Tracce N.3, Marzo 2009

Fino al fondo del reale
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Nei giorni scorsi è uscito su Avvenire, il quotidiano cattolico italiano, un editoriale firmato dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia. È un testo che vale la pena di leggere a fondo, e lo troverete anche all’interno del giornale. Tra le due tentazioni sempre presenti nel fare i conti con la fede (la riduzione del cristianesimo a «religione civile, mero cemento etico» e la «criptodiaspora» di chi «annuncia la pura e nuda croce» fuggendo dalle battaglie della storia), Scola indica un altro modo - forse l’unico modo - di vivere il cristianesimo: «Proporre l’avvenimento di Gesù Cristo in tutta la sua interezza irriducibile ad ogni umano schieramento», mostrando «la bellezza e la fecondità della fede per la vita di tutti i giorni». La speranza, quindi. Altro che «egemonia mondana».

Sono temi da approfondire, non certo in poche righe ma nel lavoro delle prossime settimane. Tanto più che si innestano con una sintonia sorprendente - e commovente - nel percorso educativo in cui siamo condotti in questi mesi. Qui ne riprendiamo solo uno spunto, un tratto di matita utile a far emergere il filo rosso che trovate sotteso a molti argomenti affrontati da questo Tracce: dall’Europa dei “nuovi diritti” alla legge sul “fine vita”, alle varie testimonianze.
Quell’editoriale sottolinea la natura del cristianesimo e la dinamica della fede: l’Avvenimento, un Fatto presente, «Qualcosa che viene prima», per usare l’espressione di don Giussani che ci sta lentamente tornando familiare. E la testimonianza, l’«instancabile racconto» che «offre a tutti la speranza». Ma che cosa significa testimoniare Cristo? E che cosa vuol dire farlo oggi, in una realtà che sembra letteralmente impazzita, incapace di usare appieno la ragione? Questa è la sfida a cui siamo chiamati.

Per affermare dei valori si possono sguainare e brandire argomenti giustissimi, buttandosi nella mischia armati di una dottrina corretta da contrapporre alla follia di chi, ormai, nega anche le evidenze più immediate. Si può, e lo vediamo accadere spesso in questi giorni. È una tentazione sempre viva, per tutti noi. Ma questo non è il cristianesimo. Non è quell’Avvenimento che accade, e che irrompe nella nostra vita attraverso testimoni che ci fanno capire di più cos’è la vita. Non è quel Fatto che ha una portata conoscitiva senza paragoni, perché ci accompagna fino al fondo del reale e lo fa nel modo più semplice: facendoci incontrare persone che vivono in maniera diversa, che accolgono la sofferenza in maniera diversa, che mettono su famiglia in maniera diversa. E che in quel “diverso” così carico di ragioni e di attrattiva, perché corrisponde al nostro cuore, offrono al mondo una speranza senza fine: la Sua Presenza. Senza di Lui, quella diversità non si spiegherebbe. Quella capacità di vivere il reale sarebbe impossibile. E invece, c’è.
«Per difendere la vita, don Giussani ci ha fatto pulsare il sangue di una febbre di vita», ricordava tempo fa don Julián Carrón a un gruppo di responsabili di Cl. Testimone, appunto. È una sfida da brividi. Ma è l’unica che valga la pena di accettare davvero.