Valentina Losa

«Il lavoro, le mie figlie e quelle preghiere dal Bahrein»

Valentina guida una piccola azienda, ma i suoi trofei e le sue medaglie sono per Mondiali, Champions League, per le case reali in Medioriente... «Tutto fermo, ora». Tranne la possibilità, partendo dalla fede, «di non lasciarsi prendere dalla paura»
Emmanuele Michela

«Quando ho letto cosa mi ha scritto il figlio del Re del Bahrein, mi sono venute le lacrime». Parla col piglio da imprenditrice Valentina Losa, ma la sua voce tentenna quando torna sulle parole che quel cliente particolare le ha mandato via WhatsApp qualche giorno fa: «Preghiamo per voi, per te e la tua famiglia». Era partito tutto da un messaggio di lavoro un po’ diverso dal solito, rivolto direttamente a lei come persona e non come fornitore: «Voleva sapere come stavo in questo momento complicato. "Tutto il mondo arabo sta pregando per voi", mi ha scritto ancora. Ma non è il solo con cui mi sono accorta che, in questi giorni d’emergenza, è cambiato totalmente il rapporto: tante mail non si chiudono più con “best regards” ma con “take care». Scorci di umanità in un mondo professionale totalmente sui generis, di alto livello e, all’apparenza, formale. Valentina guida un’azienda, la Gde Bertoni di Paderno Dugnano, alle porte di Milano, che produce coppe e medaglie per le più grandi competizioni sportive del mondo: Mondiali di calcio, Champions League, trofei di volley… Una piccola azienda con pochi dipendenti, che l’imprenditrice ha ereditato dieci anni fa dal padre, e che vanta tra i suoi clienti marchi come Fifa, Uefa, Cio, Fivb, ma pure la Royal Court del Bahrein, la federazione calcistica araba e i sovrani sauditi.

La Coppa del Mondo nelle mani di Fabio Cannavaro nel 2006.

In questo momento, però, sembra che ruoli e nomi valgano poco di fronte a qualcosa che ci sta accomunando: l’apprensione e le domande sul futuro sono le stesse per tutti. «Io cerco di portare la semplicità delle piccole cose: anche il non piangersi addosso, né lo scaricare sugli altri le proprie preoccupazioni, ma pregare sinceramente per sé e gli altri. E condividerlo. Ecco, questo penso sia il mio contributo».

Parla Valentina, e tornano alla mente le parole pronunciate da Papa Francesco venerdì 27 marzo in Piazza San Pietro: «Come i discepoli del Vangelo, siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari». In questa bufera, in che direzione si guarda per non lasciarsi prendere dalla paura? «Ciò che mi sta aiutando è la mia fede, il mio rapporto con Dio», dice Valentina: «Ci sono momenti in cui la fede vacilla, in questi giorni certamente no». Lo dice con un’azienda sulle spalle e con, come per tanti, la preoccupazione della situazione di stallo del mercato. Ma lo dice anche da madre di tre figlie, con cui si è ritrovata a vivere in casa, ventiquattro ore al giorno, in queste settimane di lockdown: «Nella mia vita ho attraversato alcuni momenti difficili. Ho vissuto la separazione dei miei genitori, poi, vent’anni fa, un incidente in cui ho perso l’uso di un braccio. Ancora, nel 2010, la morte mio padre. Di fronte a questi drammi ho sempre scoperto che a sostenermi era la fede. E anche oggi mi ritrovo ad avere più certezza e bisogno che ci sia qualcuno che mi tenga in piedi». Certo, non mancano, talvolta, ansia e notti insonni: «Ma penso che ora serva ancora di più un'interiorità spirituale maggiore: tutti siamo costretti a fare di più i conti con noi stessi, con il tuo io e quello che c’è attorno. E un sostegno lo trovi… Io lo trovo nel mio dialogo con Gesù, ma parlo molto anche con mio papà che è mancato». La fede, dice, è una compagnia in ogni gesto quotidiano: «È un rapporto continuo con Dio. Sono sempre cresciuta nella certezza di non essere sola. Capita a volte di pensare che potrebbe andare male qualcosa, magari proprio con l’azienda. Ma ho la certezza che un modo per andare avanti nella vita mi sarà dato».

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Così, mai come in questi giorni, si sta accorgendo di quanto preziose siano le sue figlie: «Nell’ultimo anno, proprio per il lavoro, ho dovuto sacrificare un po’ il rapporto con loro. In questi giorni mi stanno realmente tenendo in piedi. Sono talmente piene di vita… E non possono fare altro che contagiarmi». O ancora, di quanto grande sia importante avere alcune amicizie, come quelle coltivate all’interno di Cdo Milano: «È un confronto continuo, un’occasione di riflessione stimolante su come agire per affrontare questa situazione». Ci si sente per messaggio su WhatsApp tutti i giorni, qualche volta ci si incrocia “di persona” su Zoom: «Le domande e le questioni che vengono condivise sono di tutti: “Come faccio con i dipendenti? Quando pago i fornitori? E le banche?”. È un aiuto enorme, che parte dalla concretezza delle cose ma va sempre oltre».