Cile. Mille chilometri per vivere di Bellezza

La vacanza in montagna della comunità sudamericana. Potevano vincere tante obiezioni prima di partire: stanchezza, restrizioni... Eppure c'era una ragione che ha mosso tutti, «rimettendoci in cammino»
Paula Giovanetti e Valeska Cabañas

Di fronte alla proposta di fare le vacanze di CL quest’anno, le ragioni per dire di no erano tante: la lontananza, gli “strascichi” ancora vivi della pandemia, la stanchezza dell’anno appena trascorso… Eppure, avevamo anche una "Ragione", in maiuscolo, per dire “sì”, e ci siamo chiesti se poteva essere sufficiente, cioè, se poteva mobilitarci al punto tale da andarle dietro per più di mille chilometri. «Sì!», la risposta. E siamo partiti, famiglie, bambini, adolescenti, giovani e ragazzi, per ritrovare tra le nostre montagne “un pezzo di Paradiso” in mezzo al presente e alle circostanze che stavamo vivendo.

Arrivare là significava anche il disagio di fare subito un tampone preventivo, ma vedere le persone che facevano questo servizio per tutti noi è stato il primo spettacolo. La dolcezza, la tenerezza e la disponibilità a fare il test a ciascuno di noi era un modo per aiutarci a percepire che ogni dettaglio è pieno di significato e che nulla resta fuori quando gli occhi sono pieni della presenza di Cristo. Già quello era un pezzetto di Paradiso in cui venivamo accolti: un pezzetto fragile, forse scomodo, che implicava un sacrificio, che mostrava come il nostro “sì” era richiesto in ogni momento.

La bellezza di questi giorni è stata segnata da volti disponibili di alcuni ragazzi che ci hanno parlato del significato della carità con testimonianze commoventi e semplici, aiutandoci a ricordare che una persona comincia a conoscere il suo cuore quando si dona. Ascoltarli è stata un’occasione per “contagiarci” con la speranza di diventare adulti che non si accontentino di “rimanere comodi” di fronte alla realtà, ma che possano sperimentare cosa significhi donarsi.

Durante la vacanza ci hanno fatto compagnia anche i pannelli della mostra sui ragazzi della Rosa Bianca, un gruppo di resistenza al nazismo nella Germania dei primi anni Quaranta, preparata da un gruppo di amici affascinati dal loro modo di vivere: amanti della bellezza e della verità, e che, con il loro amore per la vita e per il loro popolo, hanno sconfitto il potere. Vedere persone così piene di luce in tempi difficili è quello di cui avevamo bisogno. Una testimonianza che ci ha interrogato: «Tu, chiamato in questo momento della storia, in Cile, dopo il disastro sociale, in tempi di coronavirus… Perché vivi?». Ripercorrere la storia della Rosa Bianca ci ha messo davanti agli occhi il loro modo di vivere giudicando tutto e affermando ciò che è vero, camminando felicemente con il Signore.

Con le gite che abbiamo fatto, abbiamo potuto verificare, ancora una volta, che la montagna è una metafora della nostra vita, un cammino per trovare la Bellezza che a poco a poco si inizia a intravedere e che prende forma passo dopo passo. Altrimenti, perché vale la pena salire? Apparteniamo a un’amicizia in cui l’amore al destino non smette di spingerci a camminare. Per questo è valsa la pena fare quel viaggio, fare passeggiate, suonare, cantare insieme, per scoprire che in questo “pezzo di Paradiso” non siamo soli. Cristo ha iniziato la nostra storia, ed è Lui che la mantiene viva attraverso ogni volto amico e in ogni gesto che viene compiuto nel Suo nome.

Abbiamo anche assistito a un percorso attraverso le canzoni della nostra storia, per vedere come non c’è distanza tra le geniali intuizioni di Claudio Chieffo o Adriana Mascagni e i nostri ironici tentativi di cantare ciò che amiamo, e che nuove canzoni possono nascere nel presente solo perché Lui rinnova la nostra storia e la rende nuova melodia.

Tanti segni grandi, che passavano anche da gesti semplici e piccoli. La segreteria, il servizio d’ordine, i dettagli tecnici, la cura con cui veniva celebrata ogni Messa, ogni canto: tutto contribuiva a farci riconoscere la ragione della nostra amicizia e il senso del nostro essere lì.

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Nell’assemblea finale, una mamma ha detto: «Mi commuove vedere i miei figli crescere in questo popolo. Fanno già parte di questa storia e la tenerezza con cui li accogliete mi riempie di gratitudine». La presenza di don Julián de la Morena, responsabile di CL in Sud America arrivato dal Brasile, con la sua libertà piena di simpatia, è stata un dono immenso. Non era scontato che ci fosse, perché per entrare nel Paese ci sono ancora tante restrizioni. Eppure, davanti al suo sacrificio tra pratiche e documenti solo per incontrarci, ci siamo trovati addosso ancora una volta la domanda: «Chi sono io perché Ti ricordi di me?». Ci siamo sentiti davvero parte di un pezzo di Paradiso che, pieno di limiti, continua a risplendere perché Lui vince in mezzo a noi.