Tracce N.8, Settembre 2008

Tratti inconfondibili
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Ammettiamolo: la prima volta che ci siamo imbattuti in quell’espressione, il cuore ha sobbalzato. «Se non sentiamo l’urgenza di sentirlo, se Cristo non avesse personalità a un certo punto autonoma, se non avesse una faccia ultimamente singolare, dei tratti inconfondibili anche con quelli che Lui stesso ha creati come segno di sé, perderebbe quella singolarità ultima». In una parola, tornerebbe astratto. Era la fine di aprile, Esercizi della Fraternità di Cl. Tra le tante domande aperte da quel momento, e riprese nel lavoro delle settimane seguenti, proprio quella si è fatta via via più acuta: quali sono questi “tratti inconfondibili”? Che cosa ci fa riconoscere il volto di Cristo, la Sua «faccia ultimamente singolare», dentro e oltre i segni della realtà?

Forse è presto per dirlo. Ma l’impressione netta è che per molti il desiderio di scoprire quel volto, e con esso l’esigenza della fede, la «tensione esasperata a gridare il Suo nome», lentamente, un passo alla volta, stia diventando familiare. Basta guardare i fatti di cui si parla in questo numero. Le storie che hanno fatto il Meeting, anzitutto: Vicky, Rose, gli Zerbini, padre Aldo, i carcerati... Ma anche la vita carica di gusto di Andrea Aziani, un altro testimone di fronte al quale era impossibile non domandarsi «come fa a vivere così?». Oppure, ancora, il percorso seguito a La Thuile, in quell’Assemblea Internazionale dei responsabili che ha scavato ancora di più nell’itinerario della fede come conoscenza fino ad arrivare proprio lì, a quei “tratti inconfondibili”, appunto. Tutti fatti così potenti - e così corrispondenti al nostro bisogno di felicità - da rendere, impensabilmente, sempre più semplice, e frequente, andare oltre il segno, e chiedersi: chi li rende possibili? Chi li sta facendo accadere ora? Chi c’è al fondo di questa realtà così potente di cui facciamo esperienza?
Perché il punto, ormai, è questo: se siamo leali con l’esperienza - con il nostro bisogno e con ciò che accade - non possiamo spiegare quello che abbiamo visto e toccato senza arrivare a dire «Cristo». Non possiamo rendere ragione del reale, di questa serie di miracoli continui che è il reale, senza iniziare a riconoscere - magari in maniera sfocata, labile, ancora confusa - i tratti del Suo volto, inconfondibile.

Prima dell’estate ci eravamo lasciati con quello che don Julián Carrón aveva indicato come “compito delle vacanze”: «A settembre, quando ci ritroviamo, raccontiamoci fatti, cose che ci sono capitate, che ci hanno fatto sorprendere di Lui all’opera». Settembre è arrivato. Di cose da raccontare, grazie a Dio, ce ne sono tante, per chi le ha lette con il cuore aperto. E per chi adesso, tornando al lavoro, o a scuola, o alla vita di sempre, si sorprende non più a chiedersi «come fare» per non disperderne il gusto, ma «dove stare» e, soprattutto, «dove guardare». È un buon inizio. Anzi, è l’unico, vero inizio.
Buona ripresa.