Repubblica Ceca. Dalla memoria un compito

Nato intorno alla Marcia della Riconciliazione tra cechi e tedeschi, in una cittadina simbolo di ferite e divisioni, il Meeting Brno ha messo al centro dell'edizione 2024 speranza e desiderio di camminare insieme
Alberto Perrucchini

Nel 1945, quando la Seconda guerra mondiale si concluse e la Cecoslovacchia fu ristabilita qual era prima del conflitto, i tedeschi, che da secoli vivevano in quel Paese, vennero costretti all’esilio. Nei Sudeti, in particolare, abitava una delle fasce storicamente più ricche della popolazione e che mai avrebbe accettato di sostenere un governo filo-comunista. Il neonato regime di Praga riuscì così a scacciarli dai luoghi dove vivevano, commettendo peraltro crimini contro persone che ai più apparivano come i responsabili delle atrocità avvenute durante il recente conflitto.

Nella città di Brno, centro della Moravia, donne, bambini e anziani dalle origini germaniche furono improvvisamente costretti ad abbandonare le proprie case e a camminare per più di 50 chilometri verso il confine austriaco. I più morirono lungo il percorso, altri furono torturati e uccisi. Una storia di vendetta che incontrò il proprio epilogo nella località di Pohorelice, distante circa un giorno di cammino da Brno: passando oggi di lì si possono scorgere, in una radura che costeggia l’arteria principale che collega il sud della regione a Vienna, una lapide e alcune croci messe a custodia di 890 persone sepolte in questo luogo dai loro stessi aguzzini.

È in questo prato che da nove anni, all’inizio dell’estate, si incontrano coloro che partecipano alla Marcia della Riconciliazione: un evento organizzato dalle istituzioni locali, tedesche e ceche, e che intende ricordare quanto accaduto quasi 70 anni fa percorrendo un tragitto lungo 30 chilometri che segue a ritroso la strada lungo la quale morirono più di mille persone. Ed è attorno a questa Marcia che nel 2016 ha preso avvio l’annuale Meeting di Brno: una manifestazione organizzata da alcuni membri della comunità locale di Comunione e Liberazione che si ispira al Meeting per l’Amicizia fra i popoli di Rimini e che ogni anno vede numerosi eventi e incontri animare la vita della città.



Il titolo della recente edizione è stato “Dal trauma alla speranza” e, anche quest’anno, durante la Marcia hanno camminato insieme cechi, slovacchi, polacchi, bielorussi ma anche tedeschi e perfino alcuni italiani. Tanti popoli uniti, non da un semplice fervore commemorativo, ma guidati dalla consapevolezza che «la riconciliazione e il dialogo iniziano ora. È una responsabilità che abbiamo noi adesso», spiega alla fine del cammino David Macek, tra gli organizzatori del Meeting.

Tra chi percorre la strada c’è anche Martha, donna di origini tedesche residente a Brno, che ha perso una zia durante la marcia del 1945: «Ora che anche mia mamma è mancata mi accorgo che non posso evitare di guardare il mio passato. Ho bisogno di fare memoria di quello che ha subito la mia famiglia per poter vivere oggi». Per questo ha deciso di venire, sola, ma aperta a conoscere chi le cammina a fianco.

L’arrivo è per tutti nel monastero di Brno dedicato a San Tommaso, luogo celebre in città: qui, infatti, ha vissuto il biologo Gregor Mendel, padre della moderna genetica. Dopo una grande accoglienza da parte delle autorità locali, è David a presentare l’incontro con Walter Ottolenghi: tra i membri di Comunione e Liberazione che negli anni '60 si recavano oltre la Cortina di Ferro per incontrare le comunità cristiane che lì abitavano, Walter è stato invitato al Meeting per presentare la nuova edizione del libro Quando c'era la cortina di ferro. Storie di un destino ritrovato tra due Europe (Biblion, 2023). Si tratta di testimonianze riportate da chi, nel Movimento di CL tra gli anni ‘60 e ’80, si recava nell’Europa dell’Est: «Qui incontravamo uomini che vivevano la propria fede. Erano persone spaventate ma allo stesso tempo serene perché consapevoli di avere un compito» afferma Walter.



È la stessa letizia di cui parla il cardinal Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, che ha accettato di registrare un’intervista video. Questa viene proiettata il giorno seguente in Cattedrale dopo la messa celebrata dal vescovo di Brno Pavel Konzbul: Pizzaballa racconta della propria recente visita a Gaza dove «la prima cosa che ho visto è stata la distruzione. Sapevo già che lo scenario sarebbe stato quello ma vedere coi miei occhi tutta quella desolazione mi ha riempito di tristezza». Prosegue: «In quella terra non c’è più nulla, le persone hanno bisogno di tutto; tuttavia, ho colto un aspetto positivo che posso testimoniare: la piccola comunità cristiana che lì vive è spaventata ma serena; non ho sentito alcuna parola d’odio. Ciascuno vuole contribuire alla ricostruzione».

Viene in mente un’immagine usata da un personaggio particolarmente caro a chi vive in questa terra: Vaclav Havel, primo presidente della Repubblica Ceca, che nel suo celebre libro Il Potere dei senza potere afferma che «nessuno sa quando una qualsiasi palla di neve può provocare una valanga». Da dove nasce una speranza tale da rendere certi che il singolo incide realmente nella storia?

Un inizio di risposta lo offre Miriam, suora polacca dell’ordine delle Paoline da diverso tempo a Brno, quando racconta del proprio incontro con Comunione e Liberazione durante gli anni trascorsi a Gerusalemme: «Quello che mi ha colpito è stato trovare persone con un grande desiderio di incontrare l’altro, di conoscerne la storia per poi camminare insieme. È da qui che si genera un popolo».

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Conoscere la storia dell’altro e camminare insieme: quello che è accaduto in questi giorni, non solo facendo memoria di una tragedia risalente a quasi 70 anni fa; i dialoghi nati tra chi si incontrava e con i vari ospiti che hanno animato il Meeting hanno mostrato che la pace è qualcosa che ha bisogno di tempo e riguarda tutti. Quando Ottolenghi chiese a don Giussani come aiutare coloro che vivevano al di là della Cortina, ricette una semplice quanto inequivocabile risposta: «Fate loro compagnia».

Verrebbe da domandare: «Tutto qui?». Ma anche per questa domanda un inizio di risposta arriva: il cardinal Pizzaballa alla fine dell’intervista, rivolgendosi ai partecipanti al Meeting, ha invitato a ciascuno a pregare per loro: «E se potete venite a trovarci. Solo così - ha aggiunto il Patriarca - è possibile vedere realizzato ciò che ancora non è compiuto».