«Padre Bruno e la compagnia della Chiesa»

Un carattere rude, a volte scontroso. Ma pieno di passione per quel Gesù che aveva preso la sua vita. Tanto da farlo incontrare a molti. Ecco come alcuni amici di Torino, dopo la sua morte, ricordano lui e i giorni della malattia

Dopo una breve ma intensa lotta con il Covid19, il Signore nei giorni scorsi ha accolto tra le sue braccia Fra Bruno Castricini dei Servi di Maria, un amico nella comunità di Torino e un padre nella fede per molti. La sua passione per Cristo e l’entusiasmo suscitato in lui dall’incontro con don Giussani sono stati, per tanti di noi, lo strumento per crescere nella fede e incontrare l’esperienza del movimento. Ha accompagnato molti amici nella vocazione alla verginità e al matrimonio.

Era un uomo dal carattere rude e a volte un po’ scontroso, ma con una capacità di abbracciare che lasciava disarmati, per cui gli si poteva solo voler bene. Lo contraddistingueva la capacità di far compagnia a chi era nella fatica, non lasciando mai nessuno da solo: metteva sempre al centro la persona e non si scandalizzava del nostro male, tutto teso a rimetterci in cammino. Era un brontolone, eppure sempre pronto a fare la volontà del Signore, accettando qualsiasi aspetto della realtà come una Sua richiesta.

La sua più grande passione è stata l’educazione alla fede dei bambini e dei giovani (è stato insegnante di religione nella scuola primaria e secondaria); negli ultimi incontri con i ragazzi delle medie ripeteva spesso che aveva ricevuto più di quello che aveva lasciato e che sperimentava il centuplo.

La settimana in cui Bruno è stato ricoverato in ospedale, noi tutti eravamo costretti nelle nostre case ed era una sofferenza non poter far nulla per stargli più vicino. In quei giorni, la tenerezza della Chiesa, attraverso la presenza e le parole del Papa e attraverso la lettera di Carrón al movimento, ci è stata di grande compagnia e sostegno.

Alla notizia della sua morte, quella “vertigine” di cui parlava Carrón è diventata per un istante la sensazione che ha invaso i nostri cuori, e non è stato immediato “abbracciare” quella circostanza così imprevista e così dolorosa. Ma una cosa ci è subito risultata chiara: che la nostra prima urgenza era di stare di fronte alla domanda: «Che cosa ci strappa dal nulla?».

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La ferita che abbiamo in cuore, nel dialogo continuo tra noi, piano piano sta diventando una feritoia, attraverso la quale scorgere e fissare lo sguardo sul volto di Colui al quale chiedere di «non lasciarci in balia della tempesta». La certezza di un bene e di una positività sulla nostra vita, di cui più volte abbiamo già fatto esperienza, ci ritrova stupiti ad attendere con curiosità la risposta che Cristo svelerà alle domande che in questi giorni ha generato in noi.

Franco, Paola e un gruppo di amici di Torino