Tracce

Tracce n.5, Maggio 2022
Non chiudere gli occhiLeggiLa pace richiede il cessate il fuoco e un lavoro insostituibile, continuo, che «si fa tutti i giorni», dice Francesco, la cui voce profetica, oggi isolata, ha la forza di unire la dimensione geopolitica e personale, sfida l’inimicizia nel cuore dell’uomo. «Il Vangelo ci chiede soltanto di non guardare da un’altra parte», scrive in Contro la guerra – antologia di nove anni di Pontificato –, perché il conflitto si radica dove si dissolvono i volti: «Quando l’altro, il suo volto come il suo dolore, ce lo teniamo davanti agli occhi, allora non è permesso sfregiarne la dignità con violenza». Per questo chiede: «Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite».
Mentre andiamo in stampa il conflitto in Ucraina continua devastante, con il peso di oltre sessanta giorni di corpi e anime oltraggiati. Sui resti delle città non è scesa la tregua invocata per la Pasqua ortodossa. E non smettono di sanguinare tutte le altre ferite del mondo. Ed è raro trovare qualcuno che spera senza dover chiudere gli occhi davanti alla realtà in tutto il suo dramma. Ma si può vivere un dolore «che non si oppone alla fede», che anzi «è un modo di condividere la fede con coloro che muoiono, soffrono, sono perseguitati», come leggerete nell’intervista a monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, che fissa lo sguardo su tutte le Maddalene di oggi, donne e uomini che portano una speranza più grande di loro, perché la guerra non ha esaurito il loro desiderio di incontrare Cristo vivo. Questa sarebbe la sconfitta più grande, che si prosciughi il desiderio che attraversa ogni fibra del nostro essere.
Vogliamo raccontare fatti che, nella barbarie, diventano storia, perché risvegliano quell’anelito, e penetrano il mondo come l’acqua, come la grande arte di Tarkovskij nel monolite della menzogna: il bisogno di verità, la consapevolezza di sé, passa da ogni fessura.