugo per accogliere minori con problemi famigliari, persone con disabilità, donne con maternità difficili.
Le parole di Novella, dicevamo, risuonano nella Cattedrale di Imola proprio nella giornata di sabato 8 maggio, nel 25° anniversario della sua morte. Risuonano durante l’evento promosso da Fondazione Novella Scardovi, Comunione e Liberazione, Diocesi di Imola, Associazione Amici di Novella, Famiglie per l’Accoglienza, «non per ricordare la morte di una persona, ma per guardare la vita, per poter incontrare nuovamente la certezza che ha sostenuto Novella e per la quale si è sempre spesa», come dice nell’introduzione Fabio Catani, presidente della Fondazione.
Scorrono sugli schermi le immagini che ricordano la costruzione della Casa d’Accoglienza, accompagnate dalle canzoni di Claudio Chieffo, grande amico di Novella alla quale dedicò La canzone di maggio, scritta proprio a seguito della sua scomparsa. «Ma il mio amore, il mio amore non finisce…», scandisce il figlio di Chieffo, Benedetto. Ed è proprio “un amore che non finisce” quello raccontato dai tanti volti che, nelle interviste del video proiettato, testimoniano la loro vita cambiata dall’incontro con Novella. C’è la figlia Chiara che racconta la storia di quei genitori «che si guardano e vogliono tirare fuori il meglio di loro». C’è Eugenio l’amico dell’incontro da cui scaturisce la scoperta della fede di Novella, colui che in quell’estate di fine anni Settanta la invita in quella tenda in un campeggio nell’Appennino tosco-emiliano a recitare le Lodi insieme, e lei - Novella - che era così smarrita, triste e sola, in un periodo difficile della sua vita, dice il suo primo grande sì. C’è poi la grande amica Adele che avrà il compito negli anni a seguire di custodire la sua intuizione guidando la Casa d’Accoglienza e l’opera di Casa Novella, e che ricorda come «iniziavamo a lavorare con i bambini in affido, ma lei aveva chiaro di essere la prima a dover essere in affido di qualcuno, a doversi affidare». E poi ancora il sindaco dell’epoca, così commosso nel ricordare «quell’amore verso gli ultimi», quindi l’amico Luca, che ha chiaro lo spartiacque della sua vita («il matrimonio prima e dopo l’incontro con Novella»). E tanti altri ancora tra donne accolte, operatrici della struttura, fino a Giorgio Vittadini che racconta come, da presidente della Compagnia delle Opere, accompagnò l’inizio dell’opera di Casa Novella che oggi «rappresenta una profezia dell’io che diventa un noi generando un cambiamento sia nelle persone accolte, sia nelle persone che vi guardano».
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«In Novella la presenza di Gesù si imponeva, affascinava, toccava il cuore tramite lo sguardo di una donna libera e innamorata, mediante i suoi gesti concreti e tenerissimi, la sua umanità consegnata ad un Altro, la sua offerta semplice», conclude il vescovo di Imola, monsignor Giovanni Mosciatti, nella sua omelia alla Messa dell’anniversario: «Toccare con mano il bisogno intorno a noi ci fa scoprire la nostra impotenza. Novella ha compreso che ci si muove per condividere un pezzo di strada con chi è nel bisogno, non pensando di risolvergli i problemi. Perché il vero problema dell’uomo è quello di fare un incontro, di trovare un senso nella vita». E questo Novella lo aveva accolto così tanto da non poterlo più tenere per sé.
Dalla tenda alla casa. La mia vita rinata in un incontro, il libro che racconta la storia di Novella (ed. Itaca) e il video dell'evento nel giorno dell'anniversario.